Il nuovo mood è 'io penso positivo'. Ecco come è cambiato il nostro rapporto con il cibo (e non solo): siamo sempre più green, ci piace vivere nei borghi e sappiatelo...durante la pandemia siamo dimagriti! E sono solo alcuni dei dati che emergono dal rapporto. Ma ci sono alcuni aspetti 'negativi' da non sottovalutare

Quando abbiamo letto il Rapporto Coop 2021, la prima cosa che ci è venuta in mente è stata una canzone tormentone di Jovanotti e quindi…ci sentiamo positivi anche noi! Oggi non parliamo esclusivamente di vino, ma di qualcosa che ci fa venir voglia di brindare. Nonostante l’anno e mezzo di pandemia il mood degli italiani è proprio questo: io penso positivo e lo faccio guardando alla mia tavola che si fa sempre più “green”.

E’, in estrema sintesi, quanto emerge dal Rapporto pubblicato oggi e da cui emerge chiaramente come proprio l’anno horribilis del covid ci lasci in eredità qualcosa di buono, anzi di più: il nostro rapporto con le abitudini alimentari è cambiato. Ci piacciono benessere e sostenibilità e chissà…una coscienza sull’esigenza di affrontare i cambiamenti climatici, si sta forse davvero formando.

Il rapporto, va ricordato, è stato realizzato con la collaborazione scientifica di Nomisma, il supporto di analisi di Nielsen e i contributi di Gfk, Gs1-Osservatorio Immaginario, Information Resources, Mediobanca Ufficio Studi, Npd, Crif e Tetra Pak Italia. Il rapporto è stato stilato in due momenti diversi. In prima istanza ha coinvolto 1.500 italiani (18-75 anni). in un secondo momento ha coinvolto un panel della community di italiani.coop, coinvolgendo opinion leader e market maker, tra cui 479 imprenditori, direttori e liberi professionisti. Ecco cosa è venuto fuori.

 

Rapporto Coop 2021: orgogliosi di essere italiani. Siamo positivi oggi e lo siamo verso il futuro con cui stiamo già imbandendo le nostre tavole!

Sarà che in un periodo tanto difficile lo sport ci ha regalato emozioni uniche. Abbiamo vinto gli europei di calcio e di pallavolo femminile; abbiamo battuto ogni record alle Olimpiadi e Paralimpiadi portando a casa medaglie che mai neanche avremmo sognato. Certo è che, nove italiani su dieci, si sentono orgogliosi di essere italiani e le ricerche associate alla parola Italia online sono cresciute a luglio 2021 del 211%. Un singolo dato del Rapporto Coop 2021-Economia, consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani”, che già ci dice molto di come a cambiare è stato il clima di casa nostra. E, lo ribadiamo, in positivo.

Sì perché il nostro motto è diventato proprio questo. Secondo il rapporto “io penso positivo” lo è per 7 italiani su 10. Italiani che hanno già imbandito la tavola del “futuro” per cui, nei prossimi 10 anni, ad esserne padroni saranno, secondo le stime fatte, i prodotti a base vegetale che abbiano sapore di carne, a base di alghe, farine di insetti e anche carne coltivata in vitro. La convinzione che abbiamo tutti (o quasi) ormai, è che grazie a scienza e tecnologia potremo contrastare la scarsità di cibo e combattere i cambiamenti climatici.

D’altra parte, ci dice il rapporto, in cibi e bevande ‘del futuro’ già nel 2020 sono stati investiti 6,2 miliardi di euro. E chi fa impresa, la lungimiranza ce l’ha.

 

Rapporto Coop 2021: per gli italiani è tempo di rivoluzione verde anche nel piatto. Ci piace la stagionalità e per la qualità siamo pronti a spendere di più!

Vediamo allora come è cambiato il nostro rapporto con la tavola in epoca post pandemica partendo dal fatto che un italiano su due ha dichiarato di aver cambiato le abitudini alimentari. In che direzione? Quella ‘verde’ o ‘green’ se preferite. L’88% degli intervistati, infatti, associa al cibo il concetto di sostenibilità. Un italiano su sei, infatti, ha adeguato la propria alimentazione al fine di ridurre l’impatto ambienatle. Inutile dire che i vegetariani aumentano, ma anche chi non fa scelte così radicali, ha ridotto i consumi di carne (13%) e si orienta sempre più a prodotti locali e di stagioni.

