Su Wine Enthusiast i professionisti del vino Usa hanno raccontato come, la pandemia, li abbia costretti a riscoprirsi e scoprire quante opportunità offre il digitale. Un tesoro importante, da far proprio anche in vista di ripresa e riaperture

Il rapporto sommelier-social media ha avuto decisamente una svolta in tempo di pandemia. Almeno è quanto accaduto e sta accadendo negli Stati Uniti dove i sommelier hanno scoperto “il potere” del networking e ne hanno fatto un’arma non solo di sopravvivenza, ma anche di crescita. E’ Wine Enthusiast ad averli interpellati con l’esito pubblicato in un articolo a firma di Daniel Majid Mirzahani.

 

Sommelier-social media: ecco come il Covid ha fatto scoprire ai professionisti quante persone e quante aziende si possono raggiungere

La prima a parlare di come il rapporto sommelier-social media sia cambiato, e abbia soprattutto cambiato il suo lavoro e aperto nuove prospettive è Amanda McCrossin, professionista della Napa Valley che sui social (Instagram e YouTube) è conosciuta come SommVivant e che addirittura li definisce come “vitali”. Questo perché, spiega, consentono ai sommelier di connettersi con nuovi clienti, garantendo agli stessi mezzi di sussistenza per sopravvivere nella giunga di un mercato incerto come quello che è nato dall’aumento esponenziale della presenza digitale. E ci permettiamo di dire anche nuovo sotto molto aspetti.

Accessibili, facili e impattanti i social media, spiega, ti permettono di portare con te il tuo pubblico ovunque e in qualunque momento. Secondo Kyisha Davenport, proprietaria di un ristorante di Somerville, in Massaschussets, che ha chiuso a marzo 2020 i social media “hanno aperto l’accesso. Ora siamo in grado di sperimentare con così tante persone che vogliono solo condividere la conoscenza del mondo del vino. Grazie a queste nuove piazze virtuali, racconta, è riuscita a mettersi in contatto con molte aziende e molte personalità del settore per lanciarsi poi nell’asporto. “Penso – ha detto a Wine Enthusiast – che il più grande vantaggio dei social media in questo momento sia stato il networking. Da un lato è stata una benedizione entrare in contatto con altre aziende visto che, in altri momenti, saremmo stati molto impegnati”.

Insomma a prenderla positivamente quello che emerge è che, nonostante le chiusure, le possibilità di crescita non sono affatto mancate. E’ una questione di mentalità: ci si può lamentare, ma ci si può anche rimboccare le maniche.

 

Sommelier-social media: la crisi del settore ristorazione pesa anche negli Usa, ma le piazze virtuali sono diventate le nuove sale degustazioni

Bella la definizione che Philippe André, ambasciatore Usa per Charles Heidsieck Champagne, usa per definire il rivoluzionato rapporto sommelier-social media: “il nostro wine bar”. Di fronte ad uno scenario che è sconfortante, visto che la disoccupazione negli Stati Uniti, nel settore ospitalità, ha raggiunto il 157% facendo contare solo a dicembre 2020 la perdita di 372 mila posti di lavoro nei ristoranti Usa, sono diventati l’unico posto in cui provare a superare la crisi. “Essere attivi sui social – ha dichiarato – e utilizzare gli eventi virtuali era tutto ciò che avevamo. Quella era la nostra sala di degustazione”.

Il lato positivo, laddove tutti sentono la necessità di tornare a lavorare nei ristoranti, è che la pandemia ha costretto i sommelier fuori dalla loro comfort zone: i locali. Li hanno “costretti” ad entrare in relazione diretta con le persone. Come dice McCrossin, i social media “hanno permesso ai sommelier di mettere in mostra le loro vite fuori dal ristorante e mostrare ciò di cui sono entusiasti come bevitori di vino, e non solo come professionisti che il vino lo vendono”. E come dargli torto? Su Instagram conta 24.100 follower e 6.500 su YouTube dove tiene degustazioni insieme ai produttori e dove porta i winelover in tour virtuali all’interno delle aziende più importanti del territorio.

 

Parola chiave? Accessibilità. Ecco come un brand piccolo, ma storico, di champagne ha scoperto quanto questa sia importante per conquistare mercati e palati

Insomma, se sembrava una cosa lontana dal mondo, le lezioni e le degustazioni virtuali sono ormai realtà e grazie ai social media sono riuscite a fare quello che si sperava accadesse da tempo: far cadere le barriere tra un mondo, quello del vino, e gli appassionati, siano essi neofiti o meno. Insomma hanno fatto quello che ora si chiede di fare al linguaggio del vino: hanno permesso l’accessibilità. Lo dice la stessa Davenport a Wine Enthusiast.

“Le persone – sottolinea – hanno pagato per alcuni di questi corsi, le lezioni e i seminar”. Lezioni che ha tenuto ai suoi oltre 600 follower Instagram, grazie alla collaborazione delle aziende dell’area di Boston.

Un quadro in cui forse la testimonianza più significativa è quella di André chiamato a rappresentare negli Usa un piccolo ma storico brand francese di Champagne che negli Usa esporta circa 4mila casse, a fronte di brand come Moet Chandon e Veuve Clicquot che rappresentano oltre il 60% delle vendite nazionali si champagne. “Nessuno sta chiedendo il tuo vino, quindi perché dovrei prendere un altro champagne?”. Questa la domanda che spiega di essersi sentito ripetere più spesso dai rivenditori. “Per decodificare questo problema bisogna andare direttamente dal consumatore e chiedere al consumatori di chiedere al mio vino all’enoteca”. Come lo ha fatto? Con Instagram.

Quanti follower ha sul social? 16mila. E lo spirito della modernità lo ha colto benissimo. In un’immaginario in cui i sommelier sono spocchiosi, l’industria del vino elitaria, le differenze di genere troppe, eliminare certi stereotipi può essere possibile grazie ad una “comunità che sia divertente, eccitante e sana, piuttosto che stupida, sfacciata ed esclusiva”.

 

Affidarsi ai professionisti è un bene per tutti. L’esperienza dei sommelier americani sia d’esempio alle piccole aziende italiane che non possono dire no ai social media

A questo punto ci permettiamo di fare una riflessione. Essere presenti sui social media è evidente, ormai è imprescindibile. Lo diciamo da anni. Da ben prima dell’arrivo della pandemia. Ora questa realtà si è imposta non senza chiedere un prezzo alto da pagare. Un prezzo che, per primi, speriamo si possa saldare tornando alla normalità che, però, non deve dimenticare le lezioni che, per forza di cose, abbiamo dovuto apprendere nel corso di questa maledetta pandemia.

Se i sommelier hanno trovato una nuova “vita” grazie alla rivoluzione digitale, non diverso è per le aziende che rivolgendosi a dei professionisti, come dimostrano le testimonianze, possono entrare in questo nuovo mercato. Possono espandersi, rafforzare il loro brand, avviare iniziative e così via. Qualcuno obietterà? Sono investimenti che non tutti possono permettersi. Non è così. Si può investire affidandosi ai professionisti e farlo con un abbattimento dei costi a 360 gradi. E’ quello che noi di Enolò facciamo da anni, che abbiamo continuato a fare e che continuiamo a fare anche in questo momento difficile. Lo abbiamo fatto rendendo la nostra Carta dei Vini digitale gratuita ad esempio, ma lo facciamo da sempre offrendo, tra i tanti, anche un servizio digitale completo fatto di web magazine e social media con cui vogliamo far crescere le tante realtà territoriali. E se come molti dicono, a doversi rivoluzionare sono anche distribuzione e logistica, vogliamo continuare a fare la nostra parte.