Il Rapporto realizzato sui dati di Tripadvisor parla chiaro: gli stranieri ci amano. Cresce del 141% la loro presenza. Ma ci sono cose su cui si deve assolutamente migliorare per diventare davvero competitivi

Turismo enogastronomico: si continua a crescere. E’ stato presentato a Milano il Rapporto redatto con i dati raccolti da Tripadvisor. Se si considera che i numeri fanno riferimento al 2018 non si può che pensare che il 2019 sia andato ancora meglio. E meglio, si spera, andrà quest’anno con finalmente una legislazione ad hoc per il settore.

Certo è che il 2018 si  chiuso con una crescita impressionante: la presenza di enoturisti, provenienti da tutto il mondo, nel Bel Paese, è aumentata del 141%.

 

Turismo enogastronomico: il nostro cibo e il nostro vino conquistano proprio tutti

Partiamo dal dato generale sul turismo registrato nell’ultimo anno. Con 360 milioni di notti che gli stranieri hanno trascoro in Italia (+4,4% rispetto al 2018), e una spesa complessiva di 40 miliardi (+6%) solo considerando chi è arrivato dall’estero, il settore si è confermato come una vera e propria miniera d’oro prendendosi il 13% del Pil nazionale. Dato che ha spinto ministero dei Beni culturali e del Turismo e L’Enit (l’Agenzia di Promozione) a stilare le strategie per l’anno in corso puntando su turismo slow e culturale.

E se si parla di turismo slow e di cultura, enologica e strettamente legata ai luoghi, l’enoturismo non può che essere uno di quei settori su cui tenere alta l’attenzione. E la conferma viene proprio dal Rapporto presentato a Milano. Un’analisi che ha tenuto in considerazione i movimenti di francesi, inglesi, canadesi, statunitensi, americani e cinesi. Per il 53% di loro, e dunque più della meta, l’esperienza enogastronomica è il primo fattore di scelta sul dove trascorrere le proprie vacanze. Un dato che, guardando da Paese a Paese, ci racconta di una Cina sempre più interessata all’enoturismo italiano. Ben l’85% degli asiatici infatti ha scelto cantine e zone a vocazione vitivinicola per passare i giorni di ferie. Seguono i messicani che scelgono l’Italia, il suo cibo e i suoi calici nel 71%.

Da non sottovalutare l’impatto dei millennials che sul cibo, e dunque anche il bere, focalizzano le loro scelte.

 

Turismo enogastronomico: quei limiti che…ci limitano! L’offerta deve essere adeguata e più accessibile

Non è però tutto oro quel che luccica. Perché a sentire Roberta Garibaldi, autrice del Rapporto Enogastronomico, c’è molto da migliorare a cominciare dai pacchetti per i viaggiatori, fino ad arrivare alla facilitazione delle prenotazioni. Limiti che, ci sembra di capire, ci hanno addirittura penalizzati. Non averli, forse, ci avrebbe portato a dati ancor più significativi.

Il sistema italiano dell’enogastronomia è uno di quelli che più di ogni altro risponde positivamente agli indicatori su cui la ricerca ha rilevato i dati. Parliamo di produzioni d’eccellenza, aziende vitivinicole e olearie, imprese di ristorazione, musei del gusti, birrifici e Città Creative Unesco legate al settore. Eppure su alcune delle richieste dei consumatori non siamo in grado di dare risposti adeguati. Loro, emerge, adorano i food truck. Il cibo da strada è tra i più cercati sul web. E tra le mete predilette ci sono ristoranti e bar storici, ma anche dimore storiche dove si producono quelle eccellenze che hanno voglia di trovare. Altra buona prassi è quella di attivare dei corsi di cucina. L’esperenzialità, in sostanza, si conferma come la tendenza da seguire. E l’offerta si deve adeguare.

 

Turismo enogastronomico: le cantine attirano. Loro però devono “svecchiarsi un po'”…basta un pizzico di fantasia

Guardando alle cantine, la voglia di visitarle c’è. Anzi è certamente una delle esperienze più ricercate. Ma un problema c’è. Siamo “antichi”. Gli enoturisti sono stanchi di camminare tra i filari ascoltando l’esperto che racconta come si lavora in quell’azienda. Si può fare certo, ma meglio se lo si accompagna ad esperienze che stuzzicano curiosità, fantasia, e perché no anche un po’ di competizione.

La Garibaldi in occasione della presentazione del Rapporto, ricorda il Sole 24 Ore, qualche esempio lo ha fatto. Ha citato, ad esempio, la cantina Montgras in Cile. Qui i visitatori partecipano prima ad un quiz e poi sono protagonisti nella spillatura del sidro e del vino dalle botti. In Spagna la cantina Marqués De Riscal, invece, offre, mappa alla mano, la possibilità di scoprire il territorio attraverso percorsi che abbracciano i territori vicini. Il mitico champagne Veuve Cliquot, organizza cacce al tesoro, spettacoli artistici e in omaggio lasciano anche una confezione della bottiglia con la città di provenienza e la distanza da Reims o, ancora un calcio balilla brandizzato.

Insomma, ci si deve ingegnare, investendo quel che si può. La fantasia non ha costo e con quella le opportunità diventano infinite. Si potrebbe giocare con i personaggi famosi del luogo organizzando giochi interattivi e culturalmente validi, o, magari, inventarsi un’escape room come ha fatto un’azienda californiana puntando però sulle suggestioni della vecchia Europa.

 

Un piccolo suggerimento a cantine che fanno ristorazione e luoghi specifici del settore…

Basta menù fissi! Non piacciano. Infastidiscono. Sanno troppo di “menù turistico”. Anche perché il cibo italiano a tavola conquista: l’87% dei tour operator stranieri ne dà un giudizio positivo. Anche qui ci vuole più fantasia. Secondo la Garibaldi buona prassi sarebbe quello di puntare sulla digitalizzazione (e per la cantina Enolò offre servizi integrativi innovativi che potrebbero fare proprio al caso vostro grazie alla sua innovativa Carta dei Vini) e su personale preparato che conosca l’hospitality manager.