La classifica Bounce incorona quest'anno il Bel Paese. Un bel riconoscimento. Quale il potenziale? Su criticità, punti di forza e minacce il documento Vision 20/30 fa il punto. E gli addetti ai lavori avanzano le loro proposte

L’enoturismo italiano sulla vetta del mondo. E’ quanto emerge dalla classifica The Wine Lover’s Index elaborata da Bounce, piattaforma online dedicata al deposito bagagli che la elabora prendendo in considerazione fattori come la produzione nazionale per persona per consumo medio di vino, il numero dei wine tour disponibili ogni 100 mila persone, la superficie vitata dei Paesi considerati e il costo medio di una bottiglia di vino.

Una “buona nuova” come si suol dire che si inserisce bene nelle strategie per il futuro messe in campo dagli addetti ai lavori che, con il primo documento strategico condiviso ed elaborato proprio da chi, del mondo del vino, è protagonista, ha fatto il punto sull’enoturismo guardando a punti di forza, di debolezza, opportunità, minacce e proposte di azione per fare di quello che è già un volano dell’economia nazionale, un elemento di forza sempre maggiore. E’ Vision 20/30, documento di cui abbiamo già analizzato l’aspetto inerente la comunicazione.

 

L’enoturismo italiano al primo posto nel mondo. Nella top five Portogallo, Spagna, Francia e Nuova Zelanda!

Andiamo per ordine e partiamo dalla classifica di The Wine Lover’s Index che ha decretato, per quest’anno, l’Italia “capitale mondiale” (definiamola così) dell’enoturismo con un punteggio di 8,28 sui 10 disponibili. Un trionfo in gran parte dovuto all’Oltrepò Pavese per quelli che sono i parametri di questa classifica. E’ infatti questa la terza regione mondiale per produzione di Pinot Nero e ha una filiera che si estende su 13mila ettari con più di mille aziende attive.

Segue il Portogallo con 7,88 punti su 10 che con due regioni enologiche riconosciute come patrimonio dell’Umanità Unesco, conquista il secondo posto. A rappresentarlo il mitico Port, vino dell’omonima città, con il Paese che ottiene però il primato in quanto a consumo di prodotti vinicoli a livello mondiale.

Terza posizione per la Spagna grazie a Cava, Aragon e Rioja. Quarta la Francia con Borgogna, Champagne e Bordeaux. Nella top5 anche la Nuova Zelanda che conquista con i suoi Sauvignon Blanc e il Pinot Nero.

Una notizia che rinfranca ancor più visti i due anni difficili che tanto hanno reso complicati gli spostamenti e che deve spingerci a premere sull’acceleratore per fare dell’enoturismo un elemento “Paese” universalmente riconosciuto.

 

Tanti i punti di forza dell’enoturismo italiano. Vision 20/30 fa il punto: prendiamone consapevolezza e facciamone una leva di grande sviluppo!

A questo punto è interessante vedere cosa, chi il vino lo fa, lo vende e lo promuove, pensa dell’enoturismo italiano. Nel documento strategico Vision 20/30 è un altro tema centrale che analizza a fondo il fenomeno partendo, ovviamente, da quei punti di forza di cui dobbiamo prendere maggiore consapevolezza. Inutile dire che il brand già fa la differenza. Made in Italy è già di per sé, in ogni ambito, un biglietto da visita di grande prestigio. Lo chiamano “Beautiful Italy” ed è tutto ciò che l’Italia è: bellezza, storia, cultura, tradizione, brand storici e ‘nuovi’ che sanno esaltare i valori del Bel Paese. Il paio lo fa il cosiddetto “Italian Style” che ha ancora tanto potenziale inespresso. Pensiamo ai luoghi: quanto hanno ancora da raccontare? Molto e il vino è un ottimo veicolo per farlo.

Inutile dire che quando abbiamo parlato di comunicazione, abbiamo anche accennato all’enoturismo che è un ambasciatore perfetto per far parlare dell’eccellenza italiana e farlo “dal vivo”, mostrando agli occhi e al palato (e anche al cuore) tutto ciò che l’Italia ha da dare. Siamo moda, siamo design, siamo lifestyle, siamo…wine&food! Emozioniamoci ed emozioniamo…possiamo farlo rivolgendoci ad ogni tipologia di target.

 

L’enoturismo italiano ha le sue debolezze che, paradossalmente, sono un patrimonio inestimabile se ben canalizzato. Ma serve il contributo di tutti: istituzioni incluse!

Sarebbe una favola se non fosse che, all’atto pratico, criticità non mancano all’enoturismo italiano. Il primo è, paradossalmente, anche un grande vantaggio. Parliamo della vastità e l’eterogeneità dell’offerta che siamo capaci di presentare. Una “diversità culturale” che troppo spesso si disperde il potenziale. E’ enorme anche in termini enologici l’offerta nazionale e trovare il modo giusto per valorizzare tutto semplice di certo non è.

Questo dipende anche dall’assenza di una sorta di “regia dell’enoturismo” che sappia promuovere, nel rispetto delle differenze, il “brand Italia”. Per gli addetti ai lavori servono progettualità sinergiche e un vero e proprio coordinamento, unico e specifico, che sappia mettere insieme il mondo dell’enoturismo italiano.

