Il progetto di fattibilità c'è e tutti gli agricoltori sono convolti con l'enologia a fare da filo conduttore: non vediamo l'ora di percorrerla

Le Cinque Terre da scoprire percorrendo una nuova Strada del vino. L’obiettivo è di quelli importanti e l’auspicio che si concretizzi nel minor tempo possibile: la Liguria cambia il passo nell’ospitalità e lo fa con un progetto che vuole mettere insieme tutte le produttività agricole in un filo rosso, come un ottimo calice, che va da Riomaggiore a Monterosso.

E proprio l’enologia è quel che unisce attraverso il racconto e la scoperta. Il brand è stato presentato. Poi sarà la volta del sito internet, delle mappe e della cartellonistica. Insomma una nuova meta da mettere tra quelle da non perdere.

Tutti insieme per un progetto ambizioso e meraviglioso: non vediamo l’ora di percorrere la Strada del vino delle Cinque Terre

Quello delle Strade del vino è un tema molto dibattuto. Tante ne sono nate e poche se ne sono concretizzate in modo effettivo. In Liguria le idee le hanno chiarissime e in quel lembo di terra magica che è le Cinque Terre avere una strada del vino sarebbe davvero un sogno che si avvera perché qui la viticoltura è di quelle eroiche con scenari unici e imperdibili da regalarci (oltre ovviamente ai sapori).

Il progetto di fattibilità è stato presentato e vede insieme le associazioni dei viticoltori delle Cinque Terre, il Consorzio dello Sciacchetrà, la Cooperativa agricola Cinque Terre, l’associazione agricoltori di Monterosso, l’associazione viticoltori di Riomaggiore e l’associazione agricoltori di Vernazza. Insomma ci sono praticamente tutti.

L’associazione “Strada dei vini delle Cinque Terre” si è costituita e gli obiettivi che ha sono chiari: promuovere l’identità del territorio a 360 gradi ovvero dal punto di vista storico, culturale, ambientale, economico e sociale. Tutti concetti esplicati nello statuto.

 

La viticoltura eroica di un luogo difficile raccontato da Plinio per vini unici decantati da Petrarca e Boccaccio

Terrazzamenti magici, fatica vera: la viticoltura nelle Cinque Terre affonda le radici nell’età del Bronzo. E’ nel IV millennio avanti Cristo che la vite avrebbe fatto la sua comparsa ed è (come spesso accade) Plinio a parlarne nella sua Storia Naturale quando parla della provincia Narbonese. Terra ligure dove, scrive, “è considerato un errore piantare le viti contro tramontana, ma allo stesso tempo è considerato buon metodo ricevere questo vento di traverso. Infatti esso tempera in quei luoghi la calura estiva, anche se soffia per lo più con tale violenza da scoperchiare i tetti delle case”.

Ed è proprio così questo lembo di terra dove ora attendiamo tutti di percorrere un’unica e magica Strada del vino. Un ambiente apparentemente ostile perché vi crescano le viti, visti i tanti venti e la poca acqua. Ma l’uomo ha saputo far suo questo incredibile paesaggio coltivando le viti “sdraiate” e cioè a non più di un metro di altezza e con quei mitici muretti a secco che le proteggono facendo maturare l’uva.

Oggi la tecnologia aiuta, ma un tempo la vendemmia si faceva esclusivamente in ginocchio per poi salire su le uve raccolte nei cesti risalendo migliaia di scalini. Ora ci sono i trenini, ma il fascino resta immutato. Persino Boccaccio e Petrarca conoscevano i vini di questa terra magica, il primo nel parla nel Decamerone quando scrive del bandito Ghino di Tacco che fece bere ad un suo prigioniero un calice di Vernaccia di Corniglia. Petrarca, invece, loda il Monterosso nel poema Africa: “Da qui vigneti illuminati dall’occhio benevolo del sole e dilettissimi a Bacco si affaccino su Monte Rosso e sui gioghi di Corniglia, ovunque celebrati per il loro dolce vino”.

 

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