Anticipazioni del rapporto Città del Vino: l'Italia piace, ma ci sono ancora tante criticità. I tedeschi quelli che spendono di più e mentre pubblico e privato faticano a trovare coordinazione i grandi brand puntano sul digitale

Innegabile il fascino dell’enoturismo in Italia. Bene il fatto che si guardi con positività al futuro. Meno bene tutto quel che si poteva fare e che non si è fatto per la difficoltà di abbattere quel muro che divide il pubblico dal privato. Eppure le iniziative non mancano a cominciare da quelle che ogni anno promuove il Movimento Turismo del Vino. I numeri sono incoraggianti e, soprattutto, il segnale di un potenziale che andrebbe agevolato per diventare un vero e proprio motore dell’economia.

Alla legge ci si pensa, ma forse sarebbe il caso di concretizzarla. Nel frattempo Città del Vino, una dei migliori esempi di come pubblico e privato possono trovare una strada comune come testimonia il prestigioso riconoscimento ottenuto qualche mese fa con il capitolo dedicatogli sul “2017 Best Wine Tourism Book in the Usa”, anticipa i risultati del XIII Rapporto dell’Osservatorio del Turismo promosso con l’Università di Salerno che sarà presentato alla #Bit2017 di Milano

Non solo. l’indagine presentata al Premio Italia a Tavola traccia l’identikit dell’enoturista straniero in terra italica, mentre le grandi aziende aprono le porte all’internazionalità con la partnership tra “The Grand Wine Tour e Musement“. 

 

Enoturismo in Italia: là dove si fanno numeri scarseggiano i servizi. L’obiettivo quantità diventa vano senza qualità

 

enoturismo in Italia Città del Vino

 

Se scomodassimo Nietzsche potremmo dire che l’eterno ritorno (dell’enoturista) senza un’adeguata accoglienza sarebbe quanto meno improbabile. Evitare che l’enoturismo diventi il “ci vado una volta, ma non so se ci torno” è l’obiettivo da perseguire. Numeri in Italia l’enoturismo ne fa. E pesano anche sull’economia dei territori, dei Comuni, delle Strade del vino e delle aziende che ne fanno parte. 

Ma già solo il fatto che solo il 27,62% dei Comuni aderenti a Città del Vino e 25 delle 133 Strade che ne fanno parte hanno risposto al questionario del Rapporto la dice lunga su quanta strada (perdonate l’eufemismo) c’è ancora da fare. Di buono c’è che dalle risposte avute si può fare un quadro della situazione attuale. Quadro che non è meraviglioso, ma neanche a cupo. Tingendolo dei colori del vino potremmo definirlo da “rosso di sera bel tempo si spera”. Sperare però non è sufficiente. E’ il fare e il come fare che contano.

 

Rapporto Osservatorio del Vino: cosa va e cosa no

 

I numeri

Dall’indagine condotta risulta che nel 2016 le presenze enoturistiche sono se non aumentare quanto meno rimaste invariate rispetto all’anno precedente. E’ quanto emerso dalle risposte date dalle Città del Vino che hanno partecipato all’indagine (116 su 420). Sono stati circa 14 milioni gli enoturisti che hanno fatto tappa in Italia. Il fatturato che hanno prodotto si aggira intorno ai 3 miliardi di euro. Percezione di miglioramento ancor più sentita dalle Strade del Vino sebbene solo 25 siano state quelle che hanno risposto al sondaggio sulle 133 iscritte. 

 

La presenza sul web

Problema. Anzi: problemi. Quasi la metà dei Comuni non ha un ufficio turistico né fisico né, ovviamente, sul portale istituzionale. Le Strade nel 96% ce l’hanno, ma quel 4% su un campione così piccolo pesa. Senza considerare che come ammesso da Città del Vino e Università di Salerno la difficoltà maggiore è stata quella di inviarlo il questionario. Molte strade non esistono più e non lo hanno comunicato. Altre, semplicemente, non hanno proprio alcun servizio web. La domanda è ovvia: come si può allora fare promozione? Impossibile. 

E anche laddove internet c’è e funziona anche bene mancano le App. Immaginate un turista: non avere una mappa interattiva su Smartphone o un portale dove consultare il “cosa c’è da vedere”, quali cantine sono dei dintorni è una mancanza di non poco conto. Vuol dire non riuscire ad indirizzarli verso l’obiettivo: portarli nelle aziende e nelle cantine del territorio. Certo il fatto che il 24% delle Strade se ne sia fornito è comunque un buon segnale

 

I servizi e l’indotto 

D’altra parte il dato più sconcertante è proprio questo: poco più del 5% e meno del 7% dei Comuni e delle Strade del Vino trova sufficienti i collegamenti. Insomma: uno arriva e poi…buio! Buio anche nella formazione che sembra un altro problema da risolvere. Chi accoglie deve imparare a farlo. Possibilmente anche con un’ampia conoscenza delle lingue straniere. 

Eppure nonostante questa incapacità di relazionarsi di pubblico e privato che porta ad una spaventosa carenza di servizi l’enoturismo funziona. Dal punto di vista dei Comuni gli enoturisti che arrivano nel territorio rappresentano il 26,94% del fatturato delle aziende vitivinicole della zona e ben il 34,15% di quello delle attività collaterali: ristoranti, alberghi, aziende di altro genere ecc… . Percentuali che variano poco se si guarda a quanto dichiarato dalle Strade. Nel primo caso, per loro, l’incidenza è del 19,08%, nel secondo del 22,21% Cosa vuol dire? Che con un po’ di organizzazione in più si potrebbero far crescere ad un ritmo costante! 

