"O ti adatti o muori". L'interessante articolo a firma di Stephen Rennekleiv che ci costringe ad una profonda riflessione. Si cambia, ma forse tutto è già cambiato. Il vino deve puntare sulla ristorazione? Perché? Scopriamolo insieme...

Sopravvivere durante l’era Covid per le imprese del vino è una questione di “resilienza aziendale”. Lo sostiene Stephen Rennekleiv, il Beveral Global Strategist per RaboResearch che opera per il Food and Agribusiness di Robobank, l’istituto bancario e finanziario multinazionale olandese con sede a Utrecht.

Ci imbattiamo nella lettura di questo interessante articolo navigando su Wine Industry Advisor e troviamo l’articolo pubblicato decisamente interessante. Rannekleiv, infatti, si è concentrato sull’industria del vino negli ultimi 15 anni. Ne ha studiato tendenze e prestazioni sul mercato in riferimento all’anno horribilis: quello che ci apprestiamo a salutare, il 2020. Ed è giunto ad una conclusione. Non è questione del “quando il gioco si fa duro i duri iniziano a giocare”, ma piuttosto del “o ci si adatta o si muore”. Più drastico, ma il concetto lo rende decisamente meglio.

Entriamo allora nel dettaglio di quanto emerso dalla sua analisi.

 

“O ti adatti o muori”: il monito di Rannekleiv per sopravvivere all’era Covid. Ce la farà chi ha una grande “resilienza aziendale”. E’ un fatto culturale!

Rannekleiv parte da un’osservazione base: il declino delle vendite di vino e degli alcolici in generale ha letteralmente spezzato, se non spazzato, alcune aziende. Altre invece, hanno visto salire le loro vendite facendo proprio dell’anno Covid l’anno migliore. E sicuramente ad essere favorite, sottolinea, sono stati i più grandi rivenditori. Eppure, aggiunge, non è solo questione di dimensione. E’ questione di velocità. La lentezza non appartiene a questo tempo. Un tempo in cui, ammettiamolo, si accelerano i cambiamenti che vanno dall’approccio sostenibile, fino alla logistica dei trasporti. Insomma, una rivoluzione tout court in cui non ci si può gongolare troppo e troppo a lungo.

Se dunque, aggiunge, è vero che per le aziende più grandi sarà più semplice recuperare le entrate perse per la chisura di bar e ristoranti grazie alle vendite online, la realtà è che tutto sarebbe sostanzialmente inutile se non ci fosse quella che definisce “resilienza nella propria cultura aziendale”.

Cosa intende? Che ad aver sbagliato è chi ha ragionato secondo un “va bene, mi siedo e aspetto di tornare alla normalità”. Chi invece ci ha messo creatività di idee, ha puntato su campagne mail, ma anche sulle più classiche telefonate e dunque ha scelto il contatto diretto con il cliente…ne è uscito vincitore. Esserci, essere tempestivi, dunque, fa la differenza. E siamo sempre lì. L’intermediazione ce la dobbiamo (quasi) dimenticare, perché allunga le distanze; il tempo, se non apporta alcun valore destinato ad essere percepito.

 

L’esempio di ‘resilienza aziendale’ che arriva dal Cile: ecco come il distributore Vct ha fatto del 2020 l’anno di maggiore crescita

Chiaramente per ben spiegare cosa si intende Rannekleiv porta un esempio. Lo stesso che è stato presentato nella newsletter trimestrale del vino di Rabobank ad ottobre 2020: il rinnovo di Vina Concha y Toro (Vct), un distributore di vino cileno.

Secondo quanto emerso Vct, che con i suoi vini di grande pregio andava fortissimo, non si è rilassato su questo. Ma anzi, chi muove l’azienda e ci mette le idee, ha puntato su una vera e propria riorganizzazione dell’offerta puntando ancora più in alto e cioè al mercato premium per eccellenza. Era quello l’obiettivo. Quello che, per la sua realtà, avrebbe permesso di non perdere quote di mercato. Cosa ha fatto? Ovvio: ridotto i costi e rivisto la strategia commerciale.

Il risultato? una migliore redditività che ha permesso di liberare quei fondi che hanno consentito di rafforzare la propria strategia commerciale. Vct, a quanto riferisce l’articolo, ha quindi fatto una scelta chiara: ha ristretto il proprio portafoglio, ma mirando ad un obiettivo chiaro: quello di mantenere elevate le quote di mercato, riuscendo a centrarlo grazie ad un nuovo e innovativo marketing. La realtà cilena ha così aumentato i ricavi del 16,5% nel secondo trimestre del 2020, quando molti ormai già annaspavano.

