Si cerca di spendere meno, ma nonostante l'impossibilità di una tavolata conviviale, non si rinuncia di certo alla condivisione. L'Ovse conferma: l'anno è horribilis, ma le bollicine reggono l'urto e diventano il simbolo di un riscatto di cui tutti, oggi più che mai, abbiamo bisogno!

Difficoltà o no, pandemia o no, il brindisi a casa, alla fine, lo faremo. Ma a che prezzo? Con una sferzante ironia Giampiero Comolli, presidente dell’Osservatorio Economico Vini Speciali (Ovse) chiude il quadro la cui prima fotografia aveva scattato solo pochi giorni fa quando parlando delle bollicine francesi si è parlato di un calo del 20%. Per noi non andrà così male!

In fondo, la fine di un anno ne preannuncia un altro e quello horribilis ce lo vogliamo lasciare tutti alle spalle. Insomma le bollicine italiane, nonostante le difficoltà, non mollano e diventano il simbolo di un ottimismo che non possiamo perdere. Non ora. Gli scenari di consumo cambiano, ma la voglia di condividere resta!

 

Brindisi di fine anno: stapperemo 66-67 milioni di bottiglie: il calo è mediamente dell’11,8%. La crisi c’è, ma la distanza non ci ha tolto la voglia di condividere

La perdita ci sarà: l’anno scorso sono stati tra i 75 e i 76 milioni le bottiglie stappate il 31 dicembre 2019 per salutare un 2020 che, di certo, è stato sorprendente seppur per molte ragioni sbagliate. Quest’anno, stima l’Ovse saranno tra i 66 e i 67 milioni, con un calo dell’11,8%. Questo il risultato dell’indagine condotta dall’Osservatorio.

Ma entriamo nel dettaglio. Strappa un sorriso Comolli quando ci racconta del CinCinWinebar, che non è di certo piacevole come quello della condivisione allo stesso tavolo, ma che comunque non ha fatto scemare la voglia di brindare in ogni occasione. “Ho seguito le mie figlie davanti a zoom e skype – racconta – con gli amici e i colleghi ‘ufficio. Ebbene stando a casa qualche calice in più a testa si beve. Non ci avevo pensato: che sia la scappatoia smart per non farsi beccare alla guida in stato di ebbrezza tornando a casa”.

Beh di certo quest’anno il problema non dovremmo farcelo dato che con il coprifuoco dopo il brindisi non ci sarà strada da dover percorrere se non quella del letto per un lungo sonno ristoratore e un risveglio in un anno nuovo e, si auspica, altrettanto sorprendente, ma in termini positivi.

 

Per il vino italiano un anno horribilis: il peggiore degli ultimi 40 anni. A pagare il prezzo più alto i grandi brand, ma le bollicine resistono…

Sì perché, sottolinea l’Ovse, il 2020 per il vino italiano, così come per il mondo sotto altri punti di vista, è stato un anno decisamente horribilis. A dirla tutta “il peggiore degli ultimi 30 anni dopo anni – sottolinea il presidente dell’Osservatorio –, soprattutto gli ultimi 6, di grande crescita soprattutto per le bollicine made in Italy, diventate le più prodotte, le più esportate e le più consumate nel mondo”. Tutta colpa del lockdown? Un errore pensarlo.

Certo quello ha inciso, ma le motivazioni sono state anche altre. Solo così si spiega il crollo di volumi e valori che, pure aveva fatto registrare nei primi due mesi dell’anno un risultato eccezionale: un +13% in valore e un +9% in volumi nell’export. “Purtroppo – spiega – i dati relativi alle spedizioni e distribuzione in Italia degli ultimi mesi di consegne (ottobre-novembre) sono i più bassi di sempre. La previsione di un semi lockdown , si è avverato. Con le chiusure, seppur mirate, il settore horeca resta il più colpito, subito dopo il turismo e l’arrivo di stranieri in Italia, anche per le feste di fine anno, in grandi città d’arte e nelle stazioni sciistiche. Luoghi dove i tappi-fungo delle bollicine hanno segnato tutte le feste, cene, incontri, aperitivi nelle varie occasioni di convivialità da Sant’Ambrogio (8 dicembre) all’Epifania (6 gennaio)”.

Dicembre rappresenta per le imprese italiane 1/3 del fatturato annuo. Eppure nonostante la catastrofe che ha colpito soprattutto i grandi brand, c’è qualcuno che resiste. Chi? Ovviamente le bollicine. Sarà che l’effervescenza in qualche modo ci fa pensare all’ottimismo? Non lo sappiamo, certo è che ci sentiamo ribollire di buoni propositi.

 

Bollicine a capodanno: certo che sì, ma all’insegna della convenienza. Sono loro le protagoniste dei pacchi regalo. E questo forse nessuno se lo aspettava

Questa, dunque, la sintesi dell’indagine Ovse-Ceves: nessuno parte volendo rinunciare, ma le regole vanno rispettate sempre. E tra giovanissimi, anziani e meno anziani le differenze non mancano. Se parliamo di canali di vendita le Gda sono quelle che vanno meglio. Come ben sottolinea Comolli in altri tempi avremmo parlato di “boom di acquisti”, ma con alle spalle perdite medie in valore del 18% e crollo dei volumi intorno al 20% in 11 mesi, con un bel recupero in estate, è difficile affermarlo.

