A New York il vegetable restaurant che punta su una winelist tutta "in rosa". Una scelta? Non proprio. Se la discrimazione ancora c'è allora arriva la giusta provocazione: "è stato un caso. Cercavo i migliori vini. Se sono fatti da donne sono gli uomini che devono farsi delle domande"

Cari signori del vino c’è una donna, in America, che non vuol sentir parlare di stereotipi. La sua nuova Carta dei Vini è frutto non di una decisione ponderata, afferma, ma di una casualità. Eh sì perché, sostiene, il fatto che sia tutta fatta di vini “al femminile” non è stata una scelta di marketing, ma la conseguenza del fatto che cercando tra i vini migliori per la sua Carta è venuto fuori che, negli States, i più meritevoli venivano proprio da cantine gestite da donne.Una cosa su cui – ha aggiunto senza girarci troppo intorno – gli uomini dovrebbero interrogarsi”.

Certo è che la particolarità della sua Winelist non è passata inosservata né a Forbes né a Food and Wine. Trovata pubblicitaria? Niente affatto. Innanzitutto perché affermarlo svilirebbe senza alcuna ragione il lavoro di quelle donne che hanno saputo far proprio un lavoro che ancora oggi qualcuno crede connotato da sembianze maschili. In secondo luogo perché, a quanto pare, Amanda Cohen non aveva bisogno di farsi notare. Lei, a New York, è già nota e aver dato alla sua carta dei vini una nuova identità capace di renderla volontariamente o meno, “diversa”, è solo l’ulteriore tassello del percorso di una donna che nell’essere donna ha visto sempre e solo positività.

E che sia al passo con i tempi lo dimostra la tipologia della sua Carta dei Vini: piccola ed estremamente flessibile. Se vi trovate nella Grande Mela e amate mangiare verdure (ma non chiamatelo ristorante vegano o vegetariano), dovreste dunque andare a scoprire la Winelist del Lower East Side: il nuovo locale della Cohen che ha ripensato e rinnovato il concept del Dirt Candy, il suo ristorante dell’East Village da soli 18 posti che ha fatto innamorare i “salutisti” americani.

 

Carta dei vini “in rosa”: una scelta casuale che non nasconde la voglia di valorizzare il lavoro delle donne

 

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Se la Cohen è il volto, il naso è quello di Lauren Friel, direttore del vino del suo ristorante. Lei, però, un poco lo ammette: alla casualità si è aggiunta anche la volontà. Se è vero che in America il sessismo in vigna, in cantina e persino in sala è decisamente meno presente che in altre parti del mondo, Italia inclusa, è pur vero che la parità è ancora lontana. La questione delle sommelier lo dimostra.

Eppure la qualità non manca così come i riconoscimenti e casa nostra ne è una delle dimostrazioni. Lo ha raccontato Donatella Cinelli Colombini, viticoltrice e presidente delle Donne del Vino, in un recente articolo del Sole24Ore; lo dimostra la copertina di Wine Spectator dedicata ad un’altra importante donna del settore, Marilisa Allegrini, e, se non bastasse, anche la scelta di Forbes di dedicare una lunga intervista ad Albiera Antinori, erede di un’azienda leader nel mondo divenuta tale grazie al padre Piero.

 

Femminilità e flessibilità

Eccola allora la Carta dei Vini del Lower East Side: 50 vini, con prezzi che vanno dai 40 ai 130 dollari, tutti usciti da cantine “dove al comando ci sono le donne“, spiega Friel. “Abbiamo una responsabilità verso chi subisce ancora discriminazioni dal punto di vista sociale”, ha aggiunto, ma ha ribadito che alla fine la winelist è stata il frutto di una ricerca fatta Stato per Stato, cantina per cantina.

D’altra parte, e c’è poco da ironizzare, le è capitato spesso, racconta, di non essere presa sul serio dai signori produttori proprio perché donna. Anche il personale, qui dalla Cohen, è quasi tutto al femminile. Vegetale, ma non vegano né vegetariano (la proprietaria non lo è), questo locale ha ripensato la ristorazione creando un menù degustazione fatto di “piccoli piatti divertenti” e puntando sempre più sul vino.

Con lo spirito di un’imprenditrice e l’animo di una donna che ama coccolare, il ristorante resta aperto anche di notte con una proposta che varia ogni due settimane e con lei anche la Carta dei Vini. La flessibilità, in cantina, è ormai un obbligo. Le persone amano sperimentare e il calice diventa uno strumento di conoscenza capace di raccontare migliaia di storie diverse.