Era già boom nel 2015. Due anni dopo la crescita non conosce freno. Salgono vendite, consumi ed export, ma quest'ultimo potrebbe valere molto di più se le piccole aziende potessero investire all'estero. L'analisi Wine Monitor.

Persino Wine Spectator questa volta dovrebbe fare il “mea culpa”. A gennaio 2015 aveva affermato che quello del bio sarebbe stato un fenomeno destinato ad un boom temporaneo e una lenta ma inesorabile discesa. Non solo così non è stato e, proprio in Italia, continua a crescere l’espansione delle vigne come accade, ad esempio, nelle Marche e in Toscana.

E nel Bel Paese la sostenibilità non è davvero solo questione di moda. Per alcuni sarà anche solo una ragione di mercati, a ragione, per tanti altri una scelta eticamente voluta. Certo è che qualunque sia la ragione per cui sono sempre più le aziende che si convertono al biologico, la scelta è vincente e i dati di Wine Monitor Nomisma presentati per il Vino Bio Day lo confermano. Lo dicono le vendite e l’export che nel 2016 continuano a volare. Ma un freno c’è: è nella difficoltà di molti di riuscire ad uscire dai confini nazionali, a volte persino regionali.

 

Vino Bio: bene consumi, export e vendite. La tendenza al naturale è un trend in continua crescita

 

vino bio grappolo d'uva

 

Le vendite sono salite a 275 milioni segnando un +34% rispetto al 2015. Ancora meglio l’export che ha fatto registrare un +40% centrando i 192 milioni di euro. Un italiano su 4 nel 2016 ha consumato almeno una volta, in casa o fuori casa, vino bio. Per capire quanto sia cresciuto il fenomeno basti pensare che nel 2013 solo il 2% degli italiani aveva provato un vino biologico. Nel 2015 era già il 21%.

Le vendite non sono andate bene solo nei mercati esteri. Che gli States siano tra i Paesi dove esportiamo di più e quelli che sempre più prestano attenzione alla sostenibilità è infatti una certezza. E’ anche il mercato interno ad aver fatto bene. Dei 275 miloni di euro incassati con le vendite, infatti, il 30% è frutto del mercato interno. Parliamo di 83 milioni di euro: il 22% rispetto al 2015. Vendite che riguardano tutti i canali di distribuzione: Gdo, specializzati, enoteche, ristoranti, wine bar ecc….

Sono dunque stati 192 i milioni di euro maturati dall’export. Export che, fa sapere Wine Monitor Nomisma che la ricerca l’ha condotta con l’Ice, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, sul totale di quello del vino italiano pesa per il 3,4%. E anche qui parliamo di ampia crescita. Nel 2014 il suo peso era dell’1,9% infatti e nel 2015 del 2,6%.

Un trend in positivo dovuto anche alla forte propensione all’export delle aziende bio le cui esportazioni “pesano” per il 70% sul fatturato complessivo, con una propensione dell’intero comparto che è invece del 52%. Sono soprattutto i Paesi Europei quelli dove si sono fatti numeri perché è qui che le imprese bio riescono soprattutto a far volare i loro vini. La Ue, infatti, rappresenta il 66% del mercato con la Germania punto di riferimento con il 33% del fatturato maturato proprio qui e gli States (tra i Paesi extraeuropei) secondi con una concentrazione del 12% delle esportazioni del vino biologico italiano.

 

Vino bio: si vola sì, ma l’impossibilità di andare lontano è un limite che non racconta la realtà possibile

 

vino bio export

 

La qualità non è in discussione. Il 30% degli intervistati la ritiene il punto di forza del Made in Italy. Anche il marchio e l’affidabilità dell’azienda fanno la differenza per il 17% di loro. La tracciabilità segue a ruota con il 14% degli intervistati che lo ritiene un valore aggiunto. Ma un problema c’è. Le imprese italiane che non esportano non hanno a disposizione gli strumenti per commercializzarli. La filiera, insomma, si arrocca su se stessa ed è un’opinione che ha l’85% delle imprese non export-oriented.

La difficoltà di trovare le risorse finanziare riguarda il 27% di queste che, essendo piccole realtà, faticano a creare un canale per varcare i confini nazionali. Per il 23% il problema è nei volumi. A volte però sono gli stessi produttori a non considerarla la possibilità (l’8% dei casi) o il mercato extranazionale a non mostrarsi interessato. Il futuro, nel complesso, è visto come roseo. Più di due terzi delle aziende scommette su una crescita dell’export e quelle che non lo fanno credono che il giro d’affari comunque si muoverà senza determinare alcuna perdita.

Secondo gli addetti ai lavori nei prossimi tre anni saranno i Mercati Terzi a trainare le vendite all’estero (ammesso che si risolva positivamente il caos Ocm), primo tra tutti quello statunitense. La patria dello zio Sam è ancora quella dove i sogni si realizzano per il 28% di loro. Ci si aspettano buoni risultati anche sul mercato Europeo. In generale 1 impresa su 4 prevede un forte aumento, oltre il 10%, del proprio fatturato sui mercati esteri. Il 54% è meno ottimista, ma comunque convinto che la crescita ci sarà. Insomma per nessuno le vendite caleranno.

 

Vino bio: i consumi crescono perché la qualità soddisfa le esigenze degli stranieri

 

vino bio consumi

 

L’indagine di Wine Monitor si è soffermata sulle preferenze dei due Paesi dove il vino bio italiano fa maggiori numeri: Germania e Regno Unito. Il primo, d’altra parte, è tra i primi importatori di vino italiano (22%), il secondo addirittura lo precede (36%). A supporto dell’indagine Nomisma ci sono i dati Global Snapshot Nielsen che registrano in Gran Bretagna 21 milioni di euro di vendite di vino bio nella Gdo con uno share di biologico dello 0.4% sul totale dei vini venduti.

Una crescita annuale che ha fatto registrare un +24% a fronte di un -0,1 delle vendite del vino in generale. Nel Regno Unito, in sostanza, un quarto delle bottiglie di vino bio venduto è rigorosamtne Made in Italy.

Il 12% dei tedeschi e il 9% degli inglesi ha bevuto almeno una volta un vino biologico nell’ultimo anno. La scelta, come d’altra parte anche in Italia, ricade soprattutto sui rossi e i bianchi fermi seguiti dai rossi frizzanti in Gran Bretagna e i bianchi frizzanti in Germania. Sono Iper e supermercati i luoghi d’acquisto, e anche per la spesa si tende a sborsare qualcosa in più per la qualità. In Inghilterra, infatti, per una bottiglia da 750 ml si spendono in media 13 sterline (circa 17 euro), in Germania 8 euro.

Perché scelgono i vini italiani? Perché hanno una qualità superiore. Lo affermano il 42% dei britannici e il 40% dei tedeschi. In entrambi i mercati, infatti, il 19% dei consumatori associa il biologico italiano al “made in Italy” e il 15% lo indica come autentico e di conseguenza di valore.

Resta il problema accennato prima: l’impossibilità di esportare non porta il nostro vino bio nelle Carte dei Vini Uk (dove le tendenze sono chiare) dei ristoranti e negli scaffali dei negozi. Peccato perché l’84% degli intervistati vorrebbe proprio trovarcelo il vino italiano. Sarebbe il caso di ripensarla un po’ la nostra filiera.