In tre anni cresciuta del 38% la superficie vitivincola votata al biologico. 205 i milioni di euro incassati. Ma la frammentarietà delle sigle rallenta il volo

Vino bio. E’ da sempre la regione per eccellenza. Nell’immaginario ci sono le colline e i vigneti toscani. Sì, l’Italia è un Paese ad alta vocazione vitivinicola e sono tante le regioni che portano l’eccellenza del #MadeinItaly chiusa in una bottiglia. Ma è pur vero che questa regione è da sempre portavoce di questa nostra eccellenza. La sua storia ci insegna la lungimiranza. Basti pensare all’antica storia del Chianti e la sua influenza nella politica economica della regione. 

Sono sempre più, in Italia, gli ettari di vigneto dediti alla coltura bio. Così tanti da aver fatto parlare, a fine 2015, di un vero e proprio fenomeno. Se è vero che in Puglia e Sicilia il bio è una certezza radicata, salendo lungo lo stivale è proprio la Toscana a ribadire il concetto. La viticoltura bio non è una moda, ma una certezza con un potenziale in continua crescita. E’ quanto emerso dal convegno di Montepulciano organizzato dalla Cia e tenutosi proprio qualche giorno fa.

Vino Bio - montepulciano

Vino bio: Nobile e Brunello all’insegna della sostenibilità.

E’ questo il dato che piace di più. Soprattutto a chi, nella coltivazione biologica, ci ha sempre creduto. Ad oggi ben il 20% delle produzioni di Brunello di Montalcino sono biologiche, mentre il Nobile di Montepulciano è prodotto “secondo natura” nel 18% dei casi. In meno di tre anni la superficie biologica sul territorio è aumentata del 38% passando dai 9 mila 243 ettari del 2013 agli attuali 12 mila 772. L’8,2% della superficie vitivinicola biologica di tutta la regione.

 

Vino bio: in Toscana non è una moda.

E’ quanto affermato dal presidente della Cia Toscana Luca Brunelli. “Con circa 2mila aziende agricole rappresentiamo oltre il 40% delle aziende biologiche in Toscana – ha sottolineato -. Molte sono quelle vitivinicole. Un dato di grande responsabilità per noi. Nell’attuale piano di sviluppo rurale (Psr) – ha aggiunto – a questo settore sono destinati oltre 12 milioni di euro“. L’obiettivo, insieme alla Regione, è quello di raddoppiare la pratica sul territorio. “Il bio – ha concluso – ha un ruolo importante per noi e la Cia è sempre presente e propositiva“. 

Un obiettivo tutt’altro che impossibile se si considera che, stando ai dati forniti dal Servizio Fitosanitario della Regione Toscana a fine settembre, solo nel settore vino, sono 1.837 i viticoltori biologici. Questo vuol dire che, solo per l’enologia, il settore bio rappresenta il 37% di tutti gli operatori biologici regionali.

 

Vino bio: la provincia più virtuosa è quella di Siena.

vino bio - vigne-siena

Siena e provincia sono i territori più bio della Toscana con i loro 5 mila gli ettari di vite così coltivati. “E’ una realtà ormai presente e consolidata su questo territorio – ha spiegato il presidente Cia Siena Luca Marcucci -. A fare la differenza è prima di tutto la professionalità degli agricoltori e la qualità del loro lavoro. Montepulciano è uno dei comuni che fin dall’inizio nel biologico ci ha creduto. E le aziende vitivinicole lo dimostrano ogni giorno“.

Dopo Siena c’è Firenze che alla viticoltura bio dedica 3.500 ettari di superficie. Segue Grosseto con i suoi 2mila ettari.

“Il biologico cresce e si consolida – ha quindi precisato Pietro Tartagni, coordinatore regionale di Anabio Toscana -. E’ ormai un settore della nostra agricoltura ben strutturato. Basti pensare che la superficie media vitata di un’azienda bio in Toscana è superiore di circa quattro volte rispetto alla superficie vitivinicola media“.

 

Vino bio: la viticoltura “naturale” fa bene anche alle vendite.

Nel 2015 il vino bio #MadeinItaly ha fatto incassare 205 milioni di euro. Per ben 2/3 parliamo di export internazionale. Mentre un terzo delle vendite si concentra a livello nazionale passando per tutti i canali del mercato interno: dalla grande distribuzione ai negozi bio, passando per enoteche e vendita diretta.

I dati fanno quindi pensare che, continuando su questa strada, investendo risorse e credendo nel potenziale fin qui mostrato, che il settore biologico, soprattutto nel vitivinicolo, rappresenti una grande risorsa sia per l’indotto che per la creazione di nuovi posti di lavoro in tutto il Paese.

 

Vini bio: la frammentarietà delle professionalità è lo scoglio da superare.

In un panorama bio che in Toscana fa pensare in grande e che fa numeri anche a livello nazionale, c’è una criticità però da superare. A spiegarla sono stati i presidenti Cia Dino Scanavino e Anabio Federico Marchini. “C’è la necessità di riorganizzare la rappresentanza politico-professionale del mondo produttivo. Oggi – hanno detto – è troppo frammentata e dispersa in un numero eccessivo di sigle territoriali“. La riduzione degli enti e delle associazioni permetterebbe dunque di lavorare meglio in collaborazione con Ministero e politica territoriale.

Per loro è questa la chiave di volta che farebbe del bio non più un prodotto di “nicchia” ma un vero e proprio “paradigma produttivo. Assumerebbe così la connotazione di vero e proprio mainstream“.

 

 

Crediti fotografici: foto Flickr CC rispettivamente di Markus Eubanks e Giovanni (Ghiandol).