Le ultime indagini di Wine Intelligence per capire cosa rimarrà "come prima" e cosa "come oggi" tra cambiamenti digitali, timori e ritorno alla normalità. E i giovani? I millennial si allontanano, ma non è ovunque così e le possibilità di conquistarli non mancano

Un “esperimento naturale” per capire quali dei comportamenti che abbiamo assunto durante il covid nel nostro rapporto con il consumo di vino rimarranno e quali no. Cosa quindi rimarrà “come prima” e cosa invece rimarrà “come è oggi” dopo oltre due anni di pandemia? Quanto quello che abbiamo vissuto e, di fatto, viviamo ancora, ci ha influenzati e cambiati nel nostro rapporto con il consumo del nettare di Bacco?

In un’epoca in cui i cambiamenti sono stati repentini e a volte sconvolgenti, di certo il settore vino non ne è rimasto immune. Sono cambiati i canali di distribuzione o meglio di nuovi se ne sono affermati, alcuni settori hanno sofferto più di altri, vedi l’Horeca, e le persone hanno preso nuove abitudini nei consumi casalinghi. Sul tema è andata ad indagare Wine Intelligence che ci fa un quadro di cosa è già cambiato, cosa ci dobbiamo aspettare e quali abitudini torneremo ad avere. L’occasione anche per parlare un po’ dei millennial!

 

Dopo la pandemia siamo più “insofferenti” a frequentare i luoghi fisici. Torneremo a farlo, ma con delle differenze che non vanno sottovalutate

Due cose possiamo dire subito: gli under 34 (21-34 anni la fascia di riferimento) vanno conquistati perché sono loro quelli che più hanno influito nel calo dei consumi;  a fronte di questa fetta di mercato, importantissima, che va assolutamente conquistata, c’è però anche il fatto che, con la pandemia, abbiamo imparato a bere meglio: spendiamo di più per la qualità.

Diversi fattori chiave esaminati nell’ambito dell’ultima ricerca condotta da Wine Intelligence e tra questi anche la disponibilità a frequentare i negozi fisici e l’accessibilità agli stessi durante la pandemia. Sì, il calo c’è stato e questo ha significato, per le attività “reali” e non online, un calo di vendite e un cambio nei comportamenti d’acquisto. Il timore dei contagi ha creato “insofferenza” nel trascorrere del tempo in enoteca e, in generale, in tutti i punti di distribuzione. Cosa che, come si è visto anche da altre indagini, ha favorito l’online. Azione quest’ultima che ha anche avuto effetto sul rapporto consumatore-brand. Il “nuovo” ha stimolato i consumatori che hanno superato un po’ l’abitudinarietà e si sono dati all’esplorazione. Un elemento questo che, ora che si torna finalmente alla socialità, andrà tenuto in considerazione. Si può osare, si può proporre, ma fatelo sempre…con qualità!

 

L’online ha aperto nuove porte, ma anche criticità. Per i brand non è stato sempre facile

Aspetti contro, con l’e-commerce, si sono comunque registrati in termini di quella che viene definita la connessione emozionale con i brand che si è interrotta. Un po’ come quando in una relazione ci si prende una pausa di riflessione. Secondo lo studio Wine Intelligence questo si è tradotto, in un calo di attenzione da parte dei consumatori che con più difficoltà ricordano varietà, brand e territori d’origine. E questo è successo su tutti i mercati del mondo.

 

Ecco come alcune aziende hanno superato le difficoltà al tempo della pandemia

Non tutti, però, hanno subito questo stress. Alcune aziende hanno superato brillantemente la prova, trovando un nuovo equilibrio e la leva fondamentale è stata nel rapporto preesistente che avevano con i consumatori. Loro hanno trovato le chiavi giuste per emozionarli ancora, per fare del nuovo terreno d’acquisto, una terra di conquista.

Abbiamo anche visto tanti esempi, in questi mesi, di come si sia riusciti a creare una nuova socialità tra aperitivi online, degustazioni, visite virtuali e chi più ne ha più ne messa. Persino i sommelier si sono reinventati, e qualcuno con grande successo. D’altra parte tanti temi si sono imposti nella quotidianità e nel rapporto che abbiamo con essa e questi, resteranno. Parliamo di benessere, di attenzione alla qualità della vita e, di conseguenza, alla qualità di ciò che mangiamo e beviamo. Oggi più che mai quel termine “sostenibilità” entra nel gergo quotidiano, ma lo fa con un significato forte e ad ampio spettro.

 

Sì, i millennial sono quelli che, a livello globale, hanno determinato un calo nei consumi, ma non è ovunque così…anzi!

Temi, quelli sopra citati, che interessano in particolare i giovani tra i 21 e i 34 anni, i cosiddetti milllenial che, sempre come rilevato da Wine Intelligence, sono quelli che hanno determinato, a livello globale, il calo dei consumi.

Ma è davvero così ovunque? A quanto pare no. Se ad esempio tra il 2010 e il 2020 in Gran Bretagna i consumatori millennial che bevono un calice almeno una volta al mese sono scesi dal 50 al 26%, così come negli Usa dal 36 al 21%, in Australia sono proprio loro a tirare il mercato dei consumi.

La percentuale di consumatori abituali di vino in Australia di età superiore ai 55 anni è scesa del 7% tra il 2018 al 2021 (29% il totale), mentre quelli tra i 25 e i 44 anni sono cresciuti passando dal 35% al 44%. Loro che del digitale sono padroni, da queste parti hanno apprezzato le nuove modalità di acquisto soprattutto perché più aperti alle proposte innovativi e meno avvezzi a far caso a prezzi e fedeltà al brand. Per loro il linguaggio del digitale è coinvolgente e stimolante e si può spendere di più per un buon vino. Insomma, ogni mondo è Paese, ma certo è che il vino, alla fine, piace e se i due mondi, quello “fisico” e quello “virtuale” imparassero a comunicare su un unico canale, le potenzialità sarebbero infinite.

 

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