50 mila ettolitri e primato nella produzione, ma a fare la differenza, nei mercati, è l'identità frutto di biodiversità e denominazione che sarà sull'etichetta di 7 bottiglie su 10. Coldiretti fa il punto sulla vendemmia italiana

Il vino novello, che a breve sarà protagonista di sagre e degustazioni, sarà perfetto per il primo brindisi alla vendemmia 2018. Il bilancio, stando ai dati Coldiretti, è positivo. Le previsioni, insomma, sembra siano state confermate.

Se è vero che la denominazione insieme alla territorialità si è ormai affermata come uno dei fattori che fa la differenza nell’acquisto di una bottiglia, sapere che 7 bottiglie su 10 quest’anno saranno Doc dovrebbe dare un’ulteriore spinta al vino italiano.

 

Vendemmia 2018: 50 milioni di ettolitri per un fatturato di 10,6 miliardi. Questi sono i numeri del vino italiano

Una produzione di 50 milioni di ettolitri con un aumento del 16% rispetto alla scorsa annata martoriata dalla siccità, garantisce all’Italia anche quest’anno il primato in termini di quantità di produzione seguita da Francia e Spagna, spiega Coldiretti, che registrano rispettivamente una produzione di 46 e 47 milioni di ettolitri.

In Italia le aziende impegnate nella vendemmia 2018 sono state 310 mila con 46 mila vinificatrici e una raccolta che ha interessato una superficie totale di vigne di 652mila ettari. “Un’attività – afferma Coldiretti – che attiva un motore economico che genera oltre 10,6 miliardi di fatturato dalla vendita del vino e che offre opportunità di lavoro a 1,3 milioni di persone. Lavorati che operano in tutti i settori del vino a partire dalla vigne, per passare alle cantine e finire alla distribuzione commerciale e tutte le attività connesse e di servizio.

Il vino italiano, tra l’altro, riesce a vendere più all’estero che in casa. Dimostrazione del fatto che la crescita anche nei mercati esteri c’è, sebbene ancora inferiore rispetto al suo potenziale.

 

Vendemmia 2018: frutto della ‘denominazione’ e l’identità fa bene all’export

La vendemmia 2018 è stata decisamente anticipata non solo per il clima favorevole che ha fatto maturare prima le uve, ma anche in previsione del maltempo che si prevedeva sarebbe alla fine arrivato. Una vendemmia che per il 90% si è svolta dunque prima del previsto. La denominazione è il fattore che fa la differenza quest’anno. “Il 70% della produzione – fa sapere infatti Coldiretti – sarà destinata a Docg, Doc e Igt. Saranno 332 i vini a denominazione di origine controllata (Doc); 73 vini a denominazione di origine controllata garantita (Docg) e 118 a indicazione geografica tipica (Igt). Il restante 30% della produzione è invece destinato ai vini da tavola”.

 

La biodiversità italiana fa del nostro vino la prima voce nell’export agroalimentare

Lo diciamo sempre, ma è importante ricordarlo: in quanto a biodiversità nessuno ha il valore della nostra Penisola. Sono ben 504, infatti, le varietà iscritte al registri nazionale. Per capirne la portata basta ricordare che in Francia ne sono “soltanto” 278. E dato che la territorialità insieme alla denominazione è ormai il fattore che spinge più all’acquisto, è facile capire il perché di una crescita dell’export tale da aver festeggiato, nell’anno che si avvia alla conclusione, il suo record storico. I primi 7 mesi del 2018, infatti, hanno fatto registrare un +4% rispetto allo stesso periodo del 2017. Il vino, secondo Coldiretti, è la prima voce nell’export agroalimentare italiano.

 

Vendemmia 2018: “la scelta Ue di abbassare i prezzi non ha giustificazione”, per qualcuno è vera “speculazione”


Bene nei primi 7 mesi del 2018 anche i consumi interni. In valore, infatti, sono aumentati, fa sapere Coldiretti, del 4,5%. “In questo contesto – afferma – sono del tutto ingiustificate le riduzioni delle quotazioni dei vini all’origine tenendo conto delle giacenze e dell’aumento della domanda interna ed estera”. Una risposta alla Commissione Europea questa che, nonostante l’andamento positivo della vendemmia, ha deciso di ridurre le quotazioni dei vini, cioè i prezzi.

Una scelta che non molti giorni fa aveva fatto infuriare anche il presidente dell’Unione Vini Italiani Paolo Castelletti che aveva definito la decisione “assolutamente ingiustificata, forse frutto di logiche speculative, danno per l’intero settore”. “A fronte di una vendemmia leggermente superiore rispetto alla media degli ultimi anni – aveva infatti ricordato Castelletti -, controbilanciata da un dato sulle giacenze al 1 agosto inferiore del 10% rispetto al 2017, la disponibilità complessiva del prodotto non giustifica le tensioni al ribasso dei prezzi dei vini che stiamo rilevando sui mercati”.

 

Vendemmia 2018: le bollicine anche nel 2019 faranno la differenza

Parlare di sfida alla pari, come ha fatto Coldiretti, ci sembra francamente esagerato. Il fascino dello Champagne ha qualcosa che gli viene da evocazioni mitiche che ne hanno fatto un’eccellenza riconosciuta nel mondo. Evocazioni, ci verrebbe da dire, che fanno tornare alla mente il monito lanciato qualche giorno fa dall’amministratore delegato di Ornellaia che ha invitato a studiare filosofia ancor prima che agraria. Certo è che le nostre bollicine la sfida allo Champagne, nei mercati, l’hanno lanciata.

O meglio nei mercati hanno saputo trovare una loro fortissima identità. Sono state proprio loro “a far registrare la migliore performance di crescita all’estero con le esportazioni, con un aumento del 13% rispetto all’anno precedente”, fa sapere Coldiretti. Le più amate? Prosecco, Asti, Trento Doc e Franciacorta.