Tendenze che si confermano e che ci dicono chiaramente che, con la pandemia, il mercato del vino è cambiato e con lui tutto ciò che ci gira attorno: dalla produzione alla logistica fino alla consapevolezza dei consumatori

Moderazione, premiumizzazione convenienza: il rapporto Vinexposium, la società che organizza 10 dei più grandi eventi commerciali di bevande alcoliche nel mondo, elaborato insieme a Iswr e Wine Intelligence, conferma, sostanzialmente, quali sono le tendenze su cui si sta facendo e si deve fare leva per una piena ripresa.

A parlarne è Decanter. Un rapporto, quello pubblicato che sottolinea come la pandemia abbia davvero cambiato strutturalmente il mercato del vino costretto ad affrontare sfide importanti. Una spinta, in realtà, di cui tanto si è parlato e che i numeri confermano.

 

Rapporto Vinexposium: il vino ha dimostrato tutta la sua resistenza e le tendenze della ripresa sono la conferma di un cambiamento che era in atto da tempo

Lo dice chiaramente il Ceo di Vinexposium: i due anni di pandemia hanno portato cambiamento nella logistica (un tema a noi di Enolò molto caro), nel packaging, nel design dei prodotti e nel comportamento dei consumatori. A presentare il rapporto è stata Lulie Halstead, Ceo di Wine Intelligence. La sintesi? Al futuro si guarda con grande ottimismo anche perché il vino ha confermato di essere più che resiliente: è adattabile. O meglio lo è la sua filiera: dai produttori ai fornitori fino ai rivenditori, le sfide strutturali sono state accolte e affrontate, dimostrando di avere i numeri per reggere anche a quello che poteva essere, e per molti aspetti è stato, un vero e proprio terremoto.

Ecco le nuove consapevolezze dunque: il consumo di vino non si limita più ad accompagnare i pasti; la sostenibilità è un elemento presente con i consumi che si spostano sempre più verso il localismo; i vini a bassa gradazione alcolica, piaccia o no, prendono sempre più piede; il take away e l’e-commerce crescono, con invece l’on-trade che continua a risentire delle restrizioni dettate dalla pandemia e anche dei cambiamenti che interessano i consumatori; i vini che costano di più sono ben accetti dai winelover che in tutte le categorie sono disposti a spendere di più. Infine, le famose bevande Rtd (Ready-to-drink) di cui ci siamo occupati di recente: sono gli unici che, in pieno Covid, hanno fatto registrare una crescita.

Se dunque è vero che la diminuzione dei consumi nel 2020 c’è stata con un calo del 6,2% rispetto al 2019, secondo il rapporto entro  il 2023 la ripresa sarà definitiva con però uno scenario nuovo in cui la spinta verrà proprio dai Ready-to-drink. Una crescita che, a differenza dei cali registrati per gli altri alcolici (birra -7,1%; vino -6,5%; superalcolici -6,1% e sidro -10,9%) potrebbe toccare il 10,2% entro i prossimi due anni.

Ma entriamo nel dettaglio per capire bene le diverse voci che hanno permesso a vino e alcolici di reggere l’impatto con il Covid a cominciare da questa predilezione per la moderazione.

 

Meno alcol…per favore!

A preoccuparsi di più, secondo il rapporto Vinexposium, dell’eccesso sono Paesi Bassi e Svizzera con il 50% dei bevitori affermano di avere questo pensiero In generale, nei nove mercati presi in esame da Wine Intelligence, la consapevolezza della moderazione è sempre più presente. Negli Usa, ad esempio, il 30% dei bevitori ha dichiarato che preferirebbe consumare Champagne con livelli alcolici sotto il 10%. E la tendenza non dovrebbe fermarsi anche se i consumatori, al riguardo, vogliono saperne di più. La tracciabilità entra nel loro vocabolario visto che ora tutto si muove online, così come il timore di non trovare il gusto atteso. E anche su ingredienti e tipologia di produzione vogliono avere contezza. 

Assumere bevande meno alcoliche ha portato, quindi, a nuovi comportamenti da parte dei consumatori che a quanto pare, stanno facendo di una “routine” la pianificazione del cosa e quando quando sono tra le mura domestiche.

 

Per la qualità, dice il Rapporto Vinexposium, spendiamo di più, ma sulla sostenibilità…c’è rischio confusione!

Tanta consapevolezza in più che ha portato, anche grazie ad una maggiore disponibilità di reddito viste le minori spese fatte in periodo di restrizioni, anche ad un maggior consumo dei cosiddetti vini Premium, quelli cioè di qualità superiore. I numeri dicono, spiega il rapporto, che è cresciuto l’acquisto di vini al di sopra della media del prezzo di mercato, ma anche che si scelgono sempre più vini “locali” che strizzano l’occhio alla sostenibilità.

Sostenibilità su cui il 33% dei winelover dice di voler prestare maggiore attenzione al momento della scelta, ma sulla sostenibilità, verrebbe da dire, casca l’asino.

Secondo Halstead, infatti, al di là del quanto se ne parli, deve in realtà ancora prendere slancio nel settore e questo perché, leggiamo su Decanter, il vino è già percepito come sostenibile e di conseguenza si potrebbe creare confusione nei consumatori al momento dell’acquisto.

Un problema che ci riguarda a dirla tutto dato che il rischio, si dice, potrebbe essere quello di confondere classificazioni e metodi di produzione. Ecco che si ripropone un altro tema di cui ci siamo occupati di recente: il packaging. La gran parte dei consumatori percepisce la bottiglia di vetro, e parliamo del 55% come un imballaggio sostenibile, ma sul tema la discussione è aperta. E ricordiamo, ancora una volta, che persino i wine witers si sono mobilitati per chiedere un “alleggerimento” alle aziende. L’impronta ambientale, in termini di carbonio, nel vetro è certamente più presente che in altri tipi di imballaggio. Ecco perché questa sembra essere un’altra tendenza che in futuro continuerà ad affermarsi.

 

Conclusioni

Insomma ci sembra di capire che tutto quanto era già emerso durante la pandemia, si confermi. Il mondo del vino non sta cambiando: è cambiato. E tutta l’economia che gira attorno ad esso si sta adattando. Restare competitivi vuol dire accogliere le nuove sfide. Le basi ci sono, le iniziative sono tante e il vino, da parte sua, ha dimostrato di essere capace di affrontarle queste sfide.

E se si deve guardare positivo allora facciamolo ricordando che, nei primi sette mesi del 2021 l’export del vino italiano ha registrato un +14,5% su base annua e un +10,7% sullo stesso periodo del 2019, per un valore che ha già raggiunto i 4 miliardi di euro. Un discorso che vale anche per gli altri alcolici made in Italy per i quali si prevede un anno con vendite in crescita del 5,4% e del 4% per le esportazioni.

Ora sta agli addetti ai lavori, istituzioni incluse visto che la promozione nei Paesi Terzi resta importantissima, prendere in mano le redini della situazione e lavorare perché il vino, quello italiano per quanto ci riguarda, si affermi e confermi come un traino di cui non possiamo davvero fare a meno.