L'interessante punto fatto da Wine Enthusiast. Tradizione non vuol dire non cambiare. Soprattutto è tempo di ascoltare. Ecco cosa chiedono, ecco come possono portare in salvo l'intero mondo del vino

Li accusano di essere i responsabili della “fine” di molte cose, eppure i millennial e la generazione Z potrebbero essere i “salvatori” del settore vino nel momento più difficile che sta vivendo. E’ quanto emerge dalle risposte che professionisti del settore degli States hanno dato a Wine Enthusiast e che, in fondo, ci regalano una visione globale, di fronte ad un cambiamento che è innegabilmente mondiale.

Il periodo che ci attende, dunque, è rivoluzionario su più fronti. Se del punto di vista “digitale” ci siamo trovati spessissimo a parlare, è anche il fattore umano che va guardato con occhi diversi. Tenere alla tradizione non vuol dire rimanere al palo ed evitare i cambiamenti, ma imparare a comunicare ciò che si è e i valori della contemporaneità nel modo giusto. I giovani lo chiedono e il settore, per sopravvivere, deve dare risposte.

 

Le nuove generazioni non sono ‘distruttive’, hanno un’importante potere d’acquisto e il settore vino, questo, se lo deve ricordare

Partiamo da un paio di dati oggettivi che vengono riportati dall’articolo apparso su Wine Enthusiast. Innanzitutto ricordiamo che quando parliamo di millennial parliamo di persone nate tra il 1981 e il 1996, mentre la cosiddetta generazione Z è quella dei nati dopo il 1996. I primi, nonostante siano diventati maggiorenni durante le recessioni, sottolinea l’articolo, hanno un potere di spesa, e parliamo solo degli Stati Uniti, di 1,4 trilioni di dollari secondo un rapporto del 2020 pubblicato dalla società di pubbliche relazioni 5Wpr di New Yorg. La generazione Z comprende il 32% della popolazione globale ed è la generazione più multietnica che il Paese abbia mai visto tanto che il 48% fa parte della comunità di colore. Non solo. Sebbene il membro “più anziano” della Generazione Z ha solo 24 anni, detiene già più di 140 miliardi di dollari di potere di spesa, un numero che si prevede solo in crescita.

Avranno anche “ucciso” il settore Toy perché fanno meno figli, tanto per citare una delle tante critiche che gli si rivolgono, ma sono un patrimonio che per il settore vino può fare davvero la differenza. E ora scopriamo perché.

 

Comunicare nuovi valori: sostenibilità e cambiamenti sociali. Il settore vino impari a raccontarsi parlando le storie di millennial e generazione Z

I giovani sono attenti alla sostenibilità e ai cambiamenti sociali e nelle aziende cercano valori precisi. Ecco perché loro potrebbero ringiovanire un settore che prevede di perdere quasi 6 miliardi di dollari quest’anno. Uscire dalle “convinzioni” e aprirsi alla promozione di “nuovi valori” è un passo inevitabile per fidelizzare millennial e Generazione Z per Justin Noland, vice presidente di GoldLine Brands. Per lui è finita l’epoca in cui si comunicava senza ascoltare. Ora c’è consapevolezza e i ragazzi vogliono sapere se un’azienda fa donazioni, si occupa di sociale, tratta in modo adeguato i dipendenti e attua politiche di sostenibilità in azienda. Bene: bisogna farlo e raccontarglielo.

Due gli esempi che fa per far capire come alcune aziende, in altri settori, siano state penalizzate nel non aver capito l’importanza di abbracciare movimenti come il #MeToo e il Black Lives Matter. E gli errori, sottolinea, si paga. Non diversa la posizione di Marcella Tompikins, account director di McCue Pr, società che lavora con aziende di Sonoma. Per lei giustizia sociale e antirazzismo sono tra “le preoccupazioni” delle nuove generazioni. Non prendere una posizione non fa bene a nessuno.

Il vino, dai giovanissimi, è visto come una cosa obsoleta, o meglio lo è il settore. Svecchiarsi è d’obbligo. Rimanere nella propria gabbia d’oro non aiuta a nutrirsi e crescere, ma destina a morte certa. Potremmo sintetizzare così l’idea che i professionisti americani danno del momento e i suggerimenti sulle azioni da intraprendere.

 

Storytelling e marketing: i linguaggi ‘giovani’ che il vino deve imparare a masticare. I punteggi non contano. E’ il processo di produzione, anche ideale, che importa!

