La crisi ha accelerato l'inventiva e il bisogno di trovare nuove soluzioni capaci di dare risposte ai problemi del settore e ai cambiamenti climatici e due sono già realtà
Negli ultimi mesi si è fatto un gran parlare delle bottiglie per il vino, del fatto che il vetro ha prezzi sempre più alti, che la materia prima non si trova e anche del fatto che inquina di più; tanti gli inviti ad “alleggerirsi” e ora nell’aria si respira una “rivoluzione packaging”: può un vino stare in una bottiglia di plastica o invece che essere su carta (o comunque non solo su quella) anche letteralmente in carta? A quanto pare sì.
Piaccia o no parliamo di innovazione e gettare uno sguardo sulle novità è sempre cosa buona e giusta. Anche perché la prima iniziativa, inglese, parla in realtà italiano!
“When in Rome” lancia la bottiglia di carta ecosostenibile e no, non ha un costo maggiore, anzi è un gran risparmio!
Ph: le bottiglie di carta When in Rome per i vini italiani – foto pagina Fb Whe in Rome
Al bag-in-box siamo ormai (più o meno) abituati, ma la bottiglia di carta ci mancava. A lanciare l’idea sostenibile è la società When in Rome. Società inglese, in realtà, ma che come ben si può capire già dal nome imbottiglia vino italiano: quello artigianale. Arriva da qui la prima delle due bottiglie innovative di cui vi parliamo oggi. La prima notizia di “rivoluzione packaging” apparsa sul The Guardian. Parliamo di una vera e propria bottiglia di carta con tappo a vite.
Il fondatore dell’azienda, Rob Malin, non è ne vero che il vino debba per forza stare nel vetro. “Se bevo in una bottiglia di vetro o di carta la qualità non ne è influenzata”, afferma. Anzi a suo parere l’iniziativa darà il buon esempio e questo nuovo packaging ecosostenibile prenderà piede. Nello specifico si tratta di una bottiglia prodotta da Frugalpac ed è per il 94%, lo ribadiamo, fatta di carta riciclata con un’impronta al carbonio fino a sei volte inferiore rispetto ad una classica bottiglia in vetro.
Se vi state chiedendo…sì ma sicuro costa di più, la risposta è no! La bottiglia di carta costa molto meno: quanto un bicchiere. Sarebbe quindi non solo una risposta all’inquinamento, ma anche alla crisi energetica e i prezzi esagerati che ha raggiunto la materia prima. Il primo vino finto in bottiglia è un Pecorino da 11 sterline che è già in commercio nel Regno Unito. Ovviamente la bottiglia è rivestita e isolata con una pellicola polimerica, anche questa riciclabile. Un’operazione quella realizzata grazie al crowfounding. Insomma qui di innovazione ce n’è da vendere.
Il progetto sta coinvolgendo diverse cantine italiane, da quel che abbiamo potuto capire, ma in Inghilterra, come altrove, la diffidenza non manca già per il bag-in-box che l’azienda comunque fa, che per questa novità: “La gente pensa che il vino in bag-in-box sia una schifezza – commenta Malin -. E’ ridicolo perché la maggior parte del vino australiano arriva qui in enormi sacchetti”.
La grande sfida Moët Hennessy: il rosé in bottiglia di plastica piatta, anche qui è rivoluzione nel packaging!
Se c’è chi la bottiglia la fa di carta, c’è anche chi la fa…di plastica e piatta! Siamo in Provenza e non è uno qualsiasi ad aver lanciato quella che definisce una “grande sfida” nella “rivoluzione packaging” sostenibile. La notizia l’abbiamo trovata su The Drink Business: a lanciare il vino in questo nuovo packaging è niente meno che il brand Moët Hennessy e a comunicare l’iniziativa è stato l’amministratore delegato di Chateau Galoupet. Una bottiglia da 20 sterline!
Si tratta di una bottiglia Pop, nel senso che è fatta di plastica riciclata recuperata dall’oceano e il vino in questione è il Galoupet Nomade.
Probabilmente è il primo packaging ecologico di fascia alta di cui sentiamo parlare. La bottiglia pesa 63 grammi ed è quindi dieci volte più leggera di una bottiglia di rosé classica. Il fatto che sia piatta vuol dire che il volume si riduce del 40 per cento rendendo l’imballaggio più efficiente e il trasporto più semplice ed ecologico.
Anche gli addetti ai lavori la trovano una sorta di “follia”, ma solo nel senso che probabilmente il mercato potrebbe non essere pronto per questo tipo di prodotto e in questo senso la comunicazione gioca un ruolo importantissimo e pensate un pò, è proprio sui social che si è deciso di puntare! Certo proprio per far sì che ci si abitui, il vetro anche per questo vino rimane, ma l’intenzione è quella di cambiare rotta.
Inutile dire che il vino in questione è anche biologico dato che i vigneti da cui proviene sono attualmente in conversione. L’obiettivo è ambizioso, ma non impossibile: contribuire ad un cambio culturale che parta proprio dal dialogo con gli addetti ai lavori. In Provenza c’è una sferzante ventata di innovazione!
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