Il silenzio assenso dell'Unione Europeo per i protagonisti del vino italiano apre un precedente pericoloso che danneggia la qualità e il mercato: chiesto l'intervento del governo
Scongiurato un rischio un altro si concretizza: in Irlanda sulle etichette del vino si potranno inserie gli “health warning” (allarmi sanitari).
Una decisione frutto di un “silenzio assenso” quella dell’Unione Europea, come oggi tutti denunciano, che ha sollevato un’ondata di polemiche visto il “sì” ottenuto nonostante il parere negativo espresso da Paesi come Italia, Francia e Spagna e con loro di altri sei Stati dell’Unione.
Parliamo delle voci più importanti dell’enologia europea: i maggiori produttori e i maggiori esportatori nonché quelli con una storia alle spalle secolare.
Il silenzio assenso della Ue scatena l’ira dei protagonisti dell’enologia italiana: un attacco gravissimo dalle conseguenze incalcolabili
Ad alzare la voce, in Italia, sono stati in tanti a cominciare dall’Uiv, dalla Coldiretti, dalla Confagricoltura e dall’associazione Città del Vino. Per tutti il via libera dato a Dublino sul cosa si può scrivere sulle etichette equipara di fatto il vino alle sigarette dato che sugli alcolici (tutti) si potranno riportare frasi come “l’alcol provoca malattie del fegato” o ancora “alcol e tumori sono collegati in modo diretto”.
Per tutti quello cui si è davanti è un pericoloso precedente che fa il paio con quella iniziativa (poi fermatasi) che la stessa commissione europea voleva mettere in atto inserendo il vino nella “black list” dei prodotti che possono provocare il cancro. Una vicenda risoltasi in positivo e che aveva fatto gioire tutti, ma ora, con l’autorizzazione data all’Irlanda i timori si ripresentano.
All’epoca si sottolineò come non si poteva fare un paragone tra vino e sigarette perché sembrava quasi si parlasse del vino non come prodotto di qualità, ma in riferimento all’abuso cosa che, va sottolineato, nulla ha a che fare con quella che è una vera e propria cultura.
Sugli “Health Warning” di Dublino tuona l’Uiv: Una “Babele” di etichette che fa male al settore e non risolve il problema dell’alcolismo
Tra i primi ad intervenire il presidente dell’Uiv (Unione italiana vini) Lamberto Frescobaldi per il quale “il silenzio assenso, che di fatto corrisponde a un via libera, di Bruxelles a Dublino relativo alle avvertenze sanitarie in etichetta per gli alcolici rappresenta una pericolosa fuga in avanti da parte di un Paese membro”.
Proprio il mancato intervento della Commissione metterebbe a repentaglio il principio di libera circolazione delle merci in ambito comunitario oltre al fatto che con il silenzio assenso si rischia di “sdoganare” un’idea che farebbe male a tutto il settore e che si potrebbe estendere anche ad altri prodotti. Quanto accaduto, dichiara ancora Frescobaldi, “segna uno scenario paradossale e ingovernabile, fatto di una babele di etichette all’interno dell’Unione europea che purtroppo non risolvono il problema dell’alcolismo, che dovrebbe essere basato su un approccio responsabile nei consumi di prodotti molto diversi tra loro”.
Dura la Coldiretti: il sì alle etichette irlandesi è “un attacco all’Italia”
Più dura la Coldiretti che nel via libera vede un attacco rivolto proprio all’Italia perché principale produttore ed esportatore mondiale con oltre 14 milioni di euro di fatturato.
Per il presidente Ettore Prandini vale il solito discorso: si va a paragonare la cultura del vino all’abuso di alcol il cui eccessivo consumo, dichiara, è “tipico dei Paesi nordici” e nulla ha a che fare con “il consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità ed a più bassa gradazione come la birra e il vino che in Italia è diventato l’emblema di uno stile di vita lento, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol. Il giusto impegno dell’Unione per tutelare la salute dei cittadini – chiosa – non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate”.
Per la Confagricoltura spianata la strada alla “deriva proibizionistica”: grave non aver ascoltato la voce dell’Italia e gli altri Paesi membri che hanno detto “no”
Già ai tempi (recenti) della black list si era temuta una “deriva proibizionistica”. Per la Confagricoltura quella strada ora è stata imboccata a danno del settore vitivinicolo europeo e questo preoccupa non poco.
Grave per il presidente Massimiliano Giansanti che la voce di Paesi come l’Italia non sia stata ascoltata così come quella di tanti altri Stati membri. La decisione crea, dichiara “un grave precedente e un potenziale ostacolo al commercio interno”. Anche per lui il paragone di fatto con l’abuso di alcol (oltre che la connessione ai rischi del fumo) è un altro tema estraneo alla questione e che si affronta con prevenzione ed educazione al consumo consapevole.
Radica, presidente delle Città del Vino chiede l’intervento del governo: a rischio l’uniformità del mercato e tra i consumatori si crea un ingiustificato allarmismo
Tra le voci che si sono levate anche quella del presidente delle Città del Vino Angelo Radica che segnala anche come questa decisione non faccia altro che creare allarmismo nei consumatori. Chiaro che, sottolinea, si va “a colpire in modo diretto l’export delle produzioni enologiche del Paese”, ma a rendere ancor più grave il fatto che questo via libera “lascia libertà di decisione agli Stati membri”. Un caos concorrenza che si tradurrebbe in possibili scorrettezze ai danni dei mercati più forti e che creerebbe “disinformazione ed allarmismo” sempre in ragione di quella mancata distinzione che si afferma mettendo in un unico calderone consumo e abuso.
“Come Città del Vino, all’interno del Patto di Spello – aggiunge Radica –, ci stiamo battendo su tutti i fronti per scongiurare questa semplificazione superficiale perché etichette in bottiglia mettono in stretta relazione il consumo di alcol a malattie del fegato (o tumori) sono fuorvianti verso il consumatore e demonizzano un prodotto come il vino al centro della dieta mediterranea”. Dieta mediterranea incoronata proprio nei giorni scorsi ancora una volta come la migliore al mondo.
L’appello delle Città del Vino è quindi al governo italiano perché si faccia parte attiva nel bloccare la norma e perché chieda chiarezza una volta per tutte al fine di tutelare il Made in Italy nel mondo.
“Auspichiamo inoltre che il governo – conclude Radica – investa risorse ed attenzioni su attività di educazione per far comprendere cosa sia il consumo consapevole di vino e cosa sia l’abuso indiscriminato di alcol, iniziando dalle scuole”.