Prosegue il percorso de Le Donne del Vino per valorizzare i vitigni autoctoni rari. A Collisioni i calici hanno conquistato i professionisti stranieri e il progetto ha davvero grandi possibilità. Ma con le grandi Doc come la mettiamo?

Perché si raggiunga un risultato ci vogliono passione, costanza e perseveranza. Se queste tre condizioni si incontrano in una donna, anzi in ben più di una, le possibilità di successo si moltiplicano. E Le Donne del Vino lo sanno bene. Il Vinitaly era stato il primo palcoscenico per condurci in un viaggio tra i “vitigni dimenticati”. Collisioni 2017 l’occasione per proseguire in un percorso di valorizzazione che intende far comprendere quanto i vitigni autoctoni rari siano un patrimonio non soltanto in termini di biodiversità, ma anche di potenzialità nella conquista dei mercati.

 

Vitigni rari: oltre 800 varietà. Il patrimonio italiano va tutelato e veicolato

 

vitigni rari uva generico

 

“I vitigni autoctoni rari sono un patrimonio eccezionale di oltre 800 varietà. Interessano gli stranieri in quanto espressione più autentica della territorialità. Sono sempre più resenti nelle Carte dell’alta ristorazione. Crediamo possano diventare un’opportunità di business per numerose cantine italiane guidate da donne”. Queste le parole della presidente de Le Donne del Vino Donatella Cinelli Colombini.

Le donne sono custodi del tempo. La loro forza si esprime in molteplici forme. Si dice, per usare dei clichè, che l’amore di una madre verso un figlio è ineguagliabile e negarlo è davvero difficile. O che dietro un grande uomo ci sia sempre una grande donna. Beh, verrebbe da dire, anche dietro la tutela, l’amore, la protezione e la proiezione di un vitigno raro nel panorama mondiale ci sono spesso proprio le donne.

Lo dicono le statistiche presentate dalla stessa associazione: tutte le cantine guidate da donne hanno almeno una vigna in cui vine coltivata un’uva autoctona spesso molto rara. Hanno deciso di raccontarle. A Collisioni lo hanno fatto davanti a 30 esperti provenienti da tutto il mondo: Singapore, Corea, Stati Uniti, Australia, Dubai, Canada e Russia. Un partere di sommelier, giornalisti, ristorati e wine educator arrivati in Langa per il Progetto Divino. L’iniziativa collegata al festival con alla guida uno dei massimi esperti dei vitigni autoctoni nel mondo: Ian d’Agata. Con il supporto dell’unico italiano ad essersi aggiudicato con il suo “Native Wine Grapes of Italy” il premio Lous Roederer International Wine Awards Book, Le Donne del Vino hanno incantato con il racconto e il calice i presenti.

“Avete scelto la direzione giusta”, questo il commento di tutti i presenti. “Siamo interessati ai vostri vitigni autoctoni e rari. Vogliamo conoscere le storie che nascondono, vogliamo berli. Comunicate come dobbiamo berli e con quali cibi si abbinano meglio”.

 

Vitigni rari: la biodiversità e le grandi Doc. Sono i ‘piccoli’ quelli che rischiano di soccombere

 

vitigni rari petrini

 

Dodici Le Donne del Vino che hanno presentato le loro eccellenze. Puntare su vitigni rari per fare business e non disperdere un patrimonio. Un intento nobile, ma che deve fare i conti con un mercato del vino che si orienta sempre più verso le grandi Doc. Sono tanti gli esempi che costellano il pianeta vino italiano ecco perché la battaglia de Le Donne del Vino è ancor più complessa e per questo affascinante di quanto possa sembrare.

Eppure sui vitigni autoctoni si fa tanto e tante sono le realtà che tentano di valorizzarli e non disperderli. Ci sono casi di successo, come quello del Cesanese d’Affile, quelli in fase embrionale come accade in Calabria con il Magliocco, quelli che hanno intrapreso un percorso come è accaduto con la Spergola e quelli che, invece, sopravvivono grazie all’impegno di pochi e il disinteresse di troppi: pensiamo ad esempio alle “viti maritate” di Soldati e cioè l’Asprinio d’Aversa.

