I numeri sono più che positivi e l'Italia si conferma primo esportatore in termini di volumi. Le minacce però non mancano. E' il 'sistema' che deve funzionare e la Dieta Mediterranea insegna: con il riconoscimento Unesco i suoi prodotti fanno 'boom'...vino in primis!

Esportazioni in crescita per i vini e gli spirits italiani, ma non è il caso di rilassarsi: per il Made in Italy si affaccia un periodo non facile tra ritorno della pandemia, possibili dazi e aggressioni alle denominazioni. Senza considerare l’aumento dei costi per la logistica e le materie prime. Certo è che la fotografia scattata da Federvini è una fotografia ancora una volta incoraggiante che getta le basi per prepararsi alle nuove difficoltà.

A confermare l’andamento positivo anche l’Istat (che fa anche un paragone con il 2012), con Coldiretti che sottolinea quanto il riconoscimento Unesco abbia fatto fare boom ai prodotti della dieta mediterranea…vino in primis!

D’altra parte la resilienza il settore l’ha sempre dimostrata e siamo certi che lo farà ancora una volta.

 

Federvini: l’Italia si conferma primo esportatore mondiale in termini di volume, ma per competere in valore bisogna valorizzare l’eccellenza…nel prezzo!

A fare il punto due studi dell’Osservatorio Economico di Federvini (Vini, Spiriti e Aceti: Valori di Mercato e Competitività e Vini e Spiriti nel Mercato dei Consumi fuori casa) curati rispettivamente da Nomisma e TradeLab.

Complessivamente quello che ne emerge è una crescita record per l’export delle nostre eccellenze enologiche negli ultimi due anni: sì proprio quelli della pandemia. Una cresita accompagnata anche dai consumi domestici e le performance di esportazione dell’Aceto Balsamico di Modena.

Insomma: il vino gioca bene in casa e fuori casa. Per capire basta pensare che, in termini di volumi, le esportazioni di vino italiano hanno fatto registrare il doppio di crescita rispetto agli spagnoli (+6,8%) e oltre il triplo in confronto ai vini francesi (4,7%). In termini di volume, quindi, l’Italia si consuma primo Paese esportatore a livello globale, seguita dalla Francia che, però, mantiene il primato in termini di valore.

Ancora una volta ad influire, inutile negarlo, è la differenza di prezzo. Se per un Bordeaux mediamente si spendono 14 euro a litro, per un vino piemontese il prezzo è di 9,4 euro, con i toscani che possono costare anche “soltanto” 8 euro. Un dato che ancora una volta mette al centro del dibattito l’importanza di valorizzare il valore delle eccellenze italiane, ovvero di farlo proprio sotto il profilo del costo. Dati comunque positivi che vanno di pari passo con le vendite del canale off-trade rilevati a fine settembre da NielsenIQ: la crescita è del 6,1% rispetto al 2020, con gli spumanti a farla da padrone. Per loro la crescita, con Charmat secco e Metodo Classico a trainare, è stata del 27,5%.

 

Federvini: si cresce nei maggiori Paesi importatori, ma guai a sedersi sugli allori. Le sfide che ci aspettano sono ancora tante!

Entrando nel dettaglio dalle ricerche Federvini emerge come il vino italiano conquisti i principali Paesi importatori. Negli Usa l’aumento delle vendite è stato del 24,7% rispetto al 2020; in Uk del 6,1%; del 9,4% in Germania; in Canada del 15%, in Russia del 27% e in Cina del 47,2%. E il dato degli Stati Uniti è quello da tenere maggiormente in considerazione. Sì perchè racconta di un tasso di crescita di più del doppio rispetto al periodo pre-pandemico rispetto ai principali competitor: Spagna e Francia.

