Ancora nessun bando. Associazioni sul piede di guerra. La discussione finisce al Consiglio dei Ministri. Così non va bene. Altro che sburocratizzazione! Si rischiano di perdere, di nuovo, milioni e milioni di euro

Competitività, investimenti e sburocratizzazione. Il vino è un volano per la nostra economia e su di lui dobbiamo puntare per conquistare i mercati esteri dell’export ancor più di quanto già non si faccia e per attirare turisti da tutti il mondo con l’enoturismo che deve avere una legge. Quante volte lo abbiamo sentito? Forse troppe non credete. Non perché non siano parole giuste. Lo sono. Ma se poi, ai fatti, la competitività è frenata dall’impossibilità di fare investimenti perché non si riescono a distribuire i fondi e lo strumento creato ad hoc per ridurre la burocrazia, il Testo Unico del Vino, rallenta proprio lì dove dovrebbe snellirsi, e cioè con la dematerializzazione dei registri, qualcosa decisamente non va.

Sono mesi che la diatriba sugli Ocm vino va avanti. Francia e Spagna hanno già destinato il denaro per gli investimenti nei Paesi Terzi finanziati dallo strumento comunitario, l’Italia, al contrario, si trova ancora…al Decreto! E probabilmente andrà anche peggio. Il vino è il motore trainante dell’economia italiana? Facile a dirsi, ma tra il dire e il fare ci sono spazi interminabili, burocrazie ipossibili e 101,9 milioni di euro in attesa di essere distribuiti.

 

Ocm vino: più che Organizzazione Comune, disorganizzazione organica del mondo del vino

 

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La triste realtà è che non è la prima volta che l’Italia è in ritardo. Innanzitutto chiariamo di cosa stiamo parlando. Quando parliamo di Ocm parliamo di Organizzazione Comune del Mercato vitiviniclo. Ovvero della regolamentazione europea del comparto che definisce norme di produzine e contributi a fondo perduto per le aziende. Contributi che vengono aassegnati dal Mipaaf. L’obiettivo è quello di creare domanda e offerta sul mercato comunitario investendo nei Paesi Terzi.

Ma se questi soldi non si decide come darli i problemi sono molteplici. Al di là dell’ovvio e già penalizzante ritardo è impossibile pianificare strategie tali da influenzare davvero la percezione del vino e i numeri del nostro export. Non solo. Arrivare in extremis fa correre anche il rischio di perderli i fondi, ma anche laddove ciò non accadesse, e siamo certi che alla fine accadrà, il modo in cui saranno distribuiti farà cadere tutti i capelli a moltissimi professionisti del settore.

Sì perché dopo mesi di salti nel vuoto e mancate soluzioni il Mipaaf ora si lava le mani, e la questione finisce dritta nella mni del Consiglio dei Ministri con la logica conseguenza che, non avendo le competenze del settore, prenderà decisioni che faranno infuriare parecchi.

 

La rabbia delle associazioni di categoria per un ritardi ingiustificabile

Sono Alleanza delle Cooperative Italiane, Assoenologi, Cia, Confragricoltura, Federdoc, Federvini e Unione Italiana Vini ad essere sul piede di guerra. E il loro rammarico per l’ennesimo buco nell’acqua della Conferenza Stato – Regioni lo sintetizzano così. “Mentre Francia e Spagna spingono l’acceleratore, noi siamo ancora fermi ai box, consapevoli di partecipare ad una corsa contro il tempo”. L’Italia è, ancora una volta, fanalino di cosa.

“Siamo arrivati ai primi di luglio – scrivono le organizzazioni  –  e ancora non risulta approvato il decreto che permette di rendere operativi gli iter di presentazione dei programmi di promozione, sia a livello nazionale che a livello regionale. Riteniamo doveroso, a nome di tutta la filiera vino, manifestare il nostro disappunto su quanto fatto e, soprattutto, su quanto non fatto (il testo necessiterebbe di alcuni miglioramenti segnalati dalle organizzazioni della filiera) dai soggetti a ciò preposti, ovvero ministero e Regioni, in merito alla gestione ed emanazione di un provvedimento così vitale per il settore vitivinicolo italiano”.

In Francia e in Spagna, infatti, i bandi sono già stati emanati da tempo. “I progetti sono già stati valutati e approvati e i fondi assegnati sono già stati resi noti. Il nostro Paese continua ad accumulare ritardi su ritardi e resta ancora in attesa di incassare, si spera, il parere definitivo”.

 

Ocm vino: un ritardo imperdonabile che si ripete da anni e che penalizza, prima di tutto, proprio il nostro export

 

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Un’impasse che, anche nella migliore delle ipotesi, e cioè che il decreto arrivi entro poche ore, sposterà tutto all’autunno almeno per quanto riguarda le assegnazioni. Una situazione, dicono ancora le organizzazioni “che penalizza fortemente un settore vitale per la nostra economia, che punta ad accrescre la propria internazionalizzazione e che per questo, a rigor di logica, dovrebbe poter progettare le proprie strategie di promozione nei Paesi Terzi sulla base di modi e tempi congrui”. Ma la burocrazia si sa, la parola tempo, non sa neanche cosa così.

Impossibile non chiedersi come faranno le aziende a pianificare con largo anticipo le azioni da portare avanti.

“Volendo essere ottimisti – proseguono nella loro nota – confidiamo di poter entrare nel vivo entro l’autunno. Intando ad oggi le aziende arrancano sul fronte della progettualità degli investiment in promozione e non sanno ancora come e quando potranno spendere i circa 101,9 milioni di contributi europei previsti per l’annualità 2017-2018″. Cifra cui le aziende dovranno aggiungere un 50% di contributo per un investimento totale di 2010 milioni di euro.

 

Competitività: solo una bella parola

La nostra fortuna è che il vino lo sappiamo fare e che siamo una delle regioni vitivinicole storiche nel mondo. Un plus che ci consente quanto meno di ottenere risultati. Ma essere competitivi è tutt’altro.  E chi è del settore lo sa bene. “Mentre i competitors d’oltreconfine corrono a ritmi sostenuti e spendono tutte le risorse disponibili, noi perdiamo la partita sul campo della puntualità. Reduci, tra l’altro, dei ricorsi al Tar il cui esito è in parte ancora pendendte e dei finanziamenti persi che hanno caratterizzato la vicenda Ocm Vino 2016 – 2017”. Parliamo di 13,2 milioni di euro finiri in altre misure previste dal Pns vino.

I probelmi poi, non finiscono qui. La dematerializzazione dei registri è nel caos e a smuovere le acque puntando prima il dito e cercando poi risposte è stata Slow Wine. Senza parlare della questione enoturismo in attesa di una legge che le conferisca quella ufficialità che potrebbe muovere in modo molto più competitivo (tanto per ribadirlo) e organizzato l’intero settore che, alla luce di numeri e problematiche, ha un potenziale che rischia di rimanere inespresso ancora per molto tempo.

Insomma sbagliando non si impara e perseverare non è soltanto diabolico, ma anche incredibilmente dannoso.