Insuperabile e imbattibile. Nei secoli è stato capace di innovarsi diventando simbolo di sostenibilità. Consacrato a Zeus è ancora lui il più amato e lo resterà forse per sempre

Non è l’ora del tramonto per il tappo di sughero, anzi diremmo che è piuttosto il tempo di una nuova alba. Dato per “morto” già vent’anni fa, il tappo di sughero ha resistito alla grande ad ogni evoluzione tecnologica e si conferma come il più diffuso. Il vino, insomma, è cosa sua. Ma quanto ne sapete di questo prodotto tanto antico? E come ci è arrivato sopra ad una bottiglia di vino?

Partiamo dai dati e poi scopriamo qualcosa in più di questo oggetto che, ammettiamolo, anche quando non siamo grandi esperti di vino, abbiamo l’abitudine di portare al naso quando apriamo una bottiglia e la serviamo ai nostri ospiti pregando che… non sappia di tappo!!!

 

Tappi di sughero: nel 2025, si stima, il giro d’affari del suo mercato passerà dai 3,2 miliardi di dollari ai 4,64. Resta lui il preferito di produttori e rivenditori!

Se parliamo di vino, il tappo, è un elemento importantissimo. E’ da lui che dipendono invecchiamento, prestigio e valore. Insomma la qualità di un vino è data dal suo tappo (almeno in buona parte). Nei secoli ne sono stati creati di ogni tipo e di ogni materiale e c’è persino chi, di tappi, è grande collezionista.

In generale il mercato del tappo, e non parliamo solo del sughero, si stima che vedrà crescere il suo giro d’affari dai 3,2 miliardi di dollari del 2019, ai 4,64 del 2025. Stima fatta da Stime Ksi (Knowledge sourcing Intelligence). In questo mondo ai più sconosciuto c’è un tappo che resta sempre a galla (in ogni senso a dirla tutta). E’ appunto quello di sughero che non molla il primato.

Resta lui il più utilizzato da produttori e rivenditori di vino. Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Agi, sui circa 18 miliardi utilizzati per il formato in bottiglia da 0,75 litri, circa il 72% è proprio di sughero. Seguono il tappo a vite (18%) e il tappo di plastica (10%). Certo il settore non è stato immune dalla crisi dettata dal Covid, ma il dato resta ed è chiaro.

 

I più grandi produttori hanno si subito la crisi, ma hanno tenuto e qualcuno ha visto crescere i ricavi. Il futuro? Di certo non sa di tappo…

A confrontarsi,  su questi numeri, sono i più grandi produttori del mondo. Parliamo di Vinventions, Amorim, Oneo, Guala Closures con l’Italia che, nel settore, si conferma tra i Paesi più dinamici e strategici. Ecco una panoramica dei più grandi produttori.

Amorim

Il tappo di sughero si sa (e se non lo sapete ora non potrete più affermarlo) è cosa portoghese. Tra i brand più importanti c’è infatti Amorim, che detiene il 28% del mercato globale. Insieme alla sua “costola” italiana, la Amorim Cork Italia (Portocork Italia), ha venduto nel 2019 ben 585 milioni di pezzi sul mercato nostrano, con un giro d’affari superiore ai 60 milioni di euro. Nel 2020 la flessione ci sarà ed è calcolata nel 5% raggiungendo il 9% in Italia e con una flessione complessiva del 4,2% nei volumi. La sede italiana, è giusto però saperlo, conta comunque un fatturato da 8,5 milioni di euro per 80 milioni di tappi prodotti ed è considerata la “boutique del tappo di sughero” a misura di collezionista.

 

Vinventions

Altro grande produttore è Vinventions, con la controllata Nomacorc, che detiene il 14% delle quote a garanzia di 2,8 miliardi di euro di bottiglie ogni anno. Occupa il 15% del mercato italiano con oltre 450 milioni di tappi. E per il 2020, udite udite, l’azienda è cresciuta in volume mantenendo stabili i suoi ricavi. E per Vinventions il 2021 è luminoso e non solo per il tappo di sughero. Questa realtà lavora anche su tappi a vite e chiusure a zero emissioni di carbonio (Green line) e lancerà quest’anno la Blue line, basata sul concetto di economia circolare.

 

Gruppo Oeneo

Altra azienda è la Diam Bouchage, del Gruppo Oeneo che conta su 300 milioni di fatturato e vende nel mondo circa 2,2 miliardi di tappi, con 181 milioni di euro di ricavo. Nel 2020 avrà una flessione del 4% (in Italia del 5%). Interessante sapere della Diam che investe in Francia e Spagna per ripristinare le foreste di sughero e garantire il mantenimento delle capacità produttive future. Un modo anche per preservare le foreste e lottare contro i cambiamenti climatici.

 

Labrenta

Infine Labrenta, azienda tutta italiana di Breganze, nel vicentino, che il tappo di sughero lo produce dal 1971 e che conta su 200 milioni di tappi venduti nel 2020 con ricavi di circa 11 milioni (stabili sul 2019), finiti nel 60% dei casi all’estero.

 

Ganau

C’è poi l’azienda familiare Ganau presente in 15 mercati con 180 dipendenti sparsi tra Sardegna, California e Champagne. Un riferimento in questo mondo, tanto da essersi appena guadagnata la certificazione ambientale Iso 14001 perché usa le polveri del sughero per alimentare le centrali a biomassa e produrre energia termica per lo stabilimento. In futuro anche per l’elettricità necessaria al ciclo produttivo. E’ presente in 15 mercati e conta 180 dipendenti tra Sardegna, California e Champagne.

