Un'analisi attenta su Forbes per capire come andrà nel post-pandemia. I piccoli produttori più a rischio? Si, ma il brand Italia fa la differenza. Il discrimine? Il web. E questo vale per tutti!

Il digitale salverà il vino italiano, anche negli Usa! Vi sembra un’affermazione forte? Beh forse, ma la verità è che questo è quanto si deduce da un’attenta analisi apparsa su Forbes. Quello americano è uno dei mercati più importanti per il Bel Paese. E lo è nonostante le minacce dei dazi che gli Usa potrebbero imporre.

A fare la differenza sarà il digitale. I grandi marchi lo hanno scoperto e per loro gli Usa restano una certezza. I piccoli devono cogliere questa grande opportunità non solo nel grande mercato di riferimento, ma anche a livello nazionale, per ampliare i loro mercati e dare maggiore visibilità al brand. E su questo ci sentiamo di poter dare il nostro importante contributo ad una ripartenza che, mai come oggi, fa di ogni mondo Paese. 

 

Il 2019 è stato un anno meraviglioso per il vino italiano negli Usa e con il Covid il digitale ha già rappresentato una piccola grande rivoluzione

Siamo partiti dagli Usa e quindi partiamo da quello che per il vino italiano è un dato certo da queste parti. L’anno scorso secondo Nielsen i vini italiani negli Usa hanno totalizzato 1,2 miliardi di vendite aumentando la loro quota del 2%. Decisamente non male tanto che ad dirsene orgoglioso è Gianfranco Sorrentino, presidente del Gruppo Italiano e comproprietario del Gruppo Il Gattopardo, un gruppo di ristoranti italiani a New York City. Insomma, nelle Carte dei Vini della Grande Mela, e in generale degli Usa, la nostra presenza non è mai mancata, ma anzi, negli anni, non ha fatto altre che crescere.

Per i grandi brand problemi non dovrebbero essercene. Sorrentino conferma: prosperano per loro vendite al dettaglio e attraverso l’online e lo hanno fatto ancor di più durante il lockdown. Ma per i “piccoli produttori artigiani” qualche nuvolone all’orizzonte c’è. Sono loro, spesso, a vendere nei ristoranti e sono loro gli ambasciatori della comunità italiana in America chiamata a promuovere quelle che Forbes definisce “preziose gemme che hanno risorse limitate”. 

 

Platform Economy: gli Usa confermano, è qui che si gioca la partita del digitale e in Italia Enolò vuole e può fare la differenza

Qual è dunque il discrimine? Beh prendiamo spunto dal “problema” mercato Usa per ampliare il raggio d’azione. Sì perché come afferma Gino Colangelo, presidente e co-fondatore della Colangelo & Partners Public Relations, sulla prestigiosa rivista americana, la comunicazione diventa ancora più importante. E se oltreoceano fa l’esempio della piattaforma utilizzata per veicolare i vini Europei dall’altra parte del mondo, ci ritroviamo ancora una volta a sentir raccontare una storia che ci appartiene.

Dice bene Colangelo quando afferma che oggi i produttori hanno bisogno di piattaforme per promuovere le loro eccellenze. Sono loro a diventare “responsabili della costruzione della storia del loro marchio”, con i professionisti del settore chiamati a sostenerli e veicolare al meglio la loro storia. Oggi è imprescindibile quella che viene definita comunicazione “ibrida” fatta di marketing e non solo. E il Coronavirus, in quest’ottica, ha fatto emergere ancor di più come proprio il digitale sia il campo della rivoluzione. 

“Tendenze – spiega ancora Colangelo – che indicano l’idea che il bevitore di vino vuole trovare un legame più stretto con le persone dietro il vino, vogliono conoscerne la storia e sentire una connessione personale”.

Beh, negli Stati Uniti magari ci arriveremo, anzi puntiamo anche ad arrivarci, ma intanto lo strumento che risponde perfettamente a queste esigenze noi lo abbiamo già: è la nostra Start Up che sulla Platform Economy ha puntato già da anni e che, pur offrendo servizi innovativi integrati a ristoratori e rivenditori, ha concepito la sua piattaforma come uno strumento che ha come cliente ultimo proprio il consumatore. 

La nostra Carta dei Vini

Siamo partiti da una certezza: sulle Carte dei Vini statunitensi i vini italiani non mancano e non mancano neanche quelli dei piccoli produttori. Esserci, oggi, è stato sottolineato, vuol dire sapersi comunicare. Ecco che allora con la nostra Carta dei Vini digitale, che in epoca di post-pandemia abbiamo messo a disposizione gratuitamente, troviamo proprio quelle risposte che richiedono non soltanto gli addetti al settore, ma anche i consumatori.

Uno strumento efficace che oggi è anche menù, in cui raccontare i propri vini, con schede dedicate e consultabili direttamente da Smartphone (quindi in piena attinenza con le regole anti-Covid) anche con un QRCode e su cui promuovere anche eventi, iniziative, peculiarità della propria cantina e dei propri prodotti. Ecco che allora, ancora una volta, vi invitiamo a scoprire tutte le sue potenzialità. 

 

Il digitale è uno ‘spazio’ internazionale: chiunque può esserci, chiunque può raccontarsi. E negli Usa le ‘storie’ italiane non smettono di piacere 

Tornando al mercato Usa, Colangelo non lo nasconde: nel 2019 le vendite complessive negli Usa sono diminuite per la prima volta in 25 anni del 1%, come confermato dall’Iwsr. Ma il 2020 sarà poi così drammatico? La teoria direbbe di sì, ma la realtà è che i vini nell’epoca del Coronavirus stanno facendo tendenza proprio sul web e le vendite negli Usa sono aumentate del 234%.

Si scopre così che i consumatori americani stanno addirittura andando meno al ristorante per potersi comprare vini più costosi. Nella certezza che, alla fine, a tavola si tornerà, non c’è che dire: portare nella propria cantina vini, anche di nicchia, resta la scelta giusta. Ancor più oggi in cui i canali per poi venderli, ristoratori inclusi, si sono diversificati. La tendenza però ci dice anche che sono i grandi marchi a poter dormire sonni tranquilli. E per i piccoli produttori? Colangelo rassicura: le regioni italiane sono riconosciute come forti brand negli Stati Uniti ed è forte il desiderio dei bevitori di vino di scoprirli.