Consorzio e Regione esultano. Slow Food: siamo di fronte al peggio del peggio.

Si dice che peggio di così non si può. Ma anche che al peggio non c’è mai fine. E se alla fine si arriva al peggio del peggio? La nuova Doc Pinot Grigio delle Venezie è ormai realtà e presto avrà anche il suo Consorzio. Ma sulla sua nascita lo scontro è stato (e resta) feroce. A dirla tutta la bagarre era iniziata molto prima. Ora che però la Doc arriva e con lei la modifica al disciplinare ci si divide tra entusiasti, scettici e coloro che sono decisamente contro. Che sarebbe stato l’anno della bacca bianca lo si sapeva e i dati del Veneto lo confermano. Ma la nuova Doc “triregionale” per qualcuno mette a rischio i vitigni autoctoni e, ancor di più, il sogno bio.  

 

Pinot Grigio: come nasce la nuova Doc.

Pinot Grigio Vigneti

L’ufficialità è stata data il il 30 agosto. E’ stato il ministro del Mipaaf Maurizio Martina ad annunciarlo: la Doc Pinot Grigio delle Venezie vedrà la luce. Ma più che una luce, per molti, è un’ombra che incombe sul futuro del vino italiano. A far paura, in realtà, è il suo disciplinare. La maxi Doc è nata dall’unione di Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino. Si estente su circa 20mila ettari: 5mila in Friuli, 3mila a Trento e il resto in veneto. A volerla i viticoltori stessi. In 2mila hanno firmato per ottenerla. Obiettivo: creare una Doc così grande da essere competitiva nei mercati esteri. Quello americano in particolare. E a tremare sono gli autoctoni. Volete qualche numero? Per conquistare il mercato internazionale e raggiungere i livelli del Prosecco si stima che la nuova denominazione porti sul mercato fino a 230 milioni di bottiglie

 

Pinot Grigio: già a marzo il timore dei friulani. “Ci colonizzano”.

Pinot Grigio vigne del Friuli

Fare grandi numeri non vuol dire far contenti tutti. Prima ancora che del disciplinare si avessero notizie, e cioè quando della Doc si parlava, le voci contro erano già parecchie. A dire il vero le voci contro erano quelle dei produttori friulani che in questa operazione già all’epoca vedevano una sorta di colonizzazione. La sparizione delle Igt e l’arrivo della grande Doc, avevano da subito denunciato in molti con tanti comitati sorti spontaneamente per fermare l’iter, avrebbe portato, sostenevano, all’avanzata delle grandi cooperative Veneto che avrebbero portato alla distruzione delle piccole realtà friulane schiacciate dal peso degli ettari e l’imponenza del Pinot Grigio coltivata in Veneto. Un allarme che, però, non ha in alcun modo interferito con il procedimento di riconoscimento.

 

Pinot Grigio: sparisce l’Igt e con la nuova Doc arrivano le modifiche al disciplinare.

Pinot Grigio uva fungo

 

Tutta una questione di rese. E’ questo il nodo della questione. Le nuove norme prevedono una resa di 180 quintali per ettaro con la possibilità di aumentarla del 20% nella annate favorevoli. Calcolatrice alla mano ci vorranno per la nuova Doc 21,6 tonnellate di uva. Ma i numeri fanno la qualità? E’ qui che ci si scontra. Per gli addetti ai lavori, cioè coloro che la Doc l’hanno voluta Regione Veneto in primis, non c’è da preoccuparsi. Il bio in Veneto in effetti va forte e, con lui, la qualità. A Venezia la produzione rappresenta il 10% del totale seguita da Padova al 6% e Treviso al 5%. Per l’assessore regionale Giuseppe Pan andrà tutto bene purché “gli agricoltori utilizzino tecniche con il minor impatto possibile sull’ambiente”

Il proposito, da parte sua, è aprire un tavolo con i presidenti dei consorzi per garantire la buona qualità delle uve e il minor uso possibile di prodotti chimici.

 

Pinot Grigio: Slow Wine attacca. “Ma quale qualità? Con numeri così è proprio la chimica a far paura”.

Pinot Grigio pesticidi

Non tutti credono a tanta rassicurazione e Slow Wine attacca duramente. Il nuovo disciplinare porta proprio lì dove i produttori friulani temevano: alla supremazia delle agroindustrie e le cooperative venete. Vince l’agroindustria, dice Slow Wine, perché per avere una produzione di uva così “mostruosa” sarà necessario investire in concimi chimici, funghicidi, diserbanti e tutto ciò che di bio non ha nulla. “Perché si arrivi a quelle rese – denuncia Slow Wine – il vigneto va trasformato in una catena di montaggio. Tutto va pompato e deve essere perfettamente pulito senza la più piccola traccia di malattia”.

Una sorta di plastica delle vigne insomma che, secondo l’associazione, avrebbe una sola drammatica conseguenza: il crollo della qualità. Le bottiglie infatti, sostiene, costeranno pochissimo e sicuramente troveranno mercato. Ma a scapito del brand Italia. Di un vino famoso proprio per la sua grande qualità. Insomma la Doc Pinot Grigio delle Venezie non è ancora nata, ma sul suo futuro ci si interroga e il dubbio, ad oggi, resta. 

 

In ogni caso vi terremo aggiornati sugli sviluppi di questa Doc.

 

Crediti fotografici: prima foto dall’alto Paola Sucato – Flickr CC.