D’altra parte, sottolinea l’indagine, a Pasqua i vini spumanti se la sono vista davvero brutta: il picco negativo ha toccato del 55% in quanto a spedizioni/vendite, e parliamo del solo mese di aprile. “Facendo un calcolo stimato – sottolinea quindi il presidente Ovse –, tenendo conto dei trend nei giorni di metà dicembre, riscontriamo un +9% in valore negli acquisti in Gda e un +8% in volumi per le bollicine”. Numero cui si aggiunge un +3% rispetto ai mesi precedenti per i vini tranquilli.

 

Brindisi di fine anno: perché non si rinuncia alle bollicine? Perché sono diventate il simbolo di briosità…e oggi più che mai abbiamo bisogno di sorridere

Insomma se il Covid ci costringe a sacrificare la convivialità, questo non vuol dire che non si possa puntare sulla condivisione. Ed è questo che tutti, o quasi, intendono fare. Condividere all’insegna, però, della frugalità. Le bollicine italiane, quindi, reggono il confronto a differenza delle francesi.

Sottolinea l’Ovse: tenuta se non aumento sia degli acquisti che delle spedizioni in enoteca e per pacchi regali. Meno pacchi misti, più confezioni (+14%) di sole bollicine: proporre la briosità come scacciaproblemi, un po’ euforia per andare oltre. Questa la motivazione dichiarata dal 70% degli intervistati. Meno convivialità in presenza, ma più condivisione, più partecipazione a distanza, ma anche più frugalità. Le bollicine italiane reggono ancora il confronto. Molto meno bene le bollicine francesi.

Sono proprio i brindisi virtuali, il consumo a casa, l’acquisto nelle gastronomie e nelle enoteche, i regali, il boom dell’e-commerce e il trend della Gda che, sottolinea Comolli, “fanno ben sperare anche per il dato complessivo annuale. Nel 2019 si tocco il record di 75-76 milioni di bottiglie nazionali stappate per le feste fi fine anno. Quest’anno, sulla base degli ordini anche anticipati di settembre e fatture emesse, spedizioni, acquisti, consegne e regali, un po’ a sorprese, emerge un dato non catastrofico. Si stimano 66-67 milioni di bottiglie (-11/12%) pronte per essere stappate. Mancano tutte le bottiglie della ristorazione, dei bar notturni, delle discoteche.

Insomma a tavola il brindisi, a casa si farà. E con le offerte last minute non è detto che il dato possa migliorare.

 

Parola d’ordine per il brindisi di fine anno: oculatezza. Gli sconti attraggono, ma chi deve non ha ancora capito quanto potente è il motore del settore

Ciò che emerge, dunque, sottolinea l’Ovse, è che c’è un problema di disponibilità verso le etichette a più alto valore e brand. Il sondaggio fatto a cavallo delle feste dell’Immacolata e che ha coinvolto 1.842 referenti, svela che gli italiani a dicembre 2020 mettono al promo posto tutto quello che risulta essere “conveniente”. Rinunciare no, fare scelte più oculate sì!

Che si obbligo o necessità è questo il risultato. L’aumento delle vendite di vino tranquillo e spumante online, si legge ancora nell’indagine, e le quote di etichette di bollicine nelle confezioni regalo, in parte frenano il danno e in parte colmano il gap dei consumi fuori casa. Buone notizie per le cantine in un anno difficile da dimenticare. Gli ordini per i regali sono aumentati. Questo anche grazie a sconti che arrivano fino al 25%.

“E’ evidente in questo frangente – sottolinea Comolli –, quanto i consumi fuori casa siano più importanti lontano dalle canoniche festività, influenzando più il report globale dell’anno 2020″.

 

La conclusione…

Ci affidiamo direttamente alle parole del presidente Ovse. “Solo negli ultimi 30 giorni dell’anno, registriamo un danno alla produzione di vini spumanti di 60 milioni di euro e un danno al consumo di oltre 150 milioni di euro. Un gap così alto fra produzione e consumo che deve far riflettere. Da qui il dato della perdita di circa 5 miliardi di euro di mancata spesa degli italiani e dei turisti che non ci sono, che vengono in Italia (2 su 3 adulti) soprattutto per l’enogastronomia. Un asset nazionale, quello eno-alimentare-gastronomico, che forse non è stato ancora collocato nella giusta dimensione e valore per il Paese Italia. Un danno reale che va ben oltre i ristori promessi e non ancora arrivati”.

Come dire: se non si comprende il potenziale, non c’è ristoro che tenga. E’ il valore invisibile di un settore quello che va compreso. Quel valore che si traduce in fatturati, occupazione, brandizzazione e consumi crescenti del Made in Italy. I primi a dover riflettere su questo, ammettiamolo, sono le istituzioni.