le cantine si "rimpiccioliscono": luci e ombre di un momento difficilissimo per il settore vino nell'horeca nell'indagine Fipe presentata alla Milano Wine Week
Sulle carte dei vini sono le bottiglie di pregio le più vendute, ma le cantine sono meno fornite. E’ quanto emerso dall’indagine Fipe presentata in occasione della Milano Wine Week che ha scattato una fotografia difficile del settore, nonostante la grande resistenza della qualità.
Il doppio binario del mondo del vino nel settore ristorazione: i vini di pregio crescono, ma chi non può permetterselo alla bottiglia rinuncia
E’ un doppio binario quello su cui sta correndo il settore della ristorazione, anche per quanto riguarda il vino. Se infatti da una parte le ordinazioni di bottiglie di pregio presenti sulle carte dei vini aumentano, dall’altra c’è chi per risparmiare il vino non lo ordina. Prima la pandemia, ora i rincari, il peso si fa sentire sui consumatori, ma anche sui ristoratori. Sì perché anche loro investono meno per rinnovare la loro cantina.
Un momento difficile, dunque, per quel binomio ristorazione-valorizzazione del vino italiano che non sembra per ora capace di superare l’impasse vista già quando è arrivato il covid.
I numeri sono quelli cui guardare. Se nel 2020, si legge nel report Fipe, il valore complessivo del mercato del vino venduto attraverso l’horeca e dunque in hotel ristoranti e per mezzo dei catering, aveva subito secondo la Uiv una flessione del 38 per cento, un anno più tardi ecco un parziale effetto rimbalzo pari ad un più 28,5 per cento.
La qualità premia (chi può permettersela), ma dimostra anche quanto la Carta dei vini sia importante per un ristorante…senza non si può stare!
La buona notizia è che la qualità premia. Sì perché proprio i prodotti di maggio pregio, a cominciare dal vino, sono quelle che stanno beneficiando maggiormente delle riaperture. Lo dice anche l’analisi Mediobanca riportata dalla Fipe. I vini premium hanno aumentato le vendite del 14,5 per cento in valore assoluto, i super premium sono arrivati addirittura ad un più 24,5 per cento con gli ultra premium che schizzano ad un più 32,8 per cento e i cosiddetti vini “icon”, ovvero iconici che al ristorante constano più di 50 euro, cresciuti del 33,2 per cento nelle vendite.
Numeri questi che, restando nell’aspetto positivo (perché anche il negativo c’è), ci dicono ancora una volta quanto sia importante avere una Carta dei vini competitiva e capace di parlare la lingua della qualità. Uno strumento che oggi, anche alla luce di quell’aspetto negativo di cui ora parleremo, ha forse ancor più bisogno di una flessibilità tale da non dover puntare sulla quantità, ma appunto sulla qualità. Qualità che, è bene ricordarlo, non è solo dell’eccellenza.
I rincari di bollette e materie prime sono l’altra faccia della medaglia: i ristoratori investono meno in bottiglie, i consumatori ne chiedono meno…bisogna intervenire!
Se questo è bene, il malus in questa fotografia arriva dal problema che sta piegando tutti: dalle famiglie alle imprese. Ovviamente parliamo del caro bollette e del caro delle materie prime che hanno ricadute devastanti su chiunque.
I prezzi variano e questi non possono che non incidere sulla ricchezza della cantina tanto che, spiega la Fipe, il 98 per cento degli operatori del settore ha registrato una crescita dei prezzi di acquisti mediamente del 12 per cento: tantissimo.
Se i prezzi non bastano a colpire, al resto ci ha pensato la crisi determinata dalla pandemia. Ben il 55,5 per cento dei ristoratori, emerge dall’indagine Fipe, ha ridotto gli acquisti di vino. Parliamo di più della metà. Il 29,9 per cento, un’alta percentuale anche questa, ha deciso di limitare il numero di etichette presenti in cantina e, di conseguenza, anche sulla carta.
Mediamente non si spendono più di 17 euro per una bottiglia di vino. D’altra parte non sono i soli a cambiare “abitudini”. I consumi al ristorante scendono. Lo dicono gli addetti ai lavori secondo cui il calo complessivo della clientela e la minor capacità di spesa da parte delle famiglie porta a prendere meno il vino.
Non è così per tutti (fortunatamente) e chi al vino non rinuncia sa cosa vuole e questo è un dato cui guardare per correre ai ripari. Secondo l’indagine, infatti, il territorio di provenienza si conferma la discriminante principale e influisce nella scelta nel 68,2 per cento dei casi. Cresce l’attenzione per le etichette bio (42,2 per cento), ma, soprattutto, alta è la percentuale di chi al prezzo della bottiglia guarda. Lo fa il 48,9 per cento degli italiani.
Proviamo a guardare il “calice” mezzo pieno: partendo dalle bottiglie di pregio e le preferenze dei consumatori rendiamo più flessibile la cantina…attrarre si può!
Chiudiamo con una piccolissima riflessione. Se la fotografia non fa sorridere e se gli aspetti negativi non possono che avere un peso importante, proviamo a guardare il bicchiere mezzo pieno e prendere il buono che emerge dall’indagine.
Il buono è che la parte forte della produzione vitivinicola italiana regge il botto. Parliamo di chi produce vini premium che, spesso, è anche ambasciatore del Made in Italy nel mondo e sono loro oggi a dover proteggere le tante piccole e medie aziende d’Italia che, come in ogni settore, rappresentano l’ossatura del Paese.
Là dove emerge l’importanza della territorialità vogliamo vedere un’opportunità per tanti che cercano spazio nel mercato dove sono presenti a prezzi competitivi. Abbiamo sempre creduto che la flessibilità in cantina fosse importante e forse oggi lo è ancora di più. Se la quantità, a causa dei costi, diminuisce, non deve farlo per forza la qualità. Ecco perché è forse davvero arrivato il momento di rivedere la gestione della propria cantina.
Da diversi anni e in tempi non sospetti la nostra azienda ha puntato su servizi che ne permettessero una gestione più snella, ma nessuno poteva immaginare che ad accelerare certi cambiamenti sarebbero arrivati momenti tanto difficili da affrontare. Guardiamo avanti e speriamo di poter tornare a riempire presto anche l’altra metà del bicchiere e tornare a brindare…tutti quanti!
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