 

Guala Closures Gruop

Infine Guala Closures Group produttore di dimensioni enormi. Produce 20 miliardi di tappi tra vino, spirit, acqua, olio e aceto. Nei primi 9 mesi del 2020 ha avuto ricavi per 417,2 milioni di euro (-6,9%) con circa il 205 dei ricavi derivanti dai tappi a vite per il vino. Tra i suoi obiettivi utilizzare il 35% di materiale riciclato entro il 2025.

 

Tappi di sughero: per produrli ci vogliono 43 anni. E’ uno dei prodotti naturali più antichi del mondo… la sua pianta, nell’antica Grecia, era consacrata a Zeus!

Bene ora che abbiamo messo a fuoco l’importanza del mercato dei tappi e di quelli di sugheri in particolare vi chiediamo se vi siete mai posti la domanda sul come si produce il sughero, su da quanto si utilizza, in particolare nel mondo del vino e sul perché resta, ad oggi, il plus nel mercato enologico. Beh facciamo un po’ di excursus storici e leviamoci qualche curiosità.

La prima: per chi non ne fosse a conoscenza è bene sapere che il sughero si ricava dalla quercia. Per la precisione la quercia da sughero. E se la quercia è secolare, anche la produzione del sughero ha bisogno di tempi… biblici! La qualità, insomma, ha nel tempo il suo alleato. Nel frattempo vi diciamo subito che la quercia da sughero era consacrata niente meno che a Zeus nell’antica Grecia. Parliamo quindi di un prodotto antichissimo che già ai tempi chiudeva le anfore dove riposava il nettare di… Dioniso (siamo in Grecia, restiamoci). Parliamo di una pianta che cresce nel bacino Mediterraneo sud-occidentale, una pianta millenaria che ha la sua massima diffusione proprio nella penisola Iberica dove ancora oggi si concentra la gran parte della sua produzione.

Ha caratteristiche uniche: è impermeabile, isolante, malleabile e non brucia! Ma sapevate che alla quercia da sughero servono 43 anni dal momento in cui viene piantata al momento in cui si potrà utilizzare la sua corteccia per produrre sughero? Beh ora lo sapete. E sappiate anche che la cosiddetta decorticazione si può eseguire esclusivamente a mano, con una scure. La prima decorticazione avviene in realtà intorno ai 15-20 anni della quercia, ma solo il terzo raccolto è quello buono (l’operazione si ripete ogni nove anni). Una volta ricavata la corteccia che diventerà tappo questa viene fatta fermentare per un anno all’aperto, poi le lamine vengono bollite e selezionate. Et voilà… ad ognuno il suo tappo! Facile a dirsi, ma, è evidente, difficilissimo a farsi!

 

La storia del sughero (non solo del tappo). Ecco come questa eccellenza ha saputo mantenere salde radici rinnovandosi nell’ottica della contemporanea sostenibilità!

 

Visto che lo abbiamo iniziato facciamolo bene il nostro excursus storico. Il sughero non è nato per il vino, ma 3mila anni fa veniva già utilizzato da cinesi, persiani e babilonesi per la pesca. E’ il filosofo greco Teofrasto, nel quarto secolo a.C, a parlarcene nei suoi trattati botanici elogiando questo prodotto. In Italia prodotti fatti in sughero, compresi tappi per botti, risalgono più o meno allo stesso periodo. Ed è ad a Efeso che nel I secolo a.C è stata ritrovata la prima anfora chiusa proprio con un tappo di sughero. Alla quercia da sughero fa riferimento anche Plinio nella Storia Naturale ed è proprio lui a dirci che in Grecia era consacrata a Zeus.

Avvicinandoci a grandi passi all’epoca moderna è nel XIII secolo che il Portogallo firma la sua prima legge agraria per la protezione delle foreste da sughero: è il 1209. E’ invece cinque secoli dopo che il medico inglese Robert Hooke “fotografa” al microscopio le prime immagini di questo materiale che Dom Pierre Perignon utilizzò proprio per chiudere le bottiglie di Champagne (che lui stesso, si dice, creò per errore). E’ quindi nel secolo successivo che anche Italia, Francia e Tunisia iniziano a piantare sistematicamente le querce da sughero, seguite da Russia e Stati Uniti. Nel secolo scorso diventa un vero e proprio business e si inizia ad investire in innovazione e sviluppo arrivando a farne, oggi, un prodotto ecologico, riciclabile e biodegradabile.

Insomma: il sughero è sinonimo di sostenibilità e in un’epoca in cui sostenibilità è una parola chiave per un futuro migliore… il suo tramonto non solo non c’è stato, ma la sua è sempre più una vera e propria affermazione di unicità.

Ricordatevi della sua incredibile storia e del suo valore, che ha attraversato i millenni, ogni volta che ripeterete quel gesto: portare al vostro naso quel tappo che saprà dirvi se, il vostro vino, è un gran vino!

 

Articoli correlati

Tappi di sughero il riciclo perfetto dopo Natale

Tappi di sughero. Per loro una nuova vita. Vi arredano casa

‘Pop’: il ‘rumore’ del tappo di sughero è una sinfonia di qualità