Avere gli uffici turistici vorrebbe dire poter monitorare realmente i flussi. Città del Vino, da parte sua, si impegna a rafforzare l’Osservatorio del Turismo promuovendo la collaborazione con enti istituzionali e associativi! Un primo passo che non può che far bene.

 

Enoturismo in Italia: ma chi sono i viaggiatori del vino e da dove arrivano?

 

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A questa domanda ha dato una risposta il Premio Italia a Tavola che ha presentato un’indagine ad hoc. Il 75% dei turisti che scelgono l’Italia arrivano da 11 Paesi compresi Usa, Cina, Messico e India. Ed è bello pensare che sia così. La spesa per i viaggi enogastronomici in un solo anno (il 2016) è cresciuta del 3,3% con tedeschi, americani, francesi, inglesi e svizzeri primi in quanto al non badarci. 

L’enogastronomia attrae turisti poco meno di quanto lo fanno le bellezze artistiche del nostro territorio. Sposarle, diciamo così, è la strada migliore per coniugare due aspetti tanto rappresentativi del nostro Paese da renderci unici. Di qui il ritorno al discorso iniziale: pubblico e privato non possono vivere su mondi diversi, devono non solo incontrarsi, ma costruire le strade giuste sulle stesso pianeta. Quelle del vino, se percorse insieme, sono certamente quelle dove canalizzare quanti più enoturisti possibile. 

“L’Italia – ha affermato il sottosegretario ai Beni Culturali Dorina Bianchi è un Paese ‘biodiverso’. Ciò spinge a fare esperienze gustative in tanti territori, spesso vicini alle città d’arte, creando tante piccole economie e occupazione a misura di giovani”. Mettere tutti a sistema vorrebbe dunque dire mettere a sistema l’economia intera del Paese. E i benefici per musei, cantine ed esercizi commerciali non sono neanche lontanamente immaginabili. Pensate quanto potrebbe fare un sistema ben organizzato per la ristorazione che, in Italia, detiene un vero e proprio record: sono 325 mila i locali in cui…si cucina!

 

Enoturismo in Italia: le grandi aziende del vino puntano sulla comunicazione digitale

 

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Per ora sono 18, ma il numero delle aziende è destinato a salire. Se è vero che gli enoturisti arrivano da tutto il mondo allora bisogna trovare il modo di comunicare con tutto il mondo. Era il luglio 2016. Alcuni grandi brand italiani si sono incontrati su “The Grand Wine Tour” e hanno iniziato a produrre l’eccellenza enologica dei loro territorio. Ora si sono alleate con un gigante del turismo: Musement, il portale che permette di organizzare viaggi in 450 città di 55 Paesi del mondo…in otto lingue: inglese, italiano, francese, spagnolo, tedesco, russo e olandese.

Diciotto pionieri produttori di grandi eccellenze enologiche italiane che cercano così nuove ed efficaci strade per promuovere l’enoturismo. Un fenomeno che, d’altra parte, gli utenti di tutto il mondo vogliono perché alla continua ricerca di viaggi fatti di scoperta ed esperienze.

Proprio quel concetto di città d’arte e buon vino qui si incontrano. Sette le regioni teaser delle 18 aziende coinvolte. Parliamo di Piemonte con Cascina Chicco, Ceretto, Coppo, rocche dei Manzoni, Tenuta Carretta, Travaglini e Villa Sparina. Veneto con Bortolomiol, Col Vetoraz e Zenato. Liguria che aderisce con due aziende: Lunae e Poggio dei Gorleri. Lombardia, Umbria e Puglia ci sono con rispettivamente il Castello di Cigognola, Falesco e Leone De Castris. non poteva di certo mancare la Toscana che al progetto iniziale fa il suo ingresso con tre cantine: Altesino, Fattoria Le Pupille e Spaio.

 

Come funzionerà

Tutti gli appassionati di enogastornomia e bellezze artistiche del bel Paese troveranno le informazioni su The Grand Wine Tour. Da lì, con un click si accederà alle prenotazioni direttamente su Musement che proporrà tutte le attività possibili nelle migliori cantine d’Italia: degustazioni, visite guidate e tutto quanto possa fare da corollario all’esperienza da vivere visitando i più bei monumenti e musei italiani arrivandoci attraverso…le Strade del vino!

“Nonostante il fenomeno enoturistico sia in continua crescita, mancano ancora riferimenti attendibili in grado di orientare con certezza i visitatoriha detto Max Coppo, portavoce del progetto The Grand Wine Tour – da ciò l’idea di creare un network di aziende, da cui i visitatori potranno aspettarsi la medesima cura nell’accoglienza. The grand wine tour è un marchio di qualità, che riunisce aziende che eccellono nella volontà di fare accoglienza: chi visita una delle aziende si può aspettare i medesimi standard di accoglienza”.

Non è un caso che proprio la formazione (quella di cui parlavamo prima) è stata messa al centro del progetto. “Le cantine – ha infatti aggiunto Coppo –  devono poter accogliere in diverse lingue straniere. Offrire diversi format, non solo di degustazione. Dare un servizio ed essere sempre aperti perché molti stranieri si lamentano del fatto che alcune aziende sono chiuse nel weekend. La qualità dell’accoglienza va ben oltre la qualità dei vini”.

 

La stagione per eccellenza è iniziata. Primavera e estate sono quelle in cui gli enoturisti viaggiano di più. I numeri ci sono. Il potenziale anche. Le iniziative non mancano. Il fare sistema è sempre meno chimera, ma ancora troppo…sogno!