Il dibattito è aperto e con l'aumento di energia, gas e materie prime c'è anche chi chiede di dire basta al vetro e sì ai nuovi imballaggi, anche per ragioni di sostenibilità

Le tanto amate bottiglie di vetro in cui siamo abituati a vedere il vino continuano ad essere al centro del dibattito nel settore in Italia e fuori dai confini nazionali. Se dal mondo dei wine writers era arrivata la richiesta di alleggerirle, oggi c’è chi chiede di non utilizzarle più e se per la presidente di Ascovilo, Giovanna Prandini, è una necessità dettata dal fatto che è il modo migliore per fermare gli aumenti che le hanno viste protagoniste, dall’altra parte dell’oceano c’è chi ne fa una questione di sostenibilità.

Facciamo il punto e cerchiamo di capire se davvero dovremmo dire addio al vino in bottiglia…di vetro!

 

Bottiglia in vetro: l’aumento del costo per la materia prima c’è e nella magica Burano la situazione è drammatica, il rischio è che tante aziende possano chiudere!

Partiamo dal problema principale: l’aumento dei costi. Il momento è difficile in tutti i settori e anche in quello del vetro non va meglio. Tutti, tra aumento del costo delle materie prime e dei trasporti, esponenti crescite dei costi delle bollette e il carico da novanta che ci sta mettendo la guerra in Ucraina, hanno ritoccato i listini. L’industria del vetro non fa eccezione.

Come riferisce all’Ansa Massimo Noviello, presidente e amministratore delegato di O-I, una delle maggiori aziende per la produzione di bottiglie e vetri per le confetture, il rialzo c’è stato ed è stato inevitabile. “In un anno – spiega – il prezzo del gas per noi è aumentato sei volte, passando da 20 euro a megawatt a 120. Quello dell’energia è triplicato, salendo da 60 a 240 euro. Noi produttori di vetro – prosegue – già prima della guerra in Ucraina avevamo il gran timore di non farcela a mantenere le forniture per gli effetti del caro energia che si sono sviluppati a partire dall’ultimo trimestre del 2021, insieme a inflazione, rincaro delle materie prime e trasporti. Un quadro difficile per noi vetrai, ma anche per l’industria della carta, ceramiche, alluminio, manifatture più energivere. Una situazione che – aggiunge – rischia di veder fermare le nostre fabbriche”. Cosa che, precisa, in altri Paesi d’Europa è già successo.

La crisi dell’eccellenza

L’Italia, lo sappiamo bene, nella produzione del vetro e dunque anche per le bottiglie in vetro in cui tanto amiamo vedere il nostro vino, ha un nome che fa eco in tutto il mondo: quello di Burano. Beh, riferisce sempre l’Ad O-I, qui la situazione è “drammatica. Noi vogliamo garantire di poter continuare a produrre, cercando di avere un minimo di margini nonostante i fornitori alla porta che sollecitano pronti pagamenti. Con la corsa dei prezzi delle materie prime sono di fatto saltati – afferma ancora – i contratti di lungo termine e la filiera del vetro non ci sta dentro i costi di produzione attuali”. Una prima volta, chiosa, che nessuno avrebbe mai né voluto e né immaginato e che purtroppo ricade anche sul cliente finale.

Costi che pesano soprattutto sui piccoli, non di certo sulla grande distribuzione. Se sugli aumenti Noviello parla di prezzi inferiori a quelli denunciati dall’Uiv e da alcuni produttori di Prosecco, sul fatto che ci siano dubbi non ne ha.

 

Prandini (Ascovilo): “se vogliamo evitare di aumentare il prezzo del vino è ora di dire stop alla bottiglia di vetro e spostarsi su packaging più economici e sostenibili”

Ph: canned wine – wikimedia

Questa, se vogliamo, la premessa. Poi la proposta: decidere un vero e proprio stop all’uso delle bottiglie di vetro per il vino. Ad avanzarla la presidente di Ascovilo (l’associazione che riunisce i consorzi del vino lombardi) Giovanna Prandini. Un aumento dei vini sarà inevitabile, ha detto all’Agi, a meno che non vengano autorizzati materiali diversi nei disciplinari diversi di produzione e non si imbottigli, ad esempio, con alcuni tipi di cartone o di plastica.

Il problema è per tutti lo stesso: l’aumento dei prezzi e la guerra che arrivano proprio, spiega Prandini, quando la domanda era in ripresa dopo due anni di pandemia.

“Il vetro da marzo ad aprile aumenta del 12% – spiega -. Ci è stato comunicato con un mese di preavviso, quando il mercato è già uscito con i listini del 2022. E’ evidente che la filiera dovrà proteggersi. Non c’è alternativa al vetro. Se il disciplinare dice che il tuo vino è Lugana doc o Garda doc solo se imbottigliato in vetro, bisogna cambiare il disciplinare e non si fa in un giorno”. Per questo, ribadisce, si potrebbe pensare di iniziare a sperimentare nuovi imballaggi e quindi nuovi materiali.

