Piaccia o no il segmento è in forte crescita e la generazione Z lo consuma volentieri. L'Italia intanto attende una normativa, ma al di là delle posizioni non si può proprio ignorare

Si conferma il trend: si beve meno, si beve meglio e la generazione Z guarda sempre più a sostenibilità, salute e ai vini no e low alcol, un segmento di produzione per il quale l’Italia, intanto, attende una normativa.

A fare il punto su quest’ultimo aspetto è stata l’Uiv (Unione vini italiani), mentre a fare il quadro dei trend del vino che sempre più sembrano pratiche consolidate, è stata l’ultima indagine Wine Monitor Nomisma.

Tempo di cambiamenti per il vino con i giovani che al low e no alcol guardano sempre di più

Calici di vino – foto Pixabay

L’inflazione c’è e anche il vino ne risente perché anche il food&beverage ha visto crescere i prezzi con il vino ad un più 3,1 registrato nell’ultimo anno. Lo dice l’indagine Wine Monitor Nomisma sugli ultimi trend che sottolinea come tra il 2021 e il primo semestre del 2023 si siano persi 6mila 700 euro pro-capite: tre italiani su quattro le loro abitudini, insomma, hanno dovuto rivederla.

Il vino nel settore Horeca soffre di più e in un certo senso lo spettro della pandemia davvero sembra lasciarselo alle spalle, ma l’inflazione comunque rallenta rispetto all’anno scorso: diminuiscono le persone che una serata fuori se la concedono.

Queste le premesse per la fotografia scattata sui comportamenti che cambiano nel rapporto con cibo e vino. Diversi gli aspetti analizzati, ma noi ci fermeremo solo su alcuni come ad esempio il fatto che da ottobre 2023 il 76 per cento degli italiani che ha bevuto vino lo ha fatto a casa con parenti e amici e solo il 24 per cento in locali e ristoranti. Peggio il quadro se si guarda a chi già lo consumava preferibilmente in casa: una persona su cinque il vino non lo beve più.  Guardando a chi un calice se lo concede fuori dalle mura domestiche, il 21 per cento comunque ne consuma meno, il 4 per cento lo ha proprio eliminato dalla sua scelta e in prospettiva non si prevedono grandi miglioramenti.

Su dove comprarlo il vino il 24 per cento dichiara di avere intenzione di comprarlo direttamente dal produttore soprattutto per la questione “prezzo”, con il 9 per cento orientato verso l’acquisto online. Segmento questo che guarda soprattutto alla fascia medio-alta del prodotto.

Tutto a tinte scure? No perché gli under 25 sembrano essere la salvezza

Eh sì. Se chi era “abituato” al vino inizia a rinunciarci proprio quei giovani che sembravano così difficili da conquistare sembrano fare la differenza. Gli under 25 dichiarano di bere meno, ma di farlo comunque soprattutto fuori casa (il 38 per cento) con il 75 per cento che preferisce farlo in modi differenti. Vino dunque, ma anche altro.

Per loro la sostenibilità è un importante criterio di scelta e questo vale anche per il vino che prediligono no e low alcol. Una tendenza che secondo Emanuele Di Faustino, responsabile Industria Retail servizi Nomisma è destinata a rafforzarsi.


Sui vino no e low alcol l’Unione Europea un regolamento ce l’ha, ma l’Italia no anche se si va verso la normativa

Calice di vino – foto Pixabay


Complesso affrontare il tema sul se questi vini vadano o no chiamati vini. Molti il naso lo storcono e non lo nascondono, ma una cosa è certa. Il mercato sembra orientarsi sempre più verso i vini no e low alchol. L’Europa una normativa di riferimento ce l’ha, l’Italia no e a sollevare il problema è stata l’Uiv (Unione italiana vini) che del tema ha parlato a WineNews Il segretario Paolo Castelletti ha dichiarato che le cantine italiane “non vogliono investire in questa nicchia del mercato”. E’ al Sana che l’Unione ha affrontato il tema.

Va spiegato che la dealcolizzazione può essere totale per cui il prodotto non può avere una gradazione sopra lo 0,5 per cento e parziale, caso in cui questa soglia può essere superata. Questo quanto prevede il regolamento europeo 2021-2117 che per i vini Dop e Igp prevede solo la seconda tipologia di dealcolizzazione.
In Italia però, ha sottolineato l’Uiv, alcuni punto del testo Unico del vino non consentono alle aziende di iniziare la produzione negli stabilimenti vitivinicoli perché ad esempio ci sono alcune sostanze negli stabilimenti enologici è vietata.

“Dovrebbe anche essere permessa la detenzione momentanea dell’alcol prodotto dal processo di dealcolizzazione prima che questo venga denaturato e quella dell’acqua ottenuta nel corso dello stesso processo”. Uno schema di decreto ora c’è e lo ha redatto il ministero dell’agricoltura per cercare di regolamentare la questione dei vini no e low alcol. Senza entrare nel dettaglio quel che è certo è che sembra si sia ormai entrati nell’ottica che qualcosa bisogna pur fare perché il vino a bassa gradazione o nessuna piace, comunque lo si voglia chiamare.

Un mercato in crescita che non può essere ignorato

Una risposta ai consumatori che dichiarano, secondo l’ultima indagine Wine Intelligence citata dall’unione, che vogliono diminuire i consumo di alcol e che interessa proprio i Paesi dove l’export italiano è forte, vedi gli Stati Uniti tanto per citare il più ovvio, bisogna insomma darla ed è anche una necessità per i produttori visto il calo dei consumi e le tendenze dei più giovani a guardare sempre più a scelte salutistiche.

I numeri del mercato parlano chiaro: nel 2021 il mercato della dealcolizzaione valeva 7,5 miliardi di euro; entro il 2025, il mercato globale della dealcolazione potrebbe avere un valore complessivo di 30 miliardi di dollari con il vino che la sua fetta l’avrà.

 

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