Storytelling e marketing del passaparola per la dottoressa Elizabeth Thach, docente di vino e managment alla Sonoma State University, sono linguaggi che possono aprire la porta della comunicazione con i giovanissimi. “I millennial – spiega su Wine Enthusiast – vogliono un’esperienza, mentre la generazione Z vuole concetti interessanti e marketing all’avanguardia”.

D’altra parte, ricorda bene l’articolo, i giovani un impatto importante con il vino l’hanno già avuto. Basta pensare all’exploit del rosè, che la notorietà e la sua identità è riuscita a guadagnarsela solo negli ultimi anni e solo grazie all’arrivo di internet e i social media.

Facciamocene una ragione: i punteggi, se importanti sotto alcuni punti di vista, non sono di certo la discriminante di scelta per le generazioni future. A loro interessa sapere come è stato prodotto, se è stato prodotto secondo metodi naturali, senza troppe emissioni, da persone che hanno avuto un salario equo e così via.

Non dimentichiamo l’impatto sulla salute. Bere meno, ma bere bene è ormai una sorta di claim nel settore. E i ragazzi pensano anche a questo. Insomma, sottolinea Hayley Johnston, assistente enologo presso Mill Creek Winery: raccontateci una storia fatta dei valori che ci appartengono.

 

Non ci si chiede più chi ha fatto questi vino, ma come è stato coltivato? Per i giovani vino e bevande contano. Ma il settore ha capito quanto contano loro?

Tra le obiezioni sollevate e le azioni da mettere in campo anche quella più “semplice” a livello comunicativo: basta solo barbe bianche nelle conferenze di settore. I giovani ci siano, parlino, raccontino ciò che in loro si identifica, sa ben riconoscere, come ben dice Jennifer Reichtardt, millennial ed enologo di Raft Wines.

La sintesi, se così possiamo dire, la fa Martin Reyes, fondatore e presidente del Martin Rayes Wine Group e cofondatore della Wine Unify Foundation. La domanda prima era: chi l’ha fatto? La domanda oggi è: come è stato coltivato?

Siamo certi che non valga anche per tutti noi? Crediamo di sì. I movimenti ambientalisti come il FridayForFuture, sono nati anche in Italia. Anche in Italia ci sono movimenti per chiedere giustizia per giovani come Giulio Regeni, ucciso in Egitto, e Patrick Zacki che qui è detenuto. Il #MeeToo è nato anche qui. Per George Floyd anche qui i giovani hanno manifestato. Insomma: i temi sono globali.

E così come si informano sullo status quo delle situazioni sociali, altrettanto fanno quando devono scegliere un vino. Negli Usa, prosegue Wine Enthusiasti, quasi il 60% della Generazione Z mette “cibo e bevande” tra i suoi primi 5 interessi. E come i millennial anche loro sono pronti a sperimentare.

Forse in Italia non saremmo così predisposti a provare vini con fermentazione di uva, mele e angurie, come suggerisce Justin Trabue, assistente enologo della Gen Z presso Lumen Wines, ma la tendenza arriverà o comunque fenomeni simili nasceranno.

 

Rivedere le politiche aziendali all’insegna della parità e l’antirazzismo. Per i ragazzi il ‘siamo tutti uguali’ non è una banale chiacchiera

L’ultimo aspetto: come deve essere un’industria che piaccia alle nuove generazioni? Secondo alcuni per rispondere alle loro esigenze bisogna ripensare i processi di assunzione, creare una connessione tra vigneto e cantina, incoraggiare i dipendenti e far sì che siano ospiti delle degustazioni.

Siamo sicuri che sia non sia una rivoluzione già vista? O meglio una nuova versione di quella “rivoluzione proletaria” che non tollera le diseguaglianze e chiede parità di trattamento al di là del ruolo che si ricopre? A noi, in fondo in fondo, pare proprio di sì. E da questo non esime la parità di genere. Le donne fanno parte di questo mondo e sono grandi acquirenti. A loro anche si deve parlare e a loro si deve riconoscere parità salariale, parità di ruoli e così via. Idem per i membri delle comunità Lgtbq.

Secondo i professionisti interrogati da Wine Enthusiast YouTube è il canale che in pochi hanno capito come sfruttare. Nella comunicazione video c’è il futuro, ma soprattutto il futuro è nella capacità di ascoltare, di smettere di arroccarsi sulle proprie convinzioni e dar voce a chi poi, il nostro vino, lo dovrà bere!