“I dati – ha dichiarato la presidente Federvini Micaela Pallini mostrano che i nostri comparti godono di buona salute. Tuttavia sarebbe sbagliato concludere che va tutto bene. Purtroppo – ha infatti sottolineato -, assistiamo ad una recrudescenza della pandemia che assieme alle tensioni inflazionistiche sulle materie prime e gli aumenti sui costi di trasporto mettono in serio pericolo la crescita delle nostre aziende nel 2022. A ci si aggiungo gli attacchi al Made in Italy attraverso l’introduzione di dazi o barriere normative ed inaccettabili aggressioni alle nostre denominazioni”. Di qui, ancora una volta, l’appello alle istituzioni. A queste si chiede la semplificazione amministrativa, sostegno nella promozione dei vini italiani nei mercati italiani e nella tutela delle indicazioni geografiche. Un riferimento chiaro anche al caso Prosek che tiene banco ormai da mesi. Tutti temi complessi cui si aggiunge, ha infine detto Pallini, “un’offensiva internazionale nei confronti dei nostri prodotti, demonizzante e proibizionistica, che non distingue tra consumo corretto e abuso”.

E di fake news ne girano fin troppe!

 

La fotografia Istat: dal 2012 ad oggi l’export cresce in modo esponenziale e vini Dop spadroneggiano. Ecco quanto conta la denominazione!

Al di là delle difficoltà innegabili e il bisogno di farsi trovare pronti, oltre all’esigenza di diventare protagonisti anche nello scenario politico internazionale per tutelare l’eccellenza italiana, a confermare il buono stato di salute dell’export dei vini del Bel Paese è anche l’Istat.

Nel primo semestre del 2021 le vendite all’estero ammontano a 3,335 miliardi di euro a fronte dei 2,884 dello stesso periodo del 2020 dice l’Istituto. Una crescita importante che dimostra, a dirla tutto, quando davvero le denominazioni vadano tutelate. Sì perché a determinare la crescita sono stati soprattutto i vini Dop e Igp e, tra questi, i vini bianchi che sono passati dai 467 miliardi di export dei primi sei mesi del 2012 ai 634 milioni dei primi sei mesi del 2021.

A dirla tutta a trainare sono soprattutto i Dop a fronte di un calo dei vini Igp che ormai va avanti dal 2018. I primi, infatti, hanno visto aumentare le vendite all’estero dal 2012 ad oggi del 129,2%, passando da 212 milioni di euro a 486 milioni. Gli Igp sono invece scesi e di tanto passando dal 42% (255 milioni di euro) del 2012 agli attuali 148 milioni.

 

Ai numeri del vino Federvini e Istat si aggiungono quelli Coldiretti: la Dieta Mediterranea fa ‘esplodere’ l’acquisto dei prodotti…e il calice vince su tutti!

Visto che il must di quest’anno è “penso positivo“, in questo quadro ci permettiamo di aggiungere ancora un dato: quello che riguarda la dieta mediterranea. Con il riconoscimento Unesco, in tempo di pandemia i prodotti che la rendono uncia al mondo, hanno visto un vero e proprio expoit in termini di domanda. Secondo quanto rilevato da Coldiretti, infatti, si registra il record nelle esportazioni nazionali di frutta, verdura, pasta, olio extravergine di oliva e, ovviamente, vino!

Un bilancio fatto proprio il giorno dell’anniversario del riconoscimento Unesco datato 16 novembre 2010 e basato sui dati Istat dei primi sette mesi del 2021 rispetto allo stesso periodo del 2010. Il balzo complessivo è stato del 56% ed è proprio il vino, sui singoli prodotti, a fare boom. Per lui, infatti, la crescita è stata del 72%, seguito dal 59% della pasta, il 50% della frutta e la verdura conservata, il 39% di quella fresca e il 38% dell’olio extravergine.

La dimostrazione di come quello italiano sia un vero e proprio sistema agroalimentare capace di sostenersi dentro un quadro multicolore, in cui ognuno ha un ruolo, ma fatto anche di un legame indissolubile con quella che è l’immagine del Made in Italy nel mondo e, soprattutto, del suo valore.

Anche in questo caso però, occhi aperti perché, denuncia Coldiretti, il successo raggiunto è sotto attacco a livello internazionale. A minacciarlo soprattutto i sistemi di etichettatura. Ma l’Italia, conclude l’associazione, si sta muovendo con intelligenza per rafforzare ulteriormente una coalizione a supporto di un sistema armonizzato, che sia diverso dalla Nutriscore e che vada a rivedere alcuni dei principi e le idee base del sistema francese.