Il report dell'Organizzazione Internazionale fotografa una situazione difficile, ma meno drammatica di quanto ci si potesse aspettare. L'Italia il suo miracolo lo ha fatto!

Stime Oiv: per il vino l’anno della pandemia è stato resiliente! E’ il termine migliore per descrivere quanto emerge dal report, aggiornato al mese di aprile 2021, pubblicato dall’Oiv (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino) che fotografa sì le difficoltà innegabili dettate da un anno a dir poco complesso, ma che ci parla di un’Italia che regge il colpo, a fronte di un lieve calo (globalmente) dell’export.

Altri dati da sottolineare è che se il calo degli scambi nel mondo c’è stato, si è registrato in quantità, ma soprattutto in valore con però la produzione rimasta stabile a fronte di un calo dei consumi che, ed è una bella notizia, non ha riguardato l’Italia che ha visto crescerli del 7,4%. Un quadro cui si aggiunge l’inevitabile contributo (negativo) dato dallo stop dell’Horeca, che ha trovato in parte (ma non sufficientemente) compensazione nelle vendite online e nella grande distribuzione.

La dimostrazione che del settore davvero non si può fare a meno!

Come ripartire? Lo dice chiaramente il direttore generale dell’Oiv Pau Roca Blasco: bisogna adattarsi alla diversificazione dei mercati e dei canali di distribuzione.

 

Stime Oiv: i consumi hanno retto l’urto con la pandemia. E il miracolo parla la lingua italiana!

“Il settore è altamente concentrato e quindi rischioso. Questo ci dimostra che la diversificazione è necessaria, a partire dal consumo”. Partiamo da qui, dalle parole di Blasco per vedere cosa le stime Oiv hanno rilevato proprio in merito ai consumi. A livello mondiale il 2020 di vino se ne sono consumati 234 milioni di ettolitri, il 3% in meno rispetto all’anno precedente con una perdita di 7 milioni di ettolitri. Stime, è bene ribadirlo, che dunque possono avere un margine di errore.

 

Consumi nei Paesi extra Ue

 

America

Entrando nel dettaglio delle stime Oiv, gli statunitensi si sono confermati come i consumatori più “avidi” con i 33 milioni di ettolitri consumati nel 2020. Un dato in linea con il 2019. Come a dire che sì, la pandemia c’è stata e c’è, ma per gli Usa non ha rappresentato un ostacolo per i calici: piacciono e basta sebbene, va detto, le misure restrittive da queste parti siano state meno stringenti che nel resto del mondo e l’e-commerce era una realtà già affermata che ha quindi avuto una crescita “naturale” in un periodo di difficoltà.

Restando nel continente, l’America meridionale è riuscita addirittura a fare meglio facendo registrare complessivamente un aumento dei consumi nell’anno della pandemia. Per l’Argentina si stima un +6,5% rispetto al 2019 con 9,4 milioni di ettolitri di vino consumati. In Brasile si può parlare di vero boom; la crescita è stata del 18,4% (4,3 milioni di ettolitri). Segni di ripresa in Cile dove l’1,4% in più del 2020 (1,8 milioni di ettolitri) fa ben sperare, ma è ancora del 20,2%  inferiore alle media quinquennale del Paese.

 

Asia

Passiamo all’Asia. Stabili sono stati i consumi anche in Giappone (secondo consumatore in Asia) che da sette anni si attesta sui 3,5 milioni di ettolitri degustati. Preoccupa sempre più la Cina, da sempre ritenuta terra di conquista per l’enologia europea e non solo. Per il terzo anno consecutivo il calo si è fatto sentire. Ragion per cui, se certamente il pesante lockdown abbia influito, non lo si può ritenere unico responsabile dell’andamento. Nel 2020 da queste parti si stima un consumo di 12,4 milioni di ettolitri di vino pari ad un -17,4% rispetto al 2019. Un calo a dir poco vertiginoso.

 

Sud Africa e Australia

Nelle stime Oiv anche Sud Africa e Australia. Nel primo è vero dramma. Il calo dei consumi è il più basso degli ultimi vent’anni e si stima in un -19,4% rispetto al 2019, con 3,1 milioni di ettolitri di vino consumati nel 2020. Un dato, quello della pandemia, che per il quinquiennio si traduce in un -26,7%. E qui, a quanto pare, la questione Covid ha influito parecchio visto che per 14 settimane, in concomitanza con il lockdown, è stata proibita la vendita di alcolici. L’Australia, invece, ha tenuto ed è rimasta in linea con la media quinquennale nonostante il lieve calo del 2020. Un -3,7% di consumi per un totale di 5,7 milioni di ettolitri.

