Negli Usa molti ristoranti, stellati inclusi, hanno deciso di creare un nuovo business vendendo, sui più disparati canali, le loro bottiglie più prestigiose. Il risultato? Impatto attutito, consumatori contenti e futuro pronto per essere pianificato

Non è stata una decisione facile, ma i grandi collezionisti di vino hanno trovato un motivo valido per gioire durante la loro quarantena e le casse dei ristoranti, stellati inclusi, hanno incassato. Superare la crisi non rende semplici le cose. E così ci si reinventa, persino separandosi da bottiglie prestigiosissime finite in vendita per rimpinguare le casse dei locali in vista della riapertura.

Accade negli Stati Uniti, terra delle opportunità dove di certo ci si lamenta per i mancati aiuti federali, ma si cerca allo stesso tempo correndo ai ripari e reinventandosi fino ad andare a scavare nelle proprie prestigiosissime cantine. Un fenomeno che, forse non troppo inaspettatamente, ha creato un nuovo canale, anzi…più canali! Per ricominciare, è questa la lezione, bisogna sapersi mettere in gioco e se serve anche rinunciare a qualcosa. Persino a una bottiglia da 20mila dollari.

 

Cari Collezionisti di vino negli Usa la crisi del lockdown si affronta mettendo in vendita le bottiglie più prestigiose delle proprie cantine…ed è un successo!

E’ Reporter Gourmet a raccontare l’iniziativa lanciata e pubblicata da molte riviste statunitensi. Ad avere l’idea è stato Jim Rollston, wine director del ristorante tre stelle di Manresa, in California. Citando il compianto Louis Sepulveda che proprio contro il Coronavirus ha perso la sua battaglia “vola solo chi osa farlo” e Rollston ha osato…eccome!

A tavola non ci si può sedere. N on si può ordinare il proprio piatto preferito. Non lo si può degustare con un ottimo vino. Ma allora, cosa fare per affrontare il lockdown? Semplice. Scendere in cantina e scoprire che il tesoro si nasconde proprio lì. Ha iniziato chiamando la fedele clientela e proponendo loro l’acquisto di alcune delle migliori bottiglie presenti. Una decisione su cui ha dovuto anche superare l’ostacolo “prezzo” tenendolo, inizialmente, ben al di sotto del valore.

L’idea ha funzionato e così da pochi si è passati a molti con i collezionisti che, scoperta la possibilità, non si sono di certo tirati indietro. Quanto ha incassato in un mese? Beh 40mila dollari! Certo gran parte dell’incasso è venuto da un vero e proprio mecenate che di bottiglie prestigiose ne ha fatto man bassa. Solo lui ne ha investiti 20mila. Ma c’è stato chi per un raro Keller G-Max ha sborsato 800 dollari, oltre 1000 in meno del prezzo con cui questo riesling tedesco si presenta sulla Carta dei Vini.

Un po’ un colpo al cuore, lo ammette, lo è stato, ma molti hanno deciso di seguirlo apprendendo da lui la lezione più importante. “Molti di questi vini – ha infatti ammesso con un po’ di dolore – non potremo più riacquistarli perché rari e costosi. Dobbiamo quindi bilanciare l’attuale necessità di generare entrate con la speranza di riaprire e proteggere alcuni ottimi vini per il futuro”. Il futuro. E’ questa la parola chiave e qualcosa ci dice che le migliori, di bottiglie, sono ancora in cantina.

 

Vendita diretta, aste e profili Instagram. La quarantena rilancia i canali di vendita tra certezze e fenomeni inattese. Quando i social non sono solo “comunicazione”

L’iniziativa ha iniziato a contagiare, positivamente, tanti altri locali di tendenza degli Stati Uniti. tra questi il Cure, cocktail bar di New Orleans che ha  messo i suoi vini in vendita. E ha scelto un altro canale per farlo. Quale? Instagram. Tra gli altri c’è anche il Jack Rose Dining Saloon di Washington che vende whisky e ha optato invece per il dettaglio.

C’è poi chi ha scelto di abbinare la vendita di cibo e vino come nel caso di Nick Kokonas, Ceo di Tock e comproprietario di Aliena Group che anche per il vino ha scelto invece il delivery e il take away sottolineando quanto valga oggi una cantina essendo questa un bene non deperibile. Il sogno dei collezionisti di vino!

Altro canale, invece, quello scelto da Zach Pelka, Cfo de L’enigmista Champagne Bar con sedi a New York e San Francisco che 150 etichette di bollicine francesi di prestigio le ha affidate alla casa d’asta Acker. E sulle case d’asta hanno puntando anche molti altri ristoranti.

 

La lezione che ci hanno dato i grandi ristoratori americani e i collezionisti di vino: tutto può diventare opportunità, ma bisogna essere disposti a rinunciare a qualcosa per guardare al futuro!

Non ci resta che imparare la lezione e per farlo facciamo nostre anche le parole di Pelka. “Prima di questa pandemia – ha detto come riporta Reporter Gourmet – non potevo immaginare circostanze in grado di portare a una tale invasione di prodotti incredibili e rari sul mercato. Ogni volta che i mercati crollano, si possono fare grandi affari”. 

Affari che in questo caso stanno facendo soprattutto i collezionisti, anche se chi sta vendendo le sue bottiglie parla anche di persone che, di norma, non erano del settore, ma avendone la possibilità hanno deciso di fare il loro investimento. I ristoranti quindi, cosa ci guadagnao? Sicuramente ingressi economici in un momento in cui nessuno incassa, ma anche una nuova consapevolezza sul valore reale di una cantina che resta il fiore all’occhiello, o se preferite, la carta d’identità di un qualsiasi ristorante.

Sì, è vero, bisogna lasciare andare pezzi di cuore. Ma in un mercato nuovo se ne possono trovare altri e rendere la cantina sempre unica e inimitabile. Senza contare un’altra lezione appresa: il potere dei social. Lo dimostra il caso del Cure che si è affidato ad Instagram e il successo è arrivato. Una verità che troppo spesso, soprattutto in Italia, si è fatto fatica ad accettare e che la pandemia ha reso una certezza: non si può restare fuori da un nuovo tipo di economia. E quello della platform economy non è solo il futuro, ma da tempo è già…il presente!