L'indagine FederBio e AssoBio curata da Nomisma Wine Monitor ci dice che questo è un settore in costante crescita e che per il vino biologico Made in Italy il potenziale è infinto

Il vino bio non è un semplice trend, ma una certezza che ha grandi prospettive di crescita sia nei consumi che nei mercati e l’Italia è un simbolo a livello internazionale. Al dato si aggiunge il fatto che un italiano sul due nei suoi calici porta proprio questa scelta. E’ quanto emerge dal focus “Vino bio: trend & sfide” di FederBio e AssoBio curato da Nomisma Wine Monitor e promosso insieme a Veronafiere e Vinitaly.

Il vino biologico, dunque, come grande motore e grande potenziale espansore per l’enologia italiana sotto tutti i punti di vista. Vediamo perché.

 

L’Italia è leader del vino biologico in produzione, ma sui consumi si può fare molto di più!

Partiamo dai dati riferiti da Roberto Zanoni, presidente Assobio. L’Italia con 70mila produttori di vino biologico e 10mila imprese in fase di trasformazione è leader del settore in Europa. Non solo. Nell’export è in vetta insieme agli Stati Uniti, ma sui consumi si è molto indietro rispetto a Paesi come Germania, Francia, Svizzera e Danimarca: pro-capite si spendono 64 euro l’anno a fronte, ad esempio dei 350 degli elvetici. Che però le possibilità siano ancora tantissimi lo testimonia il fatto che sono sempre più i consumatori che del vino biologico vogliono sapere tutto e soprattutto le richieste arrivano da chi non ne ha mai bevuto un calice (il 54%).

Leader l’Italia del vino bio è leader anche in quanto a superfici vitate: il 19% del totale è oggi convertito.

 

Un italiano su due sceglie il vino bio e su cosa sia un “vino sostenibile” ognuno ha una visione chiara!

Altro dato importante, e citato, è relativo al fatto che l‘85% degli italiani tra i 18 e i 65 anni ha consumato almeno una volta vino biologico nell’ultimo anno. Il 73% dei consumi è passato per il canale off-trade e il 27% fuori casa.

A chi ha partecipato all’indagine è stato quindi chiesto cosa intende per “vino sostenibile”? Il 72% lo associa all’ambiente con il 26% di questi che parla di “prodotto nel rispetto dell’ambiente” e il 16% che parla invece di prodotto frutto di un uso minimo di fertilizzanti e pesticidi. Ci sono poi quelli che l’espressione “vino sostenibile” l’associazione al packaging a basso impatto ambientale (11%), seguono quelli per cui è simbolo di salvaguardia della biodiversità (10%) e quelli per i quali è semplicemente…biologico (9%).

Ma c’è anche un’altra visione da parte dei consumatori e in questo caso “vino sostenibile” fa il paio con la sostenibilità socio-economica. Ecco che allora per il 14% è prodotto nel rispetto del patrimonio culturale e paesaggistico del territorio; per il 7% è prodotto nel rispetto dei diritti dei lavoratori e per il 6% si traduce nella garanzia di uno sviluppo economico dell’azienda produttrice.

 

Chi sceglie il bio lo consuma soprattutto in casa e compra nei supermercati, ma con alcuni parametri diversi anche gli altri canali potrebbero aumentare le vendite!

Dove dunque si consumano di più i consumi del vino bio? A casa nella gran parte dei casi (55%). D’altra parte la pandemia ha dato una forte scossa ai consumi casalinghi e anche alla voglia di sperimentare. Il 27% consuma di più fuori casa, mentre per il 18% fuori o dentro è la stessa cosa. La maggior parte acquista nella grande distribuzione (46%), ma enoteche e cantine con vendita diretta si difendono con rispettivamente il 19% e il 15% degli acquisti.

Va detto che forse a frenare un po’ la scelta di comprare direttamente in azienda o rivenditori specializzati deriva anche da alcuni fattori che i consumatori di vino bio vorrebbero diversi. Su tutti c’è il prezzo che il 25% vorrebbe più accessibile, poi l’assortimento che per il 22% dovrebbe ampliarsi. Al 10% piacerebbe vedere invece più etichette bio dei grandi marchi, il 7% gradirebbe scaffali dedicati, mentre l’8% lamenta informazioni ancora troppo poco chiare.

 

Come convincere i non convertiti al vino bio

Sono il 48% dei consumatori, tanti, ma anche una grande opportunità. Anche per loro il prezzo fa la differenza: per il 23% costano troppo. Per il 20% invece a peccare è la comunicazione e con lei la pubblicità che risulta poco visibile. Altro dato su cui riflettere: il 16% lamenta il fatto che nei negozi e nei ristoranti che frequenta non ne trova. Poi c’è quel 12% che non trova differenze tra vini bio e non, la stessa percentuale di chi non sa quali siano i benefici se ce ne sono, mentre a non fidarsi di chi si dice bio è l’8% dei consumatori.

Con un prezzo più accessibile dunque il 30% dei non consumatori bio è pronto a convertirsi, così come il 14% vorrebbe poter fare assaggi nei negozi che frequentano. Il 13% vuole più informazioni, il 12% si aspetta una qualità superiore, mentre un assortimento maggiore potrebbe convincere il 10% di loro.

 

La “foglia verde” i più la conoscono, ma non tutti quando comprano la ritengono indispensabile e alcuni neanche la notano!

Se dunque il vino bio attrae sempre di più, al logo gli italiani ci fanno caso? La “foglia verde” (europea) la cerca sulle bottiglie il 51% dei consumatori, il 19% l’ha notata ma non ha comprato il prodotto, l’8% non ci ha prestato attenzione, ma solo perché non ne conosceva l’esistenza, il 3% non lo sapeva e neanche gli interessa, mentre il 19% dichiara di non averci fatto caso.

Al di là dell’attenzione e i riferimenti più o meno onirici, gli italiani il vino biologico ormai lo hanno inserito nel loro vocabolario e nella loro cantina tanto che dal 2% di consumatori del 2013 si è passati al 51% nel 2022. I margini dunque sono ancora tantissimi.

 

Le opportunità del vino bio nei mercati internazionali sono tante, soprattutto negli Usa!

Infine per capire quante siano le opportunità è il caso di guardare cosa succede con i consumi di vino biologico nel mondo. Per i prossimi due tre anni si prevede una crescita. Ad oggi il 46% degli statunitensi lo sceglie, così come il 39% dei winelover dell’Uk. Segue la Francia con il 25% e il 21% degli italiani. Andando dall’altra parte, direzione est, i cinesi sono ben il 35% e fanno il paio con gli australiani (32%).

Certo è che quello degli Stati Uniti è un mercato florido per il vino bio made in Italy dato che è uno dei Paesi principali del nostro export. Da queste parti all’origine italiana si fa molto caso. Se si considera che il 63% degli amanti del vino americano il fatto che un vino bio sia italiano pesa, è facile fare deduzioni.

 

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