 

Brexit

Ci dobbiamo ancora abituare a definirlo Paese extra Ue, ma tant’è. Uscita o no dall’Europa per il Regno Unito, che la pandemia l’ha vissuta eccome, i consumi non sono diminuiti, ma anzi leggermente aumentati. Parliamo di un +2,2% rispetto al 2019 (13,3 milioni di ettolitri). Vini di casa? No. Per la gran parte nelle tavole degli inglesi sono arrivati vini importati.

 

I consumi nei Paesi Europei

Passiamo quindi a casa nostra: l’Europa che, da sola, rappresenta il 48% del consumo mondiale di vino. Una tendenza confermata anche nel 2020 con circa 112 milioni di ettolitri finiti nelle case degli amanti del nettare di Bacco.

Et voilà, il miracolo italiano! Il Bel Paese, secondo mercato in Europa, ha registrato il livello di consumo più alto dell’ultimo decennio con 24,5 milioni di ettolitri finiti di vino finiti sulle nostre tavole. Ha quindi consumato il 7,5% rispetto al 2019 e il 10% in più rispetto alla media quinquennale. Noi il lockdown lo abbiamo affrontato così, insomma, tra riscoperta del vino a tavola e innovativi aperitivi con gli amici online!

Stabili i consumi in Francia, anzi identici a quelli del 2019 (24,7 milioni di ettolitri), ma con un calo sulla media quinquennale del 7,8%. La Germania resta il terzo consumatore nel panorama europeo (quarto nel mondo) mantenendo stabili i consumi con una crescita lievissima dello 0,2% rispetto al 2019 e un totale di ettolitri di vino consumato nel 2020 di 19,8 milioni di ettolitri.

L’opposto in Spagna dove il calo nel 2020 è stato del 6,8% per un totale di consumi pari a 19,8 milioni di ettolitri

Calano invece i consumi in Portogallo, Belgio, Svezia e Ungheria. Cali lievi in realtà rispetto al 2019 (rispettivamente dello 0.6%, l’1,9%, il 3,1%, il 2,2% e l’1,9%), ma sostanziosi se confrontati con la media quinquennale. Soprattutto per l’Ungheria (-22%).

A crescere, un po’ a sorpresa, secondo le stime Oiv, è l’Austria che rispetto al 2019 ha guadagnato il 2,2% di consumi in più (2,3 milioni di ettolitri) sebbene a fronte di un live calo nel lungo periodo (-2,5% rispetto alla media degli ultimi 5 anni). E cresce anche la Russia con il 3% in più di consumi rispetto al 2019 e 10,3 milioni di ettolitri di vino consumati. Giù, infine, la Svizzera, sebbene di poco: -1,6% nel 2020 per 2,6 milioni di ettolitri di vino trangugiati.

 

Stime Oiv: l’export soffre nell’anno della pandemia, ma meno di quanto ci si aspettasse e comunque la “colpa” non è solo sua

Passiamo al commercio internazionale di vino. Cioè all’export. Inutile dire che sì un calo c’è stato, ma non è andata male così come ci si potrebbe aspettare visto l’anno passato. Almeno non in termini di volume. Sotto questo profilo nel 2020 si è registrato un -1,7%: 105,8 milioni gli ettolitri di vino esportati. A calare un po’ troppo, a dir la verità, è stato l’export in termini di valore: con 29,6 miliardi si parla di un -6,7%.

Colpa della pandemia? Beh mica tanto. O almeno non solo. Bisogna ricordare che i dazi usa su alcuni Paesi europei hanno inevitabilmente influito; così come quelli cinesi sui vini australiani e le incertezze della Brexit non hanno aiutato.

 

L’export in volume nel 2020

Tornando al volume secondo le stime Oiv si attesta come quel -1,7% non sia affatto un dramma dato che si resta in linea con la media decennale. A dominare i mercati internazionali sono stati tre Paesi, tutti Europei, e l’Italia, insieme a Spagna e Francia c’è. Non solo, con i suoi 20,8 milioni di ettolitri di vino esportati, è tra i tre quello che ancora una volta, in termini di volume, fa registrare la performance migliore. Complessivamente i tre Paesi hanno esportati 54,6 milioni di ettolitri di vino: il 52% del mercato mondiale, pari all’1% in meno rispetto al 2019. A determinare il calo soprattutto la Spagna (-6%) e la Francia (-5%), con l’Italia che si attesta ad un più contenuto -2%.