Dati, questi, che ci lasciano in realtà un piacere sapore di ritorno alle radici per il quale siamo anche disposti a spendere di più. Per acquisti di prodotti di qualità certificata, infatti, l’83% degli italiani è disposto ad svuotare un po’ di più il portafogli.

Insomma: siamo rinati. Così almeno sembrerebbe e i numeri non farebbero altro che confermarlo. Di fronte ad una delle crisi peggiori che la storia dell’umanità ricordi, si accompagna infatti per il bel Paese la miglior ripresa di sempre come testimonia il balzo in avanti del Pil che potrebbe sfiorare il 6%. Ma se l’export dell’agroalimentare vola superando già i livelli pre-covid, un’ombra c’è: quella dei consumi interni. E’ qui che oggi bisogna intervenire.

 

Non è tutto oro quel che luccica: la ripresa dei consumi non c’è e per gli italiani i tempi saranno ancora duri

Il rapporto lo dice chiaramente: nel 2021 ben 27 milioni di italiani hanno dovuto fare rinunce. Per 18 milioni di questi la situazione non migliorerà a stretto giro e altri 5 milioni temono che i sacrifici alimentari cui sono costretti non si arresteranno. La ripresa dei consumi, in sostanza, non c’è e per gli esperti per tornare ai livelli pre-covid ci vorranno ancora due anni: il pareggio ci sarà nel 2023.

A confermarlo il fatto che il 28% degli italiani prevede una spesa ancora più bassa nel 2021 rispetto al 2021.

 

L’Italia? Sempre più attrattiva per gli investimenti. Spingere ora verso il Green Deal vuol dire crescere domani!

Abbiamo detto all’inizio come 9 italiani su 10 si dicano orgogliosi di essere italiani. Un altro segnale importante è quello secondo cui questo orgoglio cresca anche in relazione al sentirsi europei. Tornando al business, da tenere in alta considerazione un altro dato emerso dall’indagine: il 60% della business community internazionale dichiara infatti che l’attrattività dell’Italia è destinata a crescere nei prossimi tre anni, tanto che il 48% di questi la ritiene una possibile ipotesi per gli investimenti futuri.

Oltre a quello dei consumi un altro però c’è. La fiducia va ripagata. E perché ciò che avvenga bisogna rispondere a quell’esigenza di una rivoluzione “verde” che anche gli italiani sentono ormai sempre più propria. Una rivoluzione che si chiama Green Deal. Cresce, dunque, la coscienza del bisogno di combattere i cambiamenti climatici. Il 79% degli italiani, ci dice il rapporto, è preoccupato del riscaldamento globale. Il 75% degli executive si affida all’innovazione tecnologica e digitale. Scienziati e medici tornano dunque i modelli di riferimento.

 

Un ritorno alle radici: crediamo nelle cose importanti della vita. I nostri affetti sono la priorità ed è tempo di comprare casa…magari in un bel borgo!

Cosa c’è dietro questo nuovo mood del ‘io penso positivo’? Il fatto che il 45% degli italiani crede “nelle cose importanti della vita”. Ci si torna a fidare gli uni degli altri: lo dice il 41% della gente (quattro anni fa era il 19%). Prima di tutto ci sono famiglia e affetti. Sui temi importanti come aborto e eutanasia c’è favore, così come verso l’accoglienza dei rifugiati e in Europa gli italiani sono tra i più Lgtb+friendly.

Tutto positivo quindi? Non proprio. Perché se da una parte la pandemia ha stimolato i lati migliori, dall’altro ha anche creato ansia, insonnia, depressione e disturbi alimentari. E il fatto che la disoccupazione non conosca soluzione di certo non aiuta. Nei primi sei mesi del 2021, infatti, l’occupazione è cresciuta solo dell’1,8% e si dovrebbe fare molto di più.

Anche il cosiddetto hybrid work è entrato nel rapporto. Parliamo di digitalizzazione apprezzata dal 65% degli italiani. Sebbene rallenti, non si arresta dunque la crescita dell’e-commerce e lo stare a casa è la nuova moda. La comfort zone piace. La quotidianità anche. E così cresce la voglia di acquistarla una casa: 8 milioni quelli che approfittando degli incentivi hanno invece deciso di ristrutturarla.

E la casa, chi la deve comprare, la vuole lontano dalla città. Al contrario di tante previsioni fatte negli ultimi anni si cerca una dimensione umana. Si scelgono i borghi e i piccoli paesi divenuti residenza ideale per un italiano su tre. E, udite udite, a fare la scelta di restare nei piccoli Comuni delle aree interne in cui risiede è il 67% dei giovani.

 

Una riflessione

Su questo, però, vorremmo anche fare una riflessione. Si dice che, di buone intenzioni, è lastricato l’inferno o, se preferite, restando nello scontato, che tra dire e fare c’è di mezzo il mare. Con l’occupazione che non migliora e la necessità di guadagnare per vivere, con una digitalizzazione che cresce ma non si afferma, per tanti non sarà così semplice realizzare il sogno di “restare”. E’  su questo che, crediamo, sia tempo di investire. E in questo senso l’agroalimentare, crediamo ancor di più, possa dire moltissimo.

Se l’esigenza di tornare ad una dimensione di vivibilità c’è, bisogna investire per far sì che diventi un passato/futuro. Un ritorno alle radici che, grazie all’innovazione tecnologica, sabbia guardare ben oltre i confini di un borgo e farsi “metropoli” ideale permettendo, a chi lo sceglie, di continuare a restare nella dimensione in cui si sente a casa.

 

Rapporto Coop 2021: pensavate che durante il lockdown, chiusi in cucina, saremmo tutti ingrassati? Ma anche no…molti sono dimagriti e neanche poco!

Ma torniamo a sederci a tavola. Abbiamo detto come sia cambiato il nostro rapporto con il cibo. Vi ricordate, durante il primo lockdown quando, tra foto di piatti spettacolari e dolci tutti dicevamo che stavamo diventando ciccioni? Beh non è proprio andata così. Il 23% degli italiani ha perso in media 5,8 chili durante la pandemia. E il 15% ben 7,1 chili. Solo il 18% degli italiani, tra l’altro, non si riconosce in nessuna cultura alimentare. Il 24%ha come modella la dieta mediterranea e oltre la metà fa scelte bio, veg, gourmet, iperproteiche, low carbs e così via.

 

Sono nati i “climatariani”: gli italiani sono sempre più attenti alla sostenibilità e leggono le etichette. Non è la marca che conta, ma come si produce, dove e come il prodotto arriva sul mercato

La vera novità è la nascita dire cosiddetti “climatariani”. Quelli di cui accennavamo: quelli attenti all’ambiente. Lo sono anche nel piatto. Per il 33% degli intervistati il rapporto cibo-sostenibilità si traduce anche in produzione rispettosa; per un altro 33% gli imballaggi contano. Per il 21% è sinonimo di orgine e filiera e per il 9% di responsabilità etica. Il 32% di noi ha maturato la convinzione che, se non cambiamo alimentazione, difficilmente salveremo il pianeta.

Cresce, dunque, anche l’attenzione all’etichetta. Finalmente la leggiamo. Almeno lo fa il 39% di noi che si informa su origine e provenienza. Per il 28% vanno letti i valori nutrizionali e per il 26% i metodi di produzione. Il brand conta sì, ma non solo. E’ quello che un’azienda comunica (e fa) che ha il suo peso. Questo spiega perché non c’è più lo strapotere delle marche. Dal 2013 ad oggi, infatti, la perdita di quote delle grandi marche è pari al -9%. Una fetta in cui si inseriscono le Mdd (+9%), ma anche i piccoli produttori (+3%). E questo numero vorremmo lo leggessero bene anche i tanti viticoltori italiani perché si sa: ci sono i grandi, ma l’Italia è costellata di piccole aziende (in ogni settore) che ne costituiscono la spina dorsale. In tempo di pandemia, a quanto pare, proprio i più piccoli hanno saputo meglio rispondere alle rinnovate esigenze dei consumatori.

Sono solo alcuni dei dati del rapporto, ma ammettiamolo: ci danno già così un’infinità di informazioni per capire come affrontare il domani, restare competitivi e dare una mano al pianeta che, inutile dirlo, è proprio di tutti!

 

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