Forse non lo trasformeranno, ma la loro parte per salvare il pianeta e tutelare i più deboli lo fanno. Arrivano da tutto il mondo, anche dall'Italia, le storie dei vini che conquistano sempre più enoappassionati

“Vini attivisti”: saranno loro a salvare il mondo? Da tutti i suoi problemi certamente no, ma la diffusione “etica” legata alla sua produzione e la sua diffusione porta con sé un valore intangibile che non solo fa bene alle vendite e i consumi conquistando fette di mercato sempre maggiori, a partire da quelle dei giovanissimi, ma che soprattutto fa bene al pianeta.

E’ Bloomberg a raccontarcelo a livello globale e nella lunga analisi un esempio italiano c’è. Nel Bel Paese, in realtà, la sostenibilità come valore etico si diffonde sempre di più e sono sempre di più le aziende che hanno compreso l’importanza di farne un punto di forza.

 

I “vini attivisti” attraggono sempre più consumatori. E a preferirli sono soprattutto i giovanissimi

Dalla salvezza degli oceani a quella dei rinoceronti, passando per la lotta alla fame nel mondo a quella contro il cambiamento climatico; dall’arte alla politica, per arrivare alla tutela dei cani e dei salmoni fino al rispetto dei vegani. Il mondo del vino lavora per tutti loro. Su Bloomberg il sommelier Peter Weltman di Borderless Wine li chiama “vini attivisti” e forse definizione migliore non c’è.

Lo conferma uno studio della multinazionale Unilever con 400 marchi all’attivo tra wine & food: quelli sostenibili che lavorano per uno scopo hanno avuto un incremento del 69% nei consumi rispetto a tutti gli altri. E Nielsen già nel 2015 aveva rilevato che su 30mila consumatori di 60 Paesi, il 66% era disposto a spendere di più per questo tipo di prodotto. E’ di un mese fa, invece, la ricerca di mercato di Wine Intelligence secondo cui la coscienza ambientale, sociale e culturale cresce soprattutto tra i giovanissimi. Atteggiamento che li condiziona anche nelle scelte enogastronomiche, a cominciare proprio dal vino.

 

I “vini attivisti” salvano oceani, rinoceronti, api, ostriche e salmoni e lottano per il cambiamento climatico

Con uno scenario in continuo cambiamento, a cambiare sono anche i produttori che, in tutto il mondo, si adeguano. Un po’ per business, ma anche per coscienza. Il cambiamento climatico, d’altra parte e solo per fare un esempio, li interessa in prima persona ed essere “eticamente corretti” è un bene per il pianeta, ma anche per il loro futuro.

Un vino per salvare i rinoceronti…

Tra gli esempi riportati da Bloomberg c’è quello di Dave Matthews, musicista vincitore del premio Emmy e produttore, che con i suoi vini Dreaming Tree ha donato oltre un milione e mezzo di dollari a diverse organizzazioni ambientaliste e che ha già destinato i profitti del suo nuovissimo rosato alla International Rhino Foundation, impegnata nella salvaguardia delle cinque specie di rinoceronte conosciute nel mondo.

Un vino per salvare le ostriche e le api…

Esempio ancor più significativo è quello della statunitense Proud Pour, azienda nata proprio con lo scopo di sostenere l’ambiente. Acquistando una bottiglia del suo Sauvignon Blanc Medoncino Country si andrà a finanziare uno dei 20 partner della Proud Pour che potranno riportare 100 ostriche selvatiche nelle acque locali. E quindi? Vi chiederete? Forse non sapete che la loro presenza protegge le coste dall’erosione e fornisce un habitat a decine di specie di pesci, granchi, gamberi e così via. Ad oggi la Proud Pour ne ha reinserite ben 10 milioni grazie agli acquisti dei winelover.

E se non è l’acqua è un prato. Con una bottiglia del suo Pinot Noir di Willamate Valley è in grado di piantare 875 fiori selvatici vicino alle fattorie garantendo habitat e foraggio per le api la cui estinzione mette a rischio la nostra stessa sopravvivenza. Quanti acri ha ripiantumato fino ad ora? Ben 55.