 

Le “cause perse” e le battaglie in corso

A Bologna, per Collisioni, è arrivata una selezione davvero incredibile. Molti davvero vitigni rari e d’eccezione, ma anche laddove si parla di vitigni ad ampia diffusione i problemi non mancano. Più volte il patron di Slow Food Carlo Petrini ha lanciato l’allarme. Lo ha fatto per il Barolo parlando del rischio “barolizzazione” per quella diffusione così ampia del vitigno che rischia di far sparire altre eccellenze. Ma ancor più per il “Nebbiolo” su cui si combatte la guerra per la nascita del Monferrato Nebbiolo Doc che porterebbe allo svilimento di Dolcetto, Barbera e Freisa.

Nonostante sia divenuta una realtà i timori per la grande Doc del Pinot Grigio non sono mai stati celati dai piccoli produttori e proprio in questi giorni, in Sicilia, si è aperto il dibattito sul Grillo finito nella Doc Sicilia nonostante le paure dei produttori marsalesi che si trovano di fronte ora un disciplinare che potrebbe snaturalizzare il vitigno così com’è nel loro territorio e il modo in cui viene vinificato. Senza dimenticare la “guerra del prosecco” e la paura di chi, il Glera, lo vede a rischio “prosecchizzazione”.

Due pesi e due misure di un sistema che dovrebbe prendere una direzione univoca ampliandosi sì per conquistare i mercati, ma ricordandosi sempre di tutelare le piccole imprese. Ossatura reale del territorio italiano e del suo sistema vino al di là dei grandi brand che ne sono a giusto titolo i rappresentanti nel mondo.

 

Fare della rarità un valore aggiunto è possibile

E che tutelare i vitigni autoctoni possa essere un successo lo testimoniano, come detto da Cinelli Colombini, la loro crescente presenza sulle Carte dei Vini di tutto il mondo. Lo dimostrano casi come il Ruchè o il Nizza Doc. Se da una parte c’è la necessità di inglobare per globalizzarne il successo, dall’altra c’è quella di tutelare per far sì che i piccoli produttori non soccombano, ma che al contrario con le loro peculiarità diventino il simbolo di quella biodiversità che rende i nostri calici realmente inimitabili.

Possibile trovare un punto d’incontro? Laddove si ascoltino le ragioni crediamo che una strada comune, fatta anche di differenziazione, sia assolutamente possibile.

 

Vitigni rari: avete voglia di scoprirli? Ecco quelli che Le Donne del Vino hanno presentato

 

vitigni rari-calice

 

Al di là delle riflessioni c’è una certezza: l’Italia ha un patrimonio enologico che non ha paragoni se parliamo di biodiversità. Imparare a conoscerlo è il primo passo per tutelarlo. Ecco che allora ci sembra giusto iniziare proprio dai calici che hanno conquistato Collisioni. Se avete voglia di scoprire queste eccellenze o ne siete già cultori, nella vostra cantina dovreste portare queste bottiglie di queste incredibili donne frutto della rarità.

 

  • Piemonte: Grignolino e Freisa di Giulia Alleva – Tenuta Santa Caterina (Grazzano Badoglio – Asti). Nascetta e Barolo di Elena Bonelli (Ettore Germano – Serralunga d’Alba – Cuneo). Uvalino e Moscato d’Asti di Mariuccia Borio (Cascina Castlet – Costiglione d’Asti – Asti). Grignolino e Barbera di Silvia Castagnero la cui azienda è a Agliano Terme (Asti).
  • Lombardia: la Turbiana di Giovanna Prandini – Perla del Garda  (Leonato del Garda BS).
  • Veneto: Corvina, Rondinella e Corvinone di Noemi Pizzighella – Le Guaite di Noemi (Mezzane di Sotto – Verona).
  • Friuli Venezia Giulia: PIgnolo e Tocai Friulano di Annalisa Zorzettig la cui azienda è a Cividade del Friuli (Udine).
  • Emilia Romagna: Ortrugo e Malvasia di Candia aromatica di Silvia Mandini – Mossi 1558 (Ziano Piacentino – Piacenza).
  • Toscana: Sangiovese e Foglia tonda di Donatella Cinelli Colombini la cui azienda è a Montalcino (Siena). Il procanico di Antonella Manuli – La Maliosa (Manciano – Grosseto).
  • Marche: Pecorino e Montepulciano di Angiolina Velenosi che ha la sua azienda ad Ascoli Piceno.
  • Lazio: Olivella e Cesanese d’Affile di Marina Perinelli – Casale della Ioria (Acuto – Frosinone).
  • Campania: Pallagrella Bianco e Casvecchia di Lucia Ferrara – Sclavia (Liberi – Caserta).