De Filicaja, amministratore delegato di Ornellaia, ha sollevato un polverone. "Mandate i vostri figli a studiare filosofia e non agraria", così ha detto ai viticoltori. E se al di là della provocazione, avesse ragione?

La “guerra” eterna con i vini francesi non la vinceremo mai senza lo studio della filosofia. Nel mondo del business, del mero mercato, delle quantità e dei numeri, c’è un elemento che continua a mancare nella loro analisi, nel loro pensarli e nel loro affrontarli: interrogarsi. Farlo elaborando il pensiero, andando oltre l’oggettività delle cose, al fine di cercare e raccontare il valore piuttosto che  il volume.

Parole che pesano più del valore del mercato quelle pronunciate da Giovanni Geddes de Filicaja, amministratore delegato di Ornellaia, e riportate nei giorni scorsi da Il Sole24Ore. Un monito su cui, come la filosofia impone, è necessario interrogarsi. Senza volerci atteggiare a grandi pensatori, ma con la voglia di comprendere, riprendendo le sue parole abbiamo provato a porci  quella domanda che lui vorrebbe si ponessero le imprese vinicole italiane:  perché la filosofia può cambiare il destino del vino italiano?

 

Vino-filosofia, de Filicaja: “studiare il pensiero può darci quel valore aggiunto che invidiamo ai francesi”

Ph: Giovanni Geddes de Filicaja – foto di Simona Chioccia

I nostri imprenditori vinicoli dovrebbero mandare i figli a studiare filosofia, invece di agraria, e iniziare così a produrre di meno. Solo così potranno creare quel valore aggiunto tanto agognato e invidiato dai francesi!”. “Nella vendemmia 2018 tutti esultano per le ottime quantità e si vantano del primato italiano a volume. Ma, come sosteneva Enzo Ferrari quando diceva ‘ se abbiamo richiesta per 100 produciamo 99’, non è sulle quantità che si misurano i primati del vino.

Il problema vero, in Italia, non sono né la Borsa, né i bilanci, ma il fatto che poiché aziende da noi oggi fanno vero prodotto: poche hanno un edibta sopra il 20-30%. Molte ancora guardano al volume delle bottiglie invece di preoccuparsi del valore.Perché? Perché “manca proprio l’educazione al valore stesso”.

Per iniziare questa breve riflessione abbiamo deciso di partire proprio dalle parole dell’amministratore delegato di un marchio, quello di Ornellaia su cui vige il nome Frescobaldi. Una cantina icona che, con i suoi 106 milioni di euro di fatturato nel 2017, è una vera e propria icona nel mondo enologico. E diventare icona in soli 30 anni, per un brand di un prodotto che affonda le sue radici nella notte dei tempo, dice già molto sul valore della parole di Giovanni Geddes de Filicaja riportate da Il Sole24Ore.

 

Vino-filosofia: un binomio possibile e necessario

Ph: Raffaello – Scuola di Atene

Ha rischiato, per decenni, di finire nell’elenco delle materie considerate obsolete. In realtà lo è ancora. Ma la filosofia fa il paio con il pensiero e il pensiero è imprescindibile quando parliamo di sviluppo dell’umanità. Non è un insieme di parole complesse, come troppo spesso viene insegnato, ma al contrario è la sintesi perfetta di quello che ognuno di noi dovrebbe fare in ogni momento della sua vita: porsele le domande.

Farlo vuol dire imparare ad osservare il mondo che ci circonda; significa sviluppare quello spirito critico che ci tiene lontani dalla massificazione. La stessa che, ha affermato de Filicaja, ha invaso anche il mondo del vino e da cui è necessario difendersi se si vuole davvero trovare quel “valore” che anche la viticoltura, aspetto del vivere umano, ha.

Lo ha ribadito quando citando Enzo Ferrari ha detto: “è uno dei pochi che aveva capito i mercati e il meccanismo del valore già molto tempo fa”.

 

La “meraviglia”, la necessità di porsi domande e cercare possibili risposte nell’utilità pratica…

 

Molto prima di Enzo Ferrari c’è stato Aristotele. Di certo nel IV secolo a.C. la globalizzazione, intesa così come la intendiamo ora soprattutto in riferimento ai mercati, non c’era. Ma non si può dire neanche che i greci fossero un popolo chiuso al mondo. Il tempo di Alessandro Magno, il più grande conquistatore della storia, è stato il suo. Se dovessimo paragonare la commistione culturale contemporanea con una dell’antichità, questa è forse l’epoca cui fare riferimento.

Torniamo allora al filosofo greco, al significato della parola “filosofia” e a quel “so di non sapere” che prima di lui pronunciò Socrate. Etimologicamente si tratta di “amore per la conoscenza“. Come si può dunque evolvere senza conoscere? Quando abbiamo letto le parole dell’amministratore delegato di Ornellaia siamo andati a ricercare quanto scrive nella sua “Metafisica“: “gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo a poco a poco, giunsero a porsi problemi sempre maggiori: per esempio i problemi riguardanti i fenomeni della luna e quelli del sole e degli astri, o i problemi riguardanti la generazione dell’intero universo (…). Cosicché, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dall’ignoranza, è evidente che ricercarono il conoscere solo al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica”.

Anche quella, moderna, di affrontare le sfide del mercato del vino.