 

I “vini attivisti” sono anche portatori di pace. Arrivano dalle zone di guerra e ci raccontano la storia di chi ha bisogno di rinascere

Ci sono esempi di “vini attivisti” davvero incredibili. Sono quelli che potremmo definire “della pace”, e cioè quelli che arrivano dalle zone di guerra il cui ricavato va proprio a sostenere quei popoli che faticano a pensare al domani. Un modo per trovarli tra gli scaffali è cercare quelli importati da Weltiman che attraverso la sua Borderless Wine Alliance sta proprio incoraggiando l’acquisto di queste bottiglie. Arriverà in autunno, ad esempio, Dar Richi, un vino libanese prodotto da un rifugiato siriano.

Altro esempio è quello di Mika Bulmash, specialista dello sviluppo internazionale, che nel 2013 ha avviato il suo Wines For The World dopo aver lavorato per una vendemmia in Sudafrica. Ha creato un porfolio di produttori che promuovono iniziative di responsabilità sociale e sostenibilità ambientale e li ha iniziati ad aiutare nell’esportare i loro vini etici.

Ed è proprio il Sudafrica a vivere una stagione di rinnovamento dopo l’emarginazione cui i consumatori l’hanno condannato quando erano in vigore le politiche di apartheid. Oggi molti produttori fanno parte del movimento di commercio equo e solidale e investono in progetti di sviluppo quale ad esempio quello di rendere l’acqua potabile. Ed è da qui che arriva la prima azienda certificata come equa e solidale del mondo: è la Thandi di Stellenbosch.

 

I “vini attivisti” parlano la lingua della socialità e della sostenibilità e l’Italia ha i suoi buoni esempi

Se parliamo di sostenibilità ambientale in senso stretto e quindi di lotta al cambiamento climatico gli esempi sono infiniti. E se negli Stati Uniti la prima azienda vinicola ad emissioni zero esiste c’è ed è la Feszer Vineyards di Mendocino, qualche parola andrebbe spesa anche per l’Italia dove l’obiettivo non è vicinissimo, ma le intenzioni si sono già trasformate in operazioni concrete.

E’ il caso del Nobile di Montepulciano che, per volontà del Consorzio, mira a diventare la prima Docg ad impatto zero con un già validissimo esempio di successo: quello di Salcheto. Ed è sempre in Italia che si sta sperimentando la prima vite a risparmio idrico. C’è poi il progetto Green mark di Bortolomiol, il New green revolution di Arnaldo Caprai, Castello Banfi che ha lavorato ad un report sulla sostenibilità a 360 gradi, Mezzacorona con il suo progetto completo di sostenibilità certificata Sqnpi, Tasca d’Almerita capofila del progetto SOstain e così via. 

 

Ambiente, ma anche persone…

Sono molte le aziende, in tutto il mondo, che lavorano per garantire ai lavoratori le giuste condizioni di garanzia. In Italia, in questo senso, uno dei problemi maggiori è quello del caporalato che riguarda poco il vino, ma molto altri settori, ma contro il quale anche il mondo del vino può fare la differenza. Tra le aziende italiane che spiccano, in questo senso, c’è certamente La Raia con le sue attività di welfare aziendale.

Restando in Italia l’esempio di “vino attivista” o “etico” che dir si voglia citato da Bloomberg, è quello di Frescobaldi che dal 2011 lavora con i detenuti nell’ultimo carcere isolano d’Italia: quello di Gorgona. Ma su questo fronte di esempi ce ne sono tantissimi e tutti meritevoli di essere conosciuti a cominciare dai progetti siciliani che hanno consegnato quelle che erano “terre di mafia” ad associazioni che li hanno trasformati in vigne capaci di portare le loro etichette in tutto il Paese e oltre.

Pensiamoci su…

Il cambiamento è proprio davanti a noi e molti, a quanto pare, lo hanno compreso. In realtà, prima di loro, lo hanno capito i consumatori che hanno cambiato le linee guida delle loro scelte. Ecco che allora guardare un etichetta, sapere se è sostenibile o equo solidale può fare la differenza.

Altrettanto importante, allora, è la formazione. Dalle università alle scuole professionali, passando per la formazione ad hoc di chi lavora nel settore. Per cambiare ci vuole coscienza, al di là del business. E allora sì che qualità e valori etici viaggeranno davvero l’uno accanto all’altro.