Nei primi otto mesi del 2022 si cresce del 12 per cento con Paesi extra-Ue "nuovi" che si dimostrano molto floridi: a trainare la crescita anche il settore della ristorazione che più di tutti aveva pagato lo scotto della pandemia

La crisi c’è e i problemi anche, ma l’export del vino si conferma più che resiliente. Il rush finale del 2022 fa registrare un ottimo risultato per l’export che cresce del 12 per cento sfiorando gli 8 miliardi di dollari.

Parliamo ovviamente del vino italiano e sono questi i dati dell’Osservatorio Federvini curato da Nomisma e TradeLab che portano una ventata di positività guardando al 2023.


La rinascita dell’Horeca dopo il freno dettato dalla pandemia e i tra i nuovi mercati alcuni si dimostrano particolarmente floridi

Diversi i fattori di successo per l’export del vino italiano. Da una parte c’è il cambio euro-dollaro che, spiega la Federvini, “ha permesso di compensare gli aumenti dei costi di produzione e recuperare competitività sui mercati dove la moneta è quella a cominciare da Stati Uniti e Canada con il primo che, come noto, è uno zoccolo vino per l’enologia nostrana. Dall’altra la ripresa del turismo dopo lo stop determinato dal covid. Una spinta importante quella che arriva dalla ripresa dei viaggi che fa bene soprattutto all’Horeca settore che, come ben si sa, ha sofferto più di tutte le chiusure dei lockdown.

Tra questi si inserisce anche il tema della diversificazione dei mercati. Alcuni dei nuovi, infatti, si confermano in grandissima espansione. E’ il caso di Thailandia e Vietnam dove nei primi otto mesi del 2022 la crescita è stata rispettivamente del 158 e dell’82 per cento.

Il vino un traino per l’agroalimentare italiano che anche nell’export si conferma una forza inarrestabile

Numeri importanti per il vino nei primi otto mesi del 2022 se si pensa che in generale l’export agroalimentare italiano a fine anno si stima possa superare i 50 miliardi di euro con una crescita del 16 per cento.

Proprio sulla diversificazione dei mercati si focalizza l’attenzione di Micaela Pallini, presidente Federvini. I mercati parlano, diciamo così. Quel che ora serve è una chiara e forte risposta che deve far leva, sottolinea, sulla promozione riportando quindi al centro del dibattito i finanziamenti, ma anche sulla proattività dell’Unione Europea nel concludere nuovi accordi di libero scambio con i Paesi extra-Ue che, come abbiamo visto, sono molto floridi.

“E’ evidente – sottolinea – che ci muoviamo in uno scenario complicato e in continua evoluzione. Non si escludono rallentamenti economici nel 2023 che dovrebbero interessare alcuni mercati europei come l’Italia e la Germania”, ma il fatto che il vino si confermi tanto forte è sempre un punto di partenza importante per guardare agli scenari del domani.


Anche i consumi crescono e il segno più lo mettono tutti: dagli spiriti lisci al vino, passando per amari e bollicine

Un’indagine quella condotta che oltre che sui dati dell’export si è concentrata anche sui consumi che si confermano in crescita fuori casa con un bel 38 per cento di crescita pari a 1,1 miliardi di consumazioni e che si stimano si tradurranno a fine a anno in 1,5 miliardi di giro economico.

Nei consumi però ad andare per la maggiore sono gli spiriti lisci che crescono del 152 per cento. Seguono i cocktail alcolici con una crescita del 40 per cento. A crescere sono però tutti. In classifica troviamo infatti a scendere gli amari che forse un po’ a sorpresa si prendono un 34 per cento in più dei consumi, le bollicine che confermano la loro forza e che aumentano del 31 per cento la scelta e il vino che gli è subito dietro con un più 30 per cento.

Crescita che, come detto, riguarda soprattutto l’Horeca a fronte di una grande distribuzione dove invece, forse per la prima volta, si registra una flessione. Insomma se la pandemia si era abbattuta come una scure sul settore della ristorazione, adesso è proprio lei a fare da traino alle nostre indiscutibili eccellenze. E le Carte dei vini lo dimostrano.