Chi scende in volume e quanto nel 2020 rispetto al 2019

Italia (20,8 milioni di ettolitri -2,4%); Spagna (20,2 milioni di ettolitri -5,9%); Francia (13,6 milioni di ettolitri -4,9%), Cile (8,5 milioni di ettolitri – 2,2%); Germania (3,4 milioni di ettolitri -10,3%) e Sud Africa (2,6 milioni di ettolitri -11,9%)

Chi sale in volume e quanto nel 2020 rispetto al 2019

Australia (7,5 milioni di ettolitri +0,5%); Argentina (4 milioni di ettolitri +27%); Usa (3,6 milioni di ettolitri +1,8%); Portogallo (3,1 milioni di ettolitri +5,3%) e Nuova Zelanda (2,9 milioni di ettolitri +6%).

 
 L’export in valore nel 2020

Passiamo quindi al dato peggiore dell’export. Il calo in termini di valore che, abbiamo detto, è stato del 6,7% a livello globale, attestandosi a 29,6 miliardi di euro. Lo abbiamo detto: la chiusura dell’Horeca ha fatto la differenza. I vini premium ne hanno inevitabilmente risentito.

Anche in questo caso, però, a confermarsi leader nell’esportazione sono state Francia Italia e Spagna rispettivamente con 8,7 miliardi di euro, 6,2 miliardi di euro e 2,6 miliardi di euro. Insieme detengono il 59% del valore totale dei vini esportati nell’anno della pandemia. Positivo sì, ma a fronte di un “segno meno” in termini di valore importante soprattutto per la Francia (-10,8%), cui segue la Spagna (-3,4%) con l’Italia che anche in questo caso dimostra la maggiore resilienza (-2,4%).

Se l’Italia esporta di più in volume, in valore leader resta, quindi, la Francia.

 

Chi scende in valore e quanto nel 2020 rispetto al 2019

Francia (-1,1 miliardi di euro pari al -10,8% rispetto al 2019); Germania (-162 milioni di euro pari al -16% rispetto al 2019); Italia (-154 milioni di euro pari al -2% nel 2019); Cile (-121 milioni di euro pari al -7% nel 2019); Usa (-107 milioni di euro pari al -9% rispetto al 2019 e Spagna (-92 milioni di euro pari al -3% rispetto al 2019).

Chi sale in valore e quanto nel 2020 rispetto al 2019

Nuova Zelanda (+49 milioni di euro pari al +4% rispetto al 2019) e Portogallo (+27 milioni di euro pari al +3% rispetto al 2019).

 

Stime Oiv: i mercati si diversificano e anche i prodotti. Se le bottiglie restano insuperabili, ci sono altri formati che conquistano…a cominciare dai Bag in Box

Il presidente Oiv lo ha detto: per sopravvivere imparare a diversificare. L’adattamento, in tempo di guerra o se preferite di cambiamento, è fondamentale. E i dati lo confermano. Andiamo in fatti a vedere come è andata nell’export a seconda della tipologia di prodotto commercializzato.

 

Le bottiglie restano il must

La bottiglia si conferma il must per il vino: rappresenta anche nel 2020 (così come nei due anni precedenti) il 53% dei volumi commerciati durante l’anno. Le quote di esportazione in bottiglia si registrano maggiormente in Portogallo (81%), Germania (73%), Francia (71%) e Italia (59%). E comunque sia i vini in bottiglia rappresentano il 70% del valore totale dei vini esportati nell’anno della pandemia. E le maggiori quote in termini di valore le detengono Portogallo (92%), Argentina (89%), Cile (81%) e Australia (77%).

Le bollicine

Sono stati sulla cresta dell’onda per anni, rappresentano ancora oggi, anche per l’Italia, uno zoccolo duro, ma per i vini spumanti la pandemia è stata una vera mannaia. Nel 2020 hanno perso in volume il 5% e in valore il 15% rispetto al 2019. E come poteva essere diverso? Le festività, occasione di socializzazione si sono andate a fare benedire a causa del Covid, così come la possibilità di brindare nei locali. Uno scotto che hanno pagato caro Italia, Francia e Spagna che hanno visto scendere rispettivamente del 2, del 13 e del 5% l’export delle bollicine nel 2019.

