La Ue rafforza il quadro giuridico della banca dati per l'analisi chimica del vino. Dall'altra parte del globo si sperimenta una nuova tecnica spettroscopica

Le frodi del vino, si sa, sono un grande male. Non c’è giorno che nella cronaca nazionale, internazionale e persino locale, non ci si imbatta in notizie di contraffazione. E l’Italia, ricca di eccellenze e faro nel mondo con il suo Made in Italy, paga un prezzo altissimo in quanto a contraffazione.

Bene dunque il fatto che l’Europa abbia imboccato la strada del rafforzamento per evitarla. E se dalle nostre parti la Ue si muove in questa direzione, dall’altra parte del mondo, e per la precisione in Australia (ve ne abbiamo già palato) si sperimenta una nuova tecnica spettroscopica per scoprire se il vino è contraffatto.

Frodi del vino: all’Europa costano 1,3 miliardi l’anno, circa il 3,3% delle vendite. Ecco perché si è deciso di agire

L’obiettivo dell’Europa è chiaro. Necessario proteggere l’identità, l’origine e la qualità del vino. Troppo spesso si scopre che alle miscele si aggiungono zucchero o acqua. Peggio che si rubi l’origine geografica. Bruxelles stima perdite per 1,3 miliardi di euro  (circa il 3,3% delle vendite) all’anno in quanto a frodi del vino. Per questo ha deciso di rafforzare il quadro giuridico della banca dati per l’analisi chimica del vino. Una banca dati utile, ad esempio, proprio a rilevare se ci sono “contaminazioni” nel vino (acqua o zucchero) e verificare l’origine geografica dello stesso.

L’esecutivo europeo ha quindi aperto ai contributi fino al 13 aprile il suo progetto di regolamento e per combattere le frodi si propone di fissare scadenze per i Paesi europei per la trasmissione delle analisi, di riorientare la banca dati sui vini con indicazioni geografiche e di introdurre una relazione annuale sui risultati delle verifiche effettuate.

 

Frodi del vino: in Australia uno studio potrebbe mettere la parola fine alle contraffazioni enologiche

 

Intanto dall’Australia arriva una nuova arma contro le contraffazioni enologiche. Sono stati i ricercatori dell’Università di Adelaide a scoprire una nuova tecnica basata sulla “spettroscopia di fluorescenza” che potrebbe dare risposte rapide sul se un vino sia stato o meno manipolato.

A riportare la notizia è stata la prestigiosa rivista britannica Decanter. “Gli esperimenti – riferisce – hanno dimostrato un grande potenziale per autenticare l’origine geografica dei vini”. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Food Chemistry. I ricercatori hanno quindi affermato di essere riusciti, durante le loro sperimentazioni, a identificare correttamente i Cabernet Sauvignon di tre diverse regioni dell’Australia e uno di Bordeaux con una precisione del 100%.

Un metodo che fornisce una sorta di “impronta digitale” dei campioni. L’obiettivo era infatti quello di identificare “marcatori chimici” specifici per diverse regioni vinicole, come ha spiegato il professore associato David Jeffrey che lo studio lo ha condotto. Uno studio che potrebbe avere nuovi sviluppi anche sull’analisi fenolica e del colore del vino.