 

Abbattere i costi, eliminare gli intermediari, avere fondi per investire su marketing e logistica: la velocità è alla base…ed Enolò il messaggio lo ha colto prima del Covid

Un esempio “big”, ma che come sempre deve far riflettere a tutti i livelli. In fondo le esigenze di un settore non sono diverse che si ragioni “in grande” o “in piccolo”. Ognuno, nella sua dimensione e proporzione, ha lo stesso obiettivo: non perdere e anzi allargare il proprio mercato. In tempo di pandemia quanto meno quello di mantenerlo saldo, anche se saldo, non vuol dire per forza identico. E’ questo che ci pare di capire emerga da quanto accaduto in Cile.

Farlo vuol dire investire. Investire vuol dire avere vere risorse. Averle significa, di questi tempi, saper tagliare i costi, senza per questo rinunciare a qualità ed efficienza, ma anzi potenziandola. Uno scenario in cui noi di Enolò ci sentiamo fortemente chiamati in causa con le soluzioni che proponiamo. Partire da un ragionamento B2B per approdare a quello B2C, a nostro parere, è fondamentale. E se si vogliono ridurre i costi per poter investire in marketing e comunicazione, il futuro, lo ritengono le fonti più autorevoli, passa per qualla Platform Economy su cui la nostra azienda ha deciso di puntare.

Accade ad esempio per la logistica B2B per cui proponiamo servizi warehousing & fulfillment che consentono alla cantina di delegare ogni attività operativa a valle dell’imbottigliamento: deposito in conto terzi, picking, approntamento ordini, pick and packing, spedizioni puntuali, anche in modalità drop-shiping, con consegne in 24/48 ore. Ma anche per il marketing, dove grazie alla nostra Carta dei Vini e Menù, si possono promuovere prodotti e iniziative della propria attività, sia essa un ristorante o qualunque altro dealer di settore, consentendo il pieno controllo delle attività di vendita/acquisto.

 

Il coraggio di fare scelte difficili e di rivedere la propria strategia aziendale. Il vino punti sulla ristorazione. La consegna a domicilio è un mercato tutto da scoprire

Torniamo allora a questo concetto di “resilienza aziendale” di Rannekleiv. Questa, spiega, si traduce anche nella capacità di saper prendere decisioni difficili. Anche quella di pensare di cambiare target. Quello che ci si deve sempre chiedere, sottolinea, è: cosa ho da offrire? Quali sono le mie abilità? Cosa devo fare per continuare a restare in gioco e addirittura crescere?

E può sorprendere il fatto che proprio la ristorazione, il settore che più di tutti sta soffrendo le restrizioni dettate dalla pandemia, sia quello cui strizzare l’occhio. La nuova chiave di lettura sono asporto e consegna, afferma.

Come giustamente fa notare “nessuno ordina vino con il cheesburger”. Ma questo non vuol dire che non ci si voglia concedere un drink a cena. “Dobbiamo pensare che l’on-premise rappresenti una quota minore del mercato complessivo, ma saper sfruttare l’occasione. Il mercato sta cambiando. Che ruolo ha il vino quindi? Come ci si adatta?”.

Innegabile che il 2020 sia stato un anno complicatissimo per l’industria del vino. Come spiega, nei carrelli dei consumatori gli alcolici che rappresentavano il 5%, oggi sono scesi allo 0,7%.

Signori sì, è tempo di cambiare. Cambiare le strategie di mercato. Mentre rivenditori e ristoratori si ingegnano tra packaging e modi efficaci per far sì che si ordini l’asporto da loro, il settore vino non può restare a guardare. “Questo è il problema – spiega bene Rannkleiv -. Devi assicurarti che i ristoranti capiscano l’impatto dovuto alla mancanza di non offrire vini e prodotti da bere. Dove dunque inserire l’offerta del vino, in un ordine per la consegna di una cena da asporto?”. Per lui sono queste le sfide. E’ a questo che, oggi, bisogna adattarsi. E noi di Enolò stiamo lavorando anche in questo senso, estendendo ogni giorno le soluzioni con cui affrontare la situazione.

Il consiglio di Rannekleiv lo facciamo nostro: le aziende, grandi e piccole, ascoltino il mercato. “Se non ti adatti non sopravviverai”, tuona. “nessuno ha il diritto dato da Dio di avere successo. Coloro che non sono disposti ad adattarsi cadranno nel dimenticatoio. E’ sempre stato così”. Come si fa a dargli torto?