La Regione Sicilia presenta 10 autoctoni 'scomparsi' e reinnestati. In Lombardia torna a vivere il vino del Lario, mentre Le Donne del Vino si fanno custodi dell'autoctonicità d'eccellenza. Quando il vino è colta letteratura

Innovazione sì, ma anche un viaggio nella storia fatto non di semplice memoria, ma di memoria ritrovata. La 51esima edizione del Vinitaly si è conclusa tracciando sì l’impronta del business, ma anche quella della riscoperta. Parliamo dei vitigni autoctoni. Da quelli dimenticati, a quelli quasi dimenticati. Se è vero che il mercato, così come le carte dei vini parlano sempre più del territorio, è anche vero che la ricerca dei sapori dimenticati è quasi un obbligo. Lo è per un Paese, l’Italia, fatto di piccole grandi storie. Storie che affondano le radici nell’antichità, nel mito e in un patrimonio culturale di cui l’enologia è parte integrante.

Dalle Donne del Vino alla Sicilia passando per la Lombardia. Sono le storie dei vitigni della memoria quelle che ci sono state raccontate. 

 

Vitigni dimenticati: nuovi storici innesti nella Sicilia con ‘il mare colore del vino’ 

 

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Una terra ricca di contraddizioni la Sicilia. Affascina per la bellezza dei suoi luoghi, il mistero delle sue storie e la forza delle sue tradizioni. Tra i chiaro-scuri di una regione baciata dal sole con “Il mare colore del vino” come il titolo di uno dei racconti di uno dei suoi figli più illustri, Leonardo Sciascia, è nella sua terra che si nascondono memorie talvolta inconfessabili, spesso soltanto alla ricerca di qualcuno che sappia riportare alla luce i colori e i profumi che le rendono uniche.

Culla del Mediterraneo, crocevia di popoli e cultura, è qui che dieci vitigni antichi di cui si erano perse le tracce, tornano a raccontarsi per scrivere le pagine di una nuova storia. Dieci vitigni che, da oggi, sono pronti per l’iscrizione al registro nazionale delle varietà del Ministero delle Politiche Agricole. E’ stato il palcoscenico del Vinitaly quello scelto dalla Regione Sicilia per presentarli al grande pubblico. 

 

I 10 vitigni antichi si presentano

Sono così antichi che anche trovarne notizia è difficile. Ragion per cui scoprirli sarà ancor più interessante. Catanese Bianca, 4 Rappi, Inzolina Nera, Lucignola, Orisi, Prunestra, Recuno, Reliquia Bianca, Usirioto e Vitrarolo. Questi i 10 vitigni dimenticati che saranno invece di nuovo innestati e presto imbottigliati alla conquista dei nuovi mercati.

Dieci delle 70 tipologie individuate dalla ricerca promossa dall’assessorato regionale. La ricerca, è stato spiegato, si concentra sulle specificità di 7 vitigni di interesse regionale, 13 locale, 12 minori, 70 varietà antiche e 13 cloni già regolarmente omologati. 

Siamo nella regione per eccellenza della biodiversità. Un primato di cui ora si vuole fare giustamente un brand. Tra le tante contraddizioni di una regione e di un’Italia che fatica troppo spesso ad esprimere tutto il suo potenziale, l’augurio è che il Vinitaly non sia stato il palcoscenico di un monologo. Solo il primo atto di una brillante operetta destinata a grandi torunée.

 

Vitigni dimenticati: ‘i promessi sposi’ del lago di Como sono giunti a giuste nozze

 

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Su “quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno” 36 imprese agricole dieci anni fa si erano fatte una promessa: far tornare a vivere il vino del Lario. Come nel romanzo manzoniano che proprio in quei luoghi ha inizio, tra le tante difficoltà, anche questa storia si conclude con un successo. E’ così che è tornano a vivere un vino dimenticato da 200 anni.

Loro la promessa l’hanno mantenuta e ci invitano anche a viverla insieme. Nei primi anni dell’800 il vino del Lario scomparve. “Dieci anni fa il coraggio e la passione degli agricoltori hanno consentito di recuperare l’antica tradizione vitiviniciola locale. Grazie ad un microclima unico i vitigni autoctoni hanno ricominciato a germogliare”. Così al Vinitaly la Coldiretti Como-Lecco. Tre le zone in cui la vite è coltivata. Montevecchia, nelle zone più settentrionali del lago (Ceresio e Domasio) e nella periferia del capoluogo comasco tra Montano Lucino e il Parco Spina Verde. La produzione annua è di 3.500 quintali di uva.

 

Pronti per il “Giro del Lario?”

“Una nicchia – ha detto il presidente della Coldiretti lariana Fortunato Trezziche entra di diritto a far parte delle eccellenze vitivinicole lombarde”. Il merito è della “professionalità degli operatori. Hanno saputo cogliere il valore di un luogo straordinario come quello del Lago di Como e declinarlo in un prodotto di altissima qualità”. La cultura può fare davvero mercato e il caso del vino del Lario ne è un chiaro esempio.

Per scoprirlo è stato avviato dal Consorzio Igt Terre Lariane di cui fanno parte 18 imprese, ci invita a fare il “Giro del Lario”. Otto tappe, fino ad ottobre, in altrettanti ristoranti delle province di Como, Lecco e Monza-Brianza. Un’iniziativa per fare rete e scoprire questa piccola grande eccellenza tutelata dal consorzio guidato dal produttore Claudio Crippa

 

Vitigni dimenticati: l’orgoglio contro il pregiudizio. E’ nel carattere delle donne che l’autenticità affonda le sue radici

 

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Sciascia, Manzoni e Jane Austen nelle vesti dell’eroina che ha fatto la sua fortuna: Elizabeth Bennett. Donna di carattere in un mondo a misura d’uomo ha fatto sognare, innamorare e temprare molte delle ragazze che oggi sono donne. Spesso grandi donne! Tra queste Le Donne del Vino. Un passo alla volta, come molte viticultrici (parola non utilizzabile sulle etichette come ha ben ricordato Marilena Barbera qualche giorno fa sul suo blog) hanno scardinato le certezze di un universo, quello enologico, fino a qualche anno fa a dimensione puramente maschile. 

Se ancora qualche traccia di sessismo c’è, è impossibile negare che ormai, loro, sono non solo una forza del mercato, ma anche le custodi di una memoria. Antico e moderno si fondono. Affondano le radici in un patrimonio che queste donne hanno non solo deciso di tutelare, ma di riscoprire.

Ecco perché la loro presenza al Vinitaly, quest’anno, è stata particolarmente significativa. Ventuno i vitigni autoctoni portati a Verona da Le Donne del Vino. Vitigni che si rischiava di dimenticare e invece sono ancora protagonisti.

Dal Magliocco Calabrese, all’Asprinio Campano passando per l’Oseleta Veneta e il Nasco di Sardegna. Un viaggio da nord a sud fatto di intelligenza, ironia e sensibilità. Proprio le caratteristiche dell’eroina austeniana che con orgoglio ha abbattuto ogni pregiudizio.