La conseguenza? Serve professionalità ed ecco un altro vulnus: la formazione e l’informazione. Mancano e questo crea grandi gap per la crescita degli operatori e dei territori. E rieccola la digitalizzazione che deve raccogliere la “sfida layer” e presentarsi, bene, sul web. Servono competenze per interpretare le esigenze dei mercati e dei consumatori. Solo dopo si potrà comunicare ciò che davvero ha efficacia a livello globale. Per farlo servono, ovviamente, anche i finanziamenti. Ecco perché si chiedono bandi locali, nazionali ed europei che siano “sfruttati” al meglio proprio grazie a quella regia unica che oggi manca.

 

Le opportunità? Infinite, ma dobbiamo ancora fare i conti con la digitalizzazione. Non è una moda, ma una realtà concreta e una vetrina di esperienze globale!

Vantaggi e svantaggi, se compresi e canalizzati non possono che portare ad ottime opportunità. E la prima, leggiamo su Vision 20/30 si riferisce sempre a quel bisogno di digitalizzazione (efficace) che va costruita e subito. Basti pensare che i consumatori esteri si aspettano esperienze più digitalizzate dalle cantine (e con la pandemia abbiamo visto quanto ce n’è bisogno viste le difficoltà di viaggiare), ma solo il 2,8% delle imprese offre virtual tour e solo l’1,9% degustazioni ed eventi online.

Si potrebbero poi creare delle partnership multisettoriali dato il potenziale che, abbiamo visto, ha il brand “Made in Italy”. Inutile dire che anche le istituzioni devono fare la loro parte creando singergie più significative con Consorzi, Distretti e tutto ciò che del vino è riferimento. Farlo, però, senza ‘snaturare’ nessuno. La diversità è un valore che non deve essere, come abbiamo visto, dispersione, ma punto di forza.

Restando nel digitale chi del vino è protagonista vorrebbe vedere le attività di hospitality inserite in un progetto di rinnovamento digitale delle aziende che includa un nuovo sistema di customer experience e customer managment. E qui, se parliamo anche di riduzione di tempi di vendita e costi contenuti, ci sentiamo tirati in ballo.

La grande vastità del panorama enologico italiano, tra l’altro, deve spingerci a promuovere destinazioni territoriali oggi ancora poco conosciute. L’Enoturismo, insomma, può e deve diventare un traino di tutto il settore turismo italiano. Riscopriamoci e lasciamoci scoprire!

 

Conoscere le “minacce” e dunque affrontare la concorrenza, comprendere quanto il Covid ha cambiato il turismo e investire (nelle infrastrutture) è una priorità!

Il quadro si completa e soprattutto può trovare soluzioni di valorizzazione realmente significative se si è coscienti anche di ciò che ci circonda, minacce incluse. Inutile dire che la voglia di esperenzialità che i consumatori cercano sempre di più, abbia dato vita ad una grande concorrenza. Non spaventiamoci. Servono finanziamenti che vanno spesi in progettualità capaci di rispondere alla nuova domanda, ancor più oggi con il turismo che il Covid ha di fatto, trasformato. Fino al 2026, secondo il McKinsey Tourism recovery model, non torneremo ai numeri del pre-pandemia. Questo non vuol dire aspettare, ma agire.

Utilizzare il tempo della ripresa per creare nuove infrastrutture che da sempre, soprattutto in alcune aree del Paese, costituiscono un gap importante per lo sviluppo…anche dell’enoturismo.

 

Gli addetti ai lavori avanzano le loro proposte per far crescere l’enoturismo italiano e ci piace quando si parla di strumenti digitali…a cominciare dal Crm!

A questo punto dunque, cosa suggeriscono gli addetti ai lavori? Alcune azioni le  propongono a cominciare dalla costituzione di un centro di coordinamento che diventi punto di riferimento operativo, soprattutto per quanto riguarda la comunicazione dell’offerta enoturistica italiane.

La formazione è un altro tassello fondamentale, soprattutto per l’ospitalità. Ecco che allora anche altri settori possono correre in aiuto. Ci sono figure professionali che hanno esperienze anche in altri ambiti, pensiamo al settore alberghiero…perché non possono offrire la loro conoscenza al mondo del vino? Non possono…devono!

Ed ecco un’altra proposta che ci piace e in cui si sentiamo anche un po’ pionieri. Si chiede un miglioramento dell’utilizzo degli strumenti digitali a cominciare dal Crm. Noi, su questo, abbiamo costruito il nostro business ripesando la filiera e cercando di dare ai suoi protagonisti quelle risposte di cui hanno bisogno e che ora, con la pandemia, si sono palesate ancor di più ai loro occhi.

C’è poi il problema atavico delle Strade del Vino. Un’idea ottima, peccato che però non siano mai state promosse e valorizzate a dovere. Ecco perché, gli addetti ai lavori, chiedono che queste attività vadano a capo dei Consorzi di tutela.

Dei maggiori finanziamento abbiamo già detto, ma tra le proposte avanzate ce n’è un’altra molto interessante. Quella con cui si chiede la costituzione di un osservatorio economico dedicato all’enoturismo capace di analizzare i diversi target, ma anche il tesstdo di operatori sul mercato così da indirizzare al meglio le strategie di sviluppo del turismo del vino.

Infine, ed ancora una volta parliamo di digitale, i protagonisti della filiera vorrebbero fosse realizzato un portale unico che sappia raccontare al meglio la vastissima offerta enoturistica italiana.