L'analisi Wine Monitor sui primi tre mesi in termini di mercati e consumi ci racconta di un'Italia duale: l'horeca ancora paga lo scotto della pandemia, ma i segnali positivi non mancano. E' sui dettagli che però bisogna lavorare

Segnali di ripresa dall’export del vino italiano nonostante il permanere delle difficoltà create dalla crisi dettata dalla pandemia. Wine Monitor fa il punto sui primi mesi del 2021 e le speranze sembrano essere state ben riposte per il futuro, sebbene sia l’Horeca il settore che deve recuperare più di ogni altro. Quello che, è inutile negarlo, ha sofferto di più le chiusure dettate dall’emergenza Covid.

 

L’export del vino italiano dà ottimi segnali, ma ci sono elementi da non sottovalutare. I mercati cambiano e non bisogna mettersi sulla difensiva

Due i dati da cui partire: lo “scongelamento” Ue Usa sui dazi grazie alla sospensione di cinque anni e nessuna nuova ritorsione in vista, e l’accordo di libero scambio tra Uk e Australia. Elementi che fanno bene al settore vino nella sua complessità, ma che per l’Italia si traducono anche in una maggiore presenza dei competitor dato che l’Italia, fino a ieri, era il Paese “graziato” dagli Usa che a noi di dazi non ne aveva imposti. L’accordo Uk-Australia, inoltre significherà un ulteriore competitor in uno dei mercati più importanti del Bel Paese dato che l’Australia, messa al palo dalla Cina, non potrà che puntare su questo nuovo mercato europeo.

I dati ‘positivi’ del 2020

Partiamo proprio da qui: dalle tendenze in termini di import ed export rilevate da Wine Monitor tra gennaio e marzo 2021. Ricordiamo quindi innanzitutto che l’Italia era stato uno dei pochi Paesi che nel 2020 era riuscito a contenere le perdite assestandosi ad un -2,4%. Unico Paese a non subirne era stata la Nuova Zelanda che era riuscita addirittura a crescere del 4,5%. Nonostante il calo, il Bel Paese, aveva comunque già avuto segnali positivi tanto che in alcuni mercati i nostri vini erano riusciti a far meglio della media dei 5 anni precedenti. Paesi “nuovi” come Ucraina (+30,7%), Corea del Sud (+29,9%) e Norvegia (+29,5%).

 

Le conferme del 2021

Tra gennaio e marzo 2021 l’andamento dei vini italiani è dunque migliorato crescendo su mercati dove altri, invece, hanno perso. Un bel recupero l’Italia lo ha fatto in Cina dove le importazioni rispetto allo stesso periodi del 2020 sono aumentate dell’8,8% a fronte di un -17,9% del resto del mondo. E crescita importante c’è stata anche in Russia (17,4%) a fronte del 7,3% della media globale. Ma il boom si è registrato lì dove già nel 2020 i segnali erano stati più che ottimistici: la Corea del Sud. Qui le nostre eccellenze hanno fatto registrare una crescita del 99%.

 

Le perdite ‘di tendenza’

Le chiamiamo così perché seguono un trend globale. Ma in alcuni mercati, per la precisione i 12 mercati mondiali più importanti per l’export dei nostri vini, l’Italia scende così come fanno tutti, ma con una media più alta rispetto al resto del mondo per un complessivo -6,4% a fronte di un 4,7% di media.

A determinare il calo soprattutto la discesa registrata nel mercato canadese (-6%) e norvegese (-5%), dove invece gli altri Paesi sono riusciti a crescere. E segno negativo lo segna anche l’export verso tre importantissimi mercati: Usa, Uk e Giappone. E’ vero che qui, sottolinea Federvini analizzando i dati Wine Monitor, il Bel Paese si allinea al trend globale, ma è pur vero che alla luce di quanto detto nell’introduzione qualcosa, per recuperare il gap in Usa e Uk visto lo stop dei dazi nel primo e l’arrivo dei vini australiani nel secondo, si dovrà fare. Anche perché, va detto, in Uk i vini non solo non hanno conosciuto crisi, ma la loro presenza è aumentata del 15%.

 

Lo stop ai vini australiani in Cina apre nuove opportunità e l’export del vino italiano deve saperne approfittare. Qualcuno lo sta già facendo

Merita due parole a parte la Cina, che ha letteralmente affondato i vini australiani imponendogli dazi superiori al 200%. Un “dramma” per loro, ma uno sbocco per gli altri. Chi ne ha saputo approfittare di più? La Francia che nel primo trimestre 2021 è riuscita a conquistare il 35% in più del mercato.