Nonostante il momento difficilissimo, i vini spumante, hanno comunque reappresentano il 19% delle esportazioni mondiali in termini di valore.

 

La crescita del Bag-in-Box

Se ai puristi possono far storcere il naso, i Bag-in-Box nell’anno della pandemia hanno visto crescere la loro presenza sui mercati. Nel 2020 questo formato ha infatti rappresentato il 4% dei volumi esportati a livello mondiale e il 2% del valore totale. Sono andati alla grande sia in termini di valore in Germania, Sud Africa e Portogallo. A livello globale è la tipologia di prodotto cresciuta maggiormente rispetto a qualunque altra (-12% in volume e +8% in valore).

E la crescita c’è stata anche in Italia, Spagna e Francia. Paesi dove i BiB hanno tutti fatto registrare il segno più. Rispettivamente queste le percentuali esportate in termini di volume (27%, 41% e 13%) e queste in termini di valore (21%, 23% e 7%).

 

Lo sfuso

Resiliente il vino sfuso che ha mantenuto stabili i numeri dell’export nel 2020 facendo addirittura registrare una crescita in valore del 4% rispetto al 2019. Questi i Paesi in cui la quota di volume è andata alla grande: Usa (63%), Spagna (52%), Australia (51%) e Sud Africa (46%). Una crescita importante si è registrata in Argentina: +81%, così come la crescita c’è stata in Nuova Zelanda (+26%), Usa (+15%) e Australia (+11%).

Il calo di è invece registrato in Germania (-32%), Portogallo (-19%), Sud Africa (-18%), Italia (-15%) e Spagna (-10%):

 

Paesi Importatori: ecco nelle stime Oiv i principali a livello globale

Chiudiamo questa lunghissima analisi andando a vedere quali sono i Paesi principali importatori di vino. Sul tetto del mondo Regno Unito, Germania e Usa che hanno importato insieme 41 milioni di ettolitri di vino: il 39% del totale mondiale. insieme rappresentano il 38% del valore totale delle importazioni mondiali per un totale di 11,5 miliardi di euro.

 

Regno Unito

Per quanto riguarda il Paese della Brexit il 2020 si è chiuso con 14,6 milioni di ettolitri di vino importato (+4% rispetto al 2019), a fronte di un calo in valore del 4% (3,8 miliardi il totale).

Restano i vini spumanti i vini più importati (18% del totale del valore delle importazioni del Paese, con un calo del 19% rispetto al 2019 quando rappresentavano il 21%). La crescita maggiore c’è stata per il vino sfuso (+11% in volume rispetto al 2019 e +12% in termini di valore).

 

Germania

E’ il secondo importatore mondiale in termini di volume (14,1 milioni di ettolitri) e il terzo in temrini di valore (1,6 miliardi di euro). Il vino sfuso è quello che va per la maggiore (57%), sebbene con un calo del 7% nell’anno della pandemia. Calo che in termini di valore è stato del 3%. Regge il vino in bottiglia che anzi registra un +1% in valore rispetto al 2019 per un totale del 38% delle importazioni, e un 65% in valore.

 

Usa

Il valore delle importazioni nel 2020 è sceso e molto: -11% (5,2 miliardi di euro il valore totale), ma si è comunque tradotto in 12,3 milioni di ettolitri (il volume). E’ il Paese che, in termini di valore, importa di più. Lo sfuso rappresenta il 30% del volume complessivo importato (+9% nel 2020). Contrazioni le hanno fatte comunque registrare sia il vino in bottiglia che le bollicine che rappresentano rispettivamente il 72% e il 22% del valore, e che sono scesi  del 12 e l’11%, forse anche a causa dei dazi imposti su alcuni vini europei.

Ci sarebbe ancora molto da dire sulle stime Oiv. Tanti dati da dare. Quel che emerge è chiaro. Il conto più salato la pandemia lo ha presentato ai vini premium e quindi all’Horeca, ma il settore, nel complesso è stato capace di reggere. La base perfetta per una ripartenza che, proprio dall’eccellenza, dovrà saper ripartire…

 

 
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