Nonostante tutto Prandini spera “che i produttori di vino possano in parte assorbire questi aumenti per non scaricare tutto su hotel, ristoranti e bar, che sono stati particolarmente colpiti durante la pandemia. Se noi ci comportassimo come i nostri fornitori dovremmo risolvere il problema scaricando a valle il costo“, denuncia. L’auspicio è che la filiera “si rifiuti di farlo”. Questo implica però altre soluzioni per sopravvivere. Sì perché gli aumenti, afferma, potrebbe mandare tutto con le gambe all’aria. Ecco che allora la soluzione potrebbero essere i “contenitori sostenibili” che, oltre a far risparmiare, avrebbero un minore impatto ambientale. 

Il suo, in realtà, è un vero e proprio j’accuse verso chi guida la filiera che non si sarebbe fatto problemi ad aumentare i prezzi creando un effetto a catena che arriva fino al consumatore finale. “Tutto ci si aspettava dopo la pandemia – conclude parlando all’Agi – tranne la mancanza di solidarietà di tutta la filiera. Se vogliamo promuovere il made in Italy è paradossale che i produttori di vino rimangano senza vetro, cartone o gabbiette per gli spumanti in Italia e debbano rivolgersi al mercato internazionali”.

 

Anche oltreoceano c’è chi ipotizza un addio alla bottiglia di vetro: è più green e alluminio e cartone, ormai, sul mercato ci sono e guadagnano terreno

Costi o no, sul tema packaging sostenibile il dibattito va avanti da tempo. Sul San Francisco Chronicle, ad esempio, è stato pubblicato un articolo in cui si invitano i consumatori di vino a scegliere la lattina e il cartone. Non per ragioni di “costi”, ma per questioni di sostenibilità.

Lattine e bag-in-box questa, sostiene il San Francisco Chronicle, dovrebbe essere la scelta. Nel pezzo viene riportata una ricerca condotta dalla Finch, azienda che assegna le classifiche di sostenibilità dei prodotti. Secondo quanto emerge le impronte di carbonio delle bottiglie di vetro è circa 5 volte maggiore e il consumo di acqua circa 4 volte maggiore rispetto a quello del bag-in-box. Questo nonostante il fatto l’interno sia in plastica, ma in una quantità che, comunque, sostiene l’indagine, ha un impatto minore rispetto a quello de vetro. E forse il problema è anche nel fatto che negli Usa, scopriamo, solo il 30% del vetro viene riciclato (dati dell’Agenzia per la protezione ambientale”.

L’alluminio sarebbe la scelta migliore. Sì, il vino in lattina per intenderci. Si ricicla più facilmente tanto che il 75% di quello che oggi circola negli Usa viene proprio dal riutilizzo secondo Finch. Anche sui trasporti ha un impatto diverso: è più facile da portare, è più leggero, si impila più facilmente e dunque permette ai camion di emettere meno emissioni di gas serra mentre viaggia. Un litro di lattine di alluminio, emerge dall’indagine, pesa il 30% in meno di un litro di bottiglie di vino in vetro.

 

Davvero dovremo dire addio al vino in vetro? Difficile possa succedere…non sarebbe meglio la convivenza?

Ma davvero siamo pronti ad abbandonare il vino? E sarebbe davvero la scelta giusta? Non sta a noi dirlo, ma forse come spesso accade il giusto sta nel mezzo, come dicevano i latini. Inutile negare che i nuovi modelli di packaging sostenibile siano ben più di una moda. Solo cinque anni fa parlare di vino in lattina sembrava quasi un’eresia, ma già nel 2020 rappresentava un mercato da 2010 milioni di dollari. Entro il 2028, prevede la Grand View Research, aumenterà del 13,2%. Insomma ci sono, esistono, si consumano e fanno spendere meno. Esattamente ciò che sta accadendo anche con il bag-in-box per anni considerato come contenitore di sere B.

Secondo quanto riferisce il San Francisco Chronicle anche per questo formato le cose stanno cambiando. Negli Usa ci sono aziende di vino boutique che le hanno scelte e persino il master sommelier Andy Myers ne ha prodotta una linea.

La realtà, però, è che il vetro resiste e resisterà. Anche perché il fascino, alla bottiglia di vetro, non lo toglie proprio nessuno. La soluzione possibile, dunque, è che i due settori imparino a convivere nel mercato seppur ci sia chi ritiene che alla fine saranno i nuovi imballaggi a vincere, o meglio a dominare.

Staremo a vedere.