Una comunicazione azzeccata, la viralità e un problema di identità territoriale che diventa un problema di identità nazionale. Tutti in difesa dell'unicità dell'eccellenza dei Colli Euganei

Un plauso ai sindaci dei Colli Euganei, e ovviamente al Consorzio di Tutela che l’idea l’ha avuta. Per difendere il Serprino, con la comunicazione hanno decisamente fatto centro. La simpatia è, da sempre, una chiave vincente e da quelle parti devono averlo capito bene. La ragione è serissima, ma per difendere l’identità di tutto un territorio, si sono uniti e facendo ironicamente il verso ad un famosissimo spot di preservativi risalente agli anni ’90 (e chi era adolescente all’epoca se lo ricorda benissimo), hanno lanciato un messaggio chiaro: giù le mani dalla nostra eccellenza.

Inutile dire che il video è diventato virale e ora chi è interpellato, il ministero dell’Agricoltura, risposte dovrà darne non solo a loro ma ai tanti follower che questi primi cittadini si sono ironicamente guadagnati. Tutto parte dalla modifica del decreto di etichettatura sul tavolo del ministero che potrebbe, in sostanza, far sì che il nome Serprino, possa essere utilizzato in lungo e in largo per il Paese. Questo il timore insomma: perdere la propria identità.

 

Anche la Cia Padova in difesa del Serprino: rischiamo il 30% delle perdite. L’etichetta non si tocca…è un marchio unico!

Ph: credit Wikimedia

Ad unirsi al grido di allarme nelle ultime ore è stata la Cia Padova che condivide la plateale contestazