Quella che è nata come un'emergenza in tempo di pandemia si è rivelata una forza nuova per la ristorazione. Il vino lo puoi comprare o ordinare ed è così che nasce una nuova forma di ospitalità che porta il locale anche nel salotto di casa tua

Nei ristoranti Usa il vino è diventato protagonista anche fuori dalla sala e il fatto che non tutti gli Stati abbiano sostenuto le attività che chiedevano di dare continuità a quella che, a quanto pare, è diventata ben più che una misura emergenziale dettata dalla pandemia, fa discutere.

A parlarne è niente meno che Wine Spectator che ci racconta come il “delivery” del vino sia diventato ben altro ora che nei ristoranti si può tornare. Andare a cena e portarsi a casa una bottiglia del vino assaporato, o magari ordinarla con la cena, è diventato un must che surclassa la figura del rivenditore e testimonia, ancora una volta, come il rapporto diretto sia tornato assoluto protagonista non solo in termini di business, ma anche di una nuova socialità in cui il rapporto con il ristoratore e il sommelier, si estenda fuori dalle mura del locale.

Cerchiamo di capire meglio il fenomeno partendo dall’assunto che ben 35 Stati Usa hanno deciso di consentire ai titolari dei ristoranti di proseguire questa nuova attività, con altri che, invece, si sentono penalizzati a cominciare dalla blasonata New York.

 

Il ristoratore diventa più di un rivenditore: in 35 Stati le restrizioni Covid si trasformano e diventano opportunità di business

Portare il vino a casa dei clienti è stato, in piene ondate pandemiche, un modo per tenere su la propria attività. Oggi non è più solo questo. E’ un modo per aumentare le entrate e fidelizzare i clienti. Parola di… addetti ai lavori.

Prezzi ribassati anche fino al 30% così da diventare competitivi con chi il rivenditore lo fa, e un successo che si conferma, almeno allo stato attuale, anche ora che le restrizioni sono diminuite. Tra i ristoranti americani che continuano a consegnare a casa il vino c’è il Barolo Grill, vincitore del Wine Spectator Grand Award, che come riporta la prestigiosa rivista, ha visto il 40% delle vendite derivare proprio dalla consegna di vino, liquori e birra durante la pandemia. Oggi è ancora al 20%. Come lui tanti e così, alcuni Stati, hanno deciso di permettere di consentire alle attività di andare avanti con programmi off-permise come degustazioni virtuali e lezioni, almeno per un tempo limitato.

Quindici, invece, hanno fatto delle misure prese durante la pandemia, misure permanenti per cui gli alcolici possono essere consegnati a casa, ma solo con la cena.

 

Nei ristoranti Usa il vino diventa protagonista di una nuova visione dell’ospitalità: non è solo questione di guadagno, ma di relazione

E’ esplicativo quello che Matt Pridgen, direttore del vino al Georgia James di Houston dichiara a Wine Spectator: questo modello di business loro lo volevano da tempo e sebbene dispiaccia la circostanza che gli abbia permesso di affermarlo, “siamo davvero felici di poterlo fare”. Nella sua Carta dei Vini ci sono 400 bottiglie e da lì è partito per creare questo nuovo business che si è dimostrato, a quanto pare, di successo.

Pidgen conferma: con le riaperture il calo della consegna a domicilio c’è stata, ma circa la metà degli avventori decidono di portarsi comunque una bottiglia a casa. Insomma si è spostata la location, ma la voglia è rimasta la stessa. E a suo parere tutto questo può trasformarsi in una grande opportunità per i ristoratori perché a differenza di un rivenditore tradizionale, loro “nel pacchetto” possono metterci servizio e accessibilità.

A rendere tutto così entusiasmante per il proprietario del Barolo Grill, Ryan Fletter è il fatto che questa novità ha spostato su un nuovo piano il rapporto con i clienti. “Stiamo aggiungendo un altro servizio”, spiega a Wine Spectator. Dalla selezioni delle confezioni per presentare il vino in tavola, a quelle per farlo portare a casa, si passa alle conversazioni che i clienti intraprendono con il team specializzato. Con i sommelier insomma, o comunque con chi, nel ristorante, ha il compito di occuparsi del vino. Una cosa che, sostiene, può anche aumentare le vendite di cibo, perché molti di quelli che tornano per compare una bottiglia, si portano anche a casa il pranzo o la cena.

 

Una nuova ‘connessione’ con i clienti che diventano ‘amici’ di un locale, che diventa una sorta di seconda casa

Dunque, per Fletter, se è vero che questa presenza “fuori sede” del vino rappresenta un’opportunità di incremento delle vendite, il dato realmente importante è proprio quello della nuova connessione che si sta creando con i consumatori. Per loro, tutto questo, rappresenta una vera e propria esperienza. Qualcosa che si portano (anche fisicamente) a casa e che resta nel tempo quando, ad esempio, tornano nel locale e ti raccontano come quel vino che tu gli hai venduto, sia diventato a sua volta protagonista di una cena casalinga di successo.

“E’ come avere un po’ di Barolo Grill a cena anche se quella sera non sei a cena nel locale”, ha giustamente commentato Fletter.

 

Tra i ristoranti Usa che hanno scoperto questa nuova ‘relazione’ c’è chi ha capito quanto conti avere un canale privilegiato con i vini di grande rarità

C’è poi un altro vantaggio secondo i ristoratori. Loro hanno più facile accesso ai vini rari e questo è un altro punto a loro favore. Tra i locali che hanno puntato sull’offrire al cliente l’unicità c’è il Rainbow Lodge di Houston. Responsabile del settore bevande è Marc Borel che a Wine Spectator dice che, con questa nuova formula, sta vendendo più vini costosi rispetto al passato. “La cosa più costosa che avevamo sulla lista – racconta – poteva essere un Domaine de la Romanee-Conti, ed era praticamente un segnaposto. Ora vendiamo una bottiglia di quella categoria almeno due tre volte a settimana”.

Anche per lui è un nuovo tassello dell’ospitalità. Insomma qualcosa sta cambiando proprio nel modo di farla la ristorazione negli Stati Uniti. I locali “arrivano” a casa  dei clienti. Sono lì anche quando loro non sono nei ristoranti. E agli addetti ai lavori questo, anche a livello personale, dà grandissime soddisfazioni. Fletter lo spiega benissimo. Per mesi i ristoratori si sono chiesti: “Ci faranno tornare come prima?”. La risposta a quanto pare era molto diversa da quella che ci si sarebbe attesi: non c’è bisogno di farlo, almeno non completamente. Ecco come il Covid è diventato una nuova opportunità-

 

L’euforia non è per tutti. A New York con la fine delle restrizioni il vino resta in cantina e gli addetti ai lavori si sentono penalizzati

Per chi gioisce c’è chi si stupisce. Ad esempio i ristoratori newyorkesi che, con la fine delle massime restrizioni, si sono visti privare di questa possibilità e, a quanto pare, non ne sono affatto contenti. E poco contenti, spiega Wine Spectator, lo sono anche i consumatori dato che secondo la New York State Restaurant Association il 78% di loro avrebbe voluto continuare a ricevere vino e alcolici a casa.

E il danno c’è anche perché molti avevano investito parecchio nel packaging per assicurare il servizio e ora si trovano con bottiglie vuote personalizzate ed etichette che sono lì a marcire.

Per quanto ci riguarda troviamo questa svolta nell’ospitalità davvero interessante anche perché dimostra come ormai il rapporto diretto sia la strada da percorrere. Noi crediamo, così come facciamo, anche nel B2B.

 

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