Un dibattito acceso e segno di grande vitalità in un settore che, ora, ha bisogno di ripartire. Come? C'è chi dice sì, ma i piccoli produttori si schierano: "come bruciare la Dieta mediterranea". E per la prima volta due mondi lontani...si toccano!

Distillazione vino? No grazie. C’è un elemento che fin qui non abbiamo mai citato e che, al di là delle posizioni, è la testimonianza di come un settore, nonostante le difficoltà, sia vitale: il dibattito! Ecco perché oggi vi parliamo di quello che, in tempo di Covid, si è aperto sulla cosiddetta “distillazione di crisi” con cui si vuole coinvolgere i vignaioli di tutta Europa.

A destare la nostra attenzione è stata principalmente la Rete dei vignaioli italiani che con questa definizione ha bollato l’iniziativa: “distillare vino è come bruciare la Dieta mediterranea, patrimonio dell’umanità”. Ripartire sì, insomma, ma senza sacrificare un settore che fa dell’eccellenza la sua bandiera e che per difenderla lancia un hashtag dal chiaro significato: #ilvinononsiferma.

 

La rete dei vignaioli italiani contro la distillazione del vino sotto l’hashtag #ilvinononsiferma…e soprattutto, ci viene da dire, si beve!

Sono circa 500 i produttori artigianali della Rete dei vignaioli italiani che si scagliano contro quella che è più di un’ipotesi. Distillare per loro è una violazione culturale, finanziaria e di equità economica. E il paragone con la Dieta mediterranea è, che si sia o meno d’accordo, poetico. E‘ un po’ come cedere al fast food e rinunciare allo slow food e chi pensa artigianale un’idea simile, oggettivamente, non saprebbe neanche come concepirla.

Alla base della protesta lanciata, almeno per ora, solo sui social, motivazioni ben precise. In testa quella che la misura non risolleverebbe in alcun modo il mercato del vino alle prese con l’emergenza Covid.

E per i piccoli produttori non è un caso che la proposta, al vaglio dell’Europa, sia arrivata proprio dal sistema cooperativo. Era il 23 aprile quando con una lettera congiunta le coop di Italia, Francia e Spagna hanno chiesto questa possibilità, indicando in 10 milioni di ettolitri complessivi la quantità da destinare alla distillazione con un budget europeo di 350 milioni di euro.

 

Le cooperative spingono, ma in Italia sulla questione distillazione si dividono e così, piccoli e grandi, per la prima volta…si sfiorano!

Eppure in Italia il settore cooperativo sulla questione si è diviso. E questo è un segnale chiaro di come il management stia cambiando anche per i big. E’ il caso della Viticoltori associati Torrevilla che con l’ultima acquisizione, quella della Cantina Storica Il Montù, ha deciso di ampliare il numero di vigneti a disposizione e quindi di aumentare la sua produzione e di certo non per distillare.

Forse per la prima volta, almeno nel Bel Paese, c’è una sinergia tra piccoli e grandi. E quello che sembra un piccolo passo, apre in realtà ad una grande riflessione. Che sia finalmente arrivato il momento di puntare su un brand unico e iniziare a parlare, differenze garantite, la lingua unica del Made in Italy? L’auspicio non può che essere quello. D’altra parte lo dicono gli stessi rappresentanti della Rete dei vignaioli:il vino è parte della cultura italiana e punta di diamante del Made in Italy, rappresenta l’Italian Lifestyle” ed è parte proprio di quella Dieta Mediterranea divenuta il simbolo di questa lotta. “Il vino aggiungono – va preservato e non distrutto”.

 

I vignaioli italiani allo Stato: “non mortificate un settore di eccellenza. Si rischia di danneggiare la reputazione del Made in Italy”

L’appello dunque è allo Stato a cui i vignaioli chiedono di non orientarsi sull’adozione di provvedimenti “la cui conseguenza sarebbe la mortificazione di un settore di eccellenza, punto di riferimento per valore e qualità. La distillazione riduce il valore percepito del vino italiano e danneggia la sua reputazione nel mondo”.

Ad oggi il ministro Teresa Bellanova la misura sembra voglia adottarla, ma non è ancora detto. Per tentare di scoraggiare una simile decisione i vignaioli aggiungono carne al fuoco. “I problemi – sostengono – sarebbero anche di natura finanziaria. Il prezzo di compensazione, che si aggira intorno ai 30 centesimi al litro, non copre costi di produzione del vino di qualità e impoverisce la struttura finanziaria delle aziende che fanno qualità”. Il rischio è lo shock finanziario per le aziende che dovranno distruggere, in perdita, il valore che hanno prodotto.

Messa così, in effetti, aprire una riflessione pare d’obbligo. E’ un po’ come se dopo aver compiuto un lavoro abnorme per completare la nostra tesi di laurea e averla rilegata ci dicessero: non serve, buttala e tieni solo gli appunti. Difficile oggettivamente prenderla bene.

Infine la cosiddetta “equità economica”. Distillare per la Rete dei vignaioli italiani non garantirebbe neanche quella.

 

E se distillazione del vino deve essere sia, ma a una condizione: “si consenta lo stoccaggio. L’affinamento è un’altra via che si deve poter seguire”

 

E allora cosa fare se ci sono delle rimanenze e soprattutto se, come pare, alla fine distillazione sarà? Stoccare. Questa la proposta avanzata. ovvero quella di “affiancare alle risorse destinate alla distillazione un’analoga dotazione finanziaria per lo stoccaggio come previsto dal regolamento 2020/529 della Commissione Europea e pubblicato il 4 maggio 2020”. Una misura alternativa per chi non volesse distillare e che permetterebbe, sottolineano i vignaioli, “di destinare all’affinamento il vino al momento detenuto nelle cantine, anziché distruggerlo”.

Un valore aggiunto per chi avrà la pazienza di attendere. E in tempo d’attesa già ci siamo. L’idea è quindi quella di investire sul futuro con vini affinati che potranno andare sul mercato quando i mercati riprenderanno, si spera a stabilizzarsi, con prezzi più consoni al loro valore.

Questa la posizione del “no”, ma di favorevoli ce ne sono e il dibattito è quanto mai aperto. Farlo potrà significare trovare la strada per dare più soluzioni e soddisfare tutti. Ognuno poi farà la sua scelta. Certo è che il dibattito è bello. E ascoltarlo un piacere e un segno di ritrovata vitalità, ma quella, in fondo, non si è mai persa!