L'indagine Uiv-Vinitaly scatta una fotografia complessa per il settore che tra rincari energetici e delle materie prime teme la recessione: il peggio non è passato

La crisi pesa sul mondo del vino. Tra rincari energetici, delle materie prime e l’ansia da recessione il 2023 si proietta come un anno estremamente rigido per il settore.

E’ quanto emerge dai dati dell’osservatorio Uiv-Vinitaly (la seconda parte dell’indagine anticipata ad ottobre) che scattano una fotografia complessa, ma che come ogni problema necessita di interventi che mirano a soluzioni capaci quantomeno di contenere i danni.

 

La crisi fa male al settore: i rincari di materie prime e dell’energia alle imprese costeranno nel 2022 ben 1,5 miliardi di euro in più!

Parliamoci chiaro che ripercussioni ci sarebbero state in un quadro storico tanto complesso era a dir poco inevitabile. L’indagine presentata a wine2Wine di Veronafiere entra nel dettaglio delle questioni che si abbattono sul settore e in cima a tutto ci sono sicuramente i rincari.

Rincari che, è bene ricordarlo, riguardano non solo le imprese con anche la conseguente minor capacità di acquisto da parte dei consumatori: un danno nel danno perché coprire le spese diventa ancora più complesso.

Per quanto riguarda il settore vino la crisi determinata dai rincari energetici e delle materie prime secche per le aziende si è tradotto in un amento dei costi dell’83 per cento, pari a 1,5 miliardi di euro.

Tante volte ci siamo occupati dell’aumento del prezzo del vetro, ma anche di tappi e carta e sui bilanci delle imprese vitivinicole il conto per il 2022 sarà salato. Quanto mai attuale dunque il dibattito che si è aperto sui nuovi packaging che, piaccia o non piaccia, va affrontato. Alla fine dell’anno, secondo l’indagine Uiv-Vinitaly il margine operativo lordo sarà del 10 per cento: nel 2021 era del 25 per cento. Si va peggio del 2020, anno della pandemia, quando è stato del 17 per cento. Insomma quello che sembrava il periodo peggiore a quanto pare non lo era.

 

Le proiezioni del 2023 raggelano: sarà sempre peggio

Questi i dati “certi” allo stato attuale delle cose. Quel che spaventa è quanto potrebbe avvenire del 2023. Il margine operativo lordo previsto potrebbe scendere addirittura al 4 per cento facendo crollare anche il fatturato del 16 per cento tanto che sarà difficile a coprire i costi in decremento (al meno 11 per cento), ma sempre relativamente alti.

Tradotto nel 2023 il perdurare delle difficoltà e l’accumularsi di quelle che oggi già si vivono, farà sì che si perdano 900 milioni sul margine operativo lordo per un totale di 530 milioni di euro contro i 400 del 222 e i ben 3,4 miliardi del 2021.

 

Le vendite tengono la botta della crisi, ma non sono sufficienti a coprire i costi

E le vendite? La crisi si fa sentire anche per questa voce, ma il calo per il 2022 sarà abbastanza “contenuto”. Si prevede infatti un meno un per cento a volume pari a 41,4 milioni di ettolitri, ma in valore resta il segno più grazie soprattutto alla vendita diretta e l’horeca. Un 6 per cento che si traduce in 14,3 miliardi in più.

Questo il dato confortante che d’altra parte va di pari passo con le tante notizie che si hanno sulla resistenza dei fine wine e anche sulle scelte delle Carte dei vini che proprio sui vini di pregio non stanno conoscendo crisi. Questo vuol dire però che a reggere è il mercato di chi di spendere di più se lo può permettere. Ma in un momento di crisi è bene che ci sia una fetta di mercato capace di tenere botta.

E botta la tiene soprattutto l’export. A livello di valore ci si aspetta una crescita di ben il 10 per cento a fronte dell’un per cento che si prevede dentro i confini nazionali, con i volumi stabili per il Bel Paese e in leggera contrazione nei mercati internazionali soprattutto Stati Uniti, Germania e ovviamente, vista la contingenza storica, anche Cina e Russia.

Buone notizie che comunque, sottolinea l’indagine, non vanno comunque a coprire tutti i costi e a dimostrarlo è il fatto che le imprese hanno chiesto ai distributori di aumentare i listini mediamente del 12 per cento.

 

Essere primi produttori al mondo, con le contingenze attuali, non è un bene: il surplus è un problema, bisogna rivedere l’imbottigliamento

L’horeca, il settore che più ha sofferto la pandemia, è dunque quello che insieme alla vendita diretta dà il supporto maggiore. Purtroppo però non basta perché il 2022 non si chiuderà affatto bene. Non va infatti neanche bene sotto il profilo della sovraproduzione. Essere i primi produttori non è infatti un bene in questo momento nonostante la flessione.

L’invenduto è un “peso” per il settore. Secondo l’indagine, infatti, per aiutare ad alleggerire la filiera delle eccedenze permettendo alla parte “sana” e messa in commercio di “liberare energia” ci vorrebbe una riduzione di produzione di 3 miloni di ettolitri.

Un problema soprattutto per lo sfuso ecco perché l’appello è a fare ordine sui prodotti certificati dato che sulle 458 Dop e Igp esistenti sono 90 hanno un tasso di imbottigliamento sopra l’80 per cento con  270 delle denominazioni pari al 60 per cento, sotto il 60 per cento di imbottigliato.

 

Per il mondo del vino sarà un altro anno di resilienza, servono risposte dalle istituzioni che rassicurano, basterà?

Il 2023 sarà dunque l’ennesimo anno della resilienza e il vino che è capace di esserlo, lo ha dimostrato. Ma da soli è difficile reggere ad anni così complicati. La pandemia è stata un grande banco di prova e il settore, che è sempre e comunque un traino dell’economia italiana, ha tenuto botta.

Ma la crisi si acuisce e dell’aiuto delle istituzioni non si può fare a meno. A rassicurare è stato il neo ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida che in videocollegamento è intervenuto all’appuntamento al Veronafiere. Dal ministro l’annuncio che si intende agire sul fronte delle accise per aiutare il settore e tutelarlo. L’occasione anche per ricordare che l’Italia ha detto “no” al taglio del vino dai fondi della promozione orizzontale.

Il ministro ha invitato ad un confronto aperto per avanzare proposte e trovare soluzioni normative ed economiche per far sì che le imprese restino competitive.

Staremo a vedere.