 

Vino-filosofia: in Irlanda è una materia “irrinunciabile” a partire dai 12 anni e presto entrerà nelle scuole elementari

 

 

Sulle parole dell’amministratore delegato sono piovute critiche, anche pesanti, soprattutto sui social: croce e delizia della modernità. Eppure a volte a chi usa gli strumenti moderni non per ampliare la sua conoscenza, ma solo per sfogare un momento di rabbia, frutto troppo spesso dell’incapacità di porsi quelle stesse domande che un pensiero filosofico imporrebbe, è sfuggito qualcosa.

De Filicaja non è mica il primo a difendere il ruolo della filosofia nel fare…il vino e non! Ad esempio nel 2013 un gruppo di economisti (non di filosofi!) della Oxford University hanno condotto uno studio secondo cui nelle professioni del futuro, la metà dei lavori nei prossimi 20 anni per la precisione, lo studio della filosofia sarà fondamentale per far sì che la tecnologia non sia sopra di noi, ma resti al nostro servizio. Non solo. In Irlanda il presidente della Repubblica Michael Higgins ha deciso di introdurre lo studio della filosofia come materia obbligatoria a cominciare dai 12 anni. Materia entrata nell’elenco di quelle scolastiche come una di quelle “irrinunciabili” e già si dibatte sul se introdurla già alle elementari.

La filosofia per molti sta diventando la materia del problem solving. In Italia, a quanto pare, Paese mediterraneo e con i greci prima e ancor più i latini poi, terra di filosofia, l’idea in nome del mercato fa storcere il naso. Anche se, è importante sottolinearlo, non per tutti è così tanto che a Pesaro esiste già dal 2015 un’associazione culturale dal nome quanto mai esplicito: “FilosofiaCoiBambini”.

 

Vino-filosofia: la curiosità ci porta conoscenza e la conoscenza è la base per raccontare tutto ciò che c’è dentro e dietro un buon calice

 

Perché anche secondo noi la filosofia è importante? Perché la filosofia si pone domande (lo ribadiamo) e nel cercare una verità assoluta, ma con la consapevolezza che questa non esista, prova a darsi risposte cercandole nell’osservazione della realtà. Quello filosofico è un metodo. E una delle sue prerogative è la curiosità: come si può comprendere un universo, incluso quello del vino, se non si ha la curiosità di conoscerne le varie sfaccettature; se non si ha il coraggio di interrogarsi sulle domande che nascono dalla sua osservazione e non si è alla continua ricerca delle risposte pronte a mutare tanto quanto le domande?

Un monito, quello dell’amministratore delegato di Ornellaia, che ha rivolto a imprenditori ed enologi. E, aggiungiamo noi, anche ai sommelier che sono poi coloro che più di altri portano fuori dalle cantine il messaggio, o meglio quel “valore” cui de Filicaja fa riferimento.

Facciamo un esempio. Costruire una Carta dei Vini non vuol dire solo elencare bottiglie più o meno pregiate. Dietro ci deve essere una filosofia. Quella che gira intorno al brand del ristorante ad esempio, così come quella che racconta un territorio fatto sì del suo vino, ma anche di tutta la cultura che è capace di raccontarla. Quando un sommelier ci racconta un vino ci racconta una storia che deve saperci affascinare. Una storia che deve conquistarci prima con le parole, poi con il gusto. La tecnologia, in questo, è al nostro servizio. Ecco perché con Enolò abbiamo puntanto sulla Platform Economy, dando modo, attraverso di essa, non solo di proporre un vino, ma di comunicarne ogni sua sfaccettatura, aprendosi ai mercati e conquistando i consumatori

 

Vino-filosofia: immagini, parole e scrittura. E’ così che comunichiamo e un brand, oggi, deve fare della comunicazione la sua forza

 

Chiudiamo questo articolo di digressione senza dare risposte. Ma lasciandoci con alcune domande. “Il valore si costruisce sul brand e serve un accurato lavoro di comunicazione. Meglio quindi imparare dalla filosofia la visione del brand e poi assumere bravi tecnici per la produzione e la vendita”. Così ha chiuso il suo intervento Giovanni Geddes de Filicaja.

Comunicazione. Una parola “moderna”. Ma proviamo a fare un po’ di filosofia. Sapete perché sappiamo che la prima affermazione che l’uomo deve fare a se stesso, quel “so di non sapere” socrateo è arrivato sino a noi? Perché qualcuno ce lo ha comunicato…scrivendolo! Di Socrate mai avremmo saputo se Platone, suo allievo non ce lo avesse raccontato nei suoi scritti e se, dopo di lui, il suo allievo non avesse aggiunto domande alle loro domande. Chi? Aristotele che di Platone fu a sua volta allievo.

Ci sono state prima le immagini degli antichi, poi la tradizione orale. Infine quella scritta. Guardando al vino, oggi possiamo dire di avere la pubblicità visiva, la parola che ce lo racconta (quella dei sommelier) e lo scritto che scava nella profondità di un brand per far sì che sia il suo valore a dargli lustro e non il suo volume.

I bisogni sono rimasti gli stessi: mostrare, raccontare, scrivere. Così ci poniamo domande e cerchiamo risposte. Il bisogno di conoscenza ci ha portato a farci domande. E più risposte troviamo, più domande ci facciamo. Il bisogno di interrogarsi non è mai mutato. Il tempo, al massimo, cambia le risposte. I mercati evolvono così come evolve la conoscenza e le risposte alle sue esigenze mutano continuamente. Continuare a farsi domande è dunque fondamentale anche nel business e, di conseguenza la filosofia, la “scienza” della conoscenza è, come direbbero gli irlandesi, “irrinunciabile”. 

Per fortuna!