E l’Italia? Deve cogliere l’occasione. Lo afferma anche Denis Pantini, responsabile Wine Monitor che spiega: “con la messa al bando dei vini australiani, anche l’Italia potrebbe aumentare la propria quota di mercato e i dati del primo trimestre sembrano confermare tale tendenza. E’ però velleitario pensare che questo possa accadere mantenendo lo stesso approccio commerciale degli anni passati. Se per oltre dieci anni la nostra incidenza sull’import in Cina non è andata oltre il 6% un motivo ci sarà stato”.

Un vero e proprio monito, come dicevamo all’inizio, per rivedere le strategie e trovare nuove strade che permettano di penetrare un mercato dove si sono aperte nuove opportunità, così come ne servono per tenere e continuare a crescere in quelli “solidi” dove però la concorrenza inizia a fare sentire la sua presenza.

 

L’export del vino italiano deve e può fare meglio soprattutto fuori dall’Europa dove il Covid ha presentato il conto. Il digitale è aperto a tutti!

Passiamo quindi ai consumi. Ne parliamo da mesi. Anzi, a dirla tutta, da anni. Da ben prima che la pandemia costringesse a vedere la realtà delle cose. Ora lo sappiamo tutti: le logiche del mercato sono cambiate. I canali sono cambiati. Il mondo del vino è cambiato e i consumi non potevano che… cambiare!

Ad oggi, sottolinea l’indagine, l’Italia è in una fase di stabilizzazione. Sta insomma rimettendo in ordine le cose alla luce delle innegabili e inevitabili conseguenze negative dettate dalla pandemia. Il ruolo di chi c’è nel settore è quello, però, di saper cogliere le nuove opportunità accettando i cambiamenti. Compresi quelli dei consumatori e delle loro richieste.

Nel 2020, ce lo hanno detto gli studi, se c’è stata una buona notizia è stata certamente quella per cui gli italiani al vino non hanno mai rinunciato: Covid o no. A dirla tutta, la crescita dei consumi è stata evidente. E a supportarla c’è stato il boom dell’e-commerce (con un +105% di valore vendite) e della Gdo (+7% in valore e +5,7% in volumi). Manca l’Horeca, è evidente. Le chiusure il settore non lo hanno aiutato, ma certo è che iniziative per rivedere anche il proprio modo di approcciarsi al nuovo stia cambiando e questo non può che essere un dato positivo. Pensiamo alle degustazioni online, ai sommelier che si sono reinventati e così via.

Per un settore così unico è più complesso “adattarsi” a un cambiamento così grande, ma la prova di poterlo fare anche l’Horeca l’ha data e cosa avrà da dire ora che, si spera, la situazione pandemica inizia a sembrar essere sotto controllo, lo scopriremo. Ne siamo certi.

 

L’export nei consumi

Se dunque in casa, lo ribadiamo, i consumi sono aumentati, è il caso di capire cosa è successo e accade all’estero con i nostri amatissimi vini. Wine Monitor ha concentrato l’indagine sui primi 10 mercati mondiali e il segno lasciato dal Covid si è manifestato. Solo tre i mercati dove l’export italiano ha chiuso con il segno più: Svizzera (+0,5%), Svezia (+5,3%) e Danimarca (+5,2%). Questo a fronte di cali importanti nei Paesi extra-ue.

Lo abbiamo detto, la grande distribuzione è quella che ha fatto meglio facendo registrare nel primo trimestre 2021 un’ulteriore crescita per l’export del vino italiani. Parliamo del 23% con gli spumanti metodo classico che hanno fatto letteralmente il botto (+123%).

Poi c’è l’e-commerce. Anche qui la crescita non si arresta, tanto che si è arrivati a registrare, con le grandi catene di retail, segni più che arrivano al 144,5% per i vini fermi e frizzanti e 198,6% per gli spumanti.

Il digitale, insomma, piace e piace anche ai consumatori italiani. E le opportunità nel digitale sono tantissime e riguardano il settore a 360 gradi. Un panorama in cui anche aziende e horeca possono inserirsi con i giusti strumenti e professionisti in grado di far sì che tali spazi si possano conquistare. Noi di Enolò lavoriamo per questo da anni.

 

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