#rosè: un successo per quelli italiani negli Usa. I consumi negli States aumentano anche grazie al famoso 'cancelletto' che, però, favorisce i cugini francesi

Il vino rosato italiano, sarebbe meglio dire vino rosè, è sempre più apprezzato negli Usa. Lo ha dimostrato anche “Puglia in Rosè” evento che, negli States e persino nei ristoranti di Joe Bastianich ha portato tutta la qualità dei nostri vini rosati. Eppure, nonostante la crescita esponenziale, restiamo indietro. Perché? Per “colpa” di un hashtag che per i giovani americani è ormai un vero e proprio stile di vita.

 

Vino rosè non rosato: è il dettaglio a fare la differenza. Parola di Master of Wine

vino rosè italiano negli Usa

Prima di venire al buon stato di salute del vino rosato italiano è il caso di fare una precisazione. Sarebbe cosa buona e giusta limitarsi a definirlo rosè. O meglio a “postarlo” con l’hashtag #rosè. Lo ha dichiarato su Meiniger la Master of Wine londinese, cioè una delle voci più autorevoli quando si parla di vino, Sarah Abbott: alla fortuna della categoria stanno dando un contributo notevole i social media. Instagram in particolare.

Ai millennials americani, infatti, piace postare questo semplicissimo hashtag, #rosè. Così tanto da essere riusciti a definirne loro lo stile ancor prima che venisse realmente apprezzato anche nel mondo della critica enologica. C’è solo un problema: il richiamo è molto più francese che italiano. Ecco perché, da oggi in poi, sarebbe bene che chi vuole promuovere il suo vino rosato lo francesizzi in rosè. La prova? Il rosato italiano negli Usa cresce, ma mai quanto quello della Provenza. Guarda caso proprio quello fatto di post e condivisioni firmati #rosè. Solo loro ci precedono in quanto ad export.

Bene dunque la scelta di chiamare l’evento portato negli States dalle cantine pugliesi “Puglia in rosè” anziché “rosa”. 

 

Vino rosè: i rosati di puglia assoldano uno dei 10 miglior sommelier degli Stati Uniti

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E’ stato un evento ricco. Uno di quelli che promette, in futuro, annate eccezionali. Parliamo di “Puglia in rosè“. L’evento realizzato nell’abito dell’Italian Wine Week di New York e Miami, che ha portato il meglio del vino rosato della regione negli Stati Uniti. Sono tante le eccellenze di questo territorio e sempre più le aziende che, con i loro rosati, ottengono prestigiosi riconoscimenti. Bombino Nero, Nero di Troia, Primitivo, Negroamaro sono stati al centro di un seminario decisamente unico che ha certamente dato quel qualcosa in più a dei vini che gli americani amano sempre di più. 

A condurlo, infatti, sono stati Jeff Porter, beverage director dei ristoranti di Joe Bastianich in Usa e Eric Guido, wine director del Marketing Morrell Wine Group. Personalità che, oltre a condurre la degustazione, hanno anche spiegato quanto il rosato sia sempre più apprezzato affermando che tale tipologia di vino è sempre più presente sulle Carte dei Vini dei ristoranti Usa. Carte dei Vini americane che, seguendo le giuste tendenze, possono diventare sempre più accessibili.

Un volo transoceanico quello dei rosati pugliesi che si è concluso con un gran colpo. A rimanerne affascinato è stato infatti il sommelier-attore Charlie Arturaola. Attore che abbiamo visto in Wine of Duel, ma soprattutto sommelier nella top 10 americana. Con lui partirà un progetto per la promozione dei rosati pugliesi. 

Non solo. Anche la Camera di Commercio americana ha confermato il suo interesse per l’Operazione Rosati sulla sica del successo del prosecco. L’idea è ampliare il ventaglio della proposte enoiche made in Italy per il mercato Usa. 

 

Vino rosè: negli Usa piace sì, ma anche altri Paesi fanno numeri sempre più importanti

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Partiamo dagli Stati Uniti e i Millennials. Gli ultimi dati non sono proprio nuovi, risalgono al 2015 e visto l’andamento è facile o quanto meno sperabile pensare che da allora le cose siano ulteriormente migliorate. Il vino #rosè, con l’hashtag dovuto in questo caso, piace davvero molto ai giovani americani tanto che il 14% di loro lo sceglie. Nel Regno Unito il consumo del rosato è cresciuto in pochi anni del 250% così come in Giappone. Anche il Canada vede salire la sua quota consumi con un incremento del 120%. Ma a far davvero sbarrare gli occhi è la Svezia. Qui l’aumento i consumatori di rosè sono saliti del 750%. Un numero che spiega bene il perché delle mete scandinave, Norvegia in primis, come appetibili mete per il vino italiano. 

A livello mondiale dal 2002 l’incremento è stato del 17%. Siamo passati dal 22% di importazione, infatti, al 39%. Chi esporta di più? Lo abbiamo detto: la Francia che detiene il 31% del mercato con l’Italia seconda ma ferma al 23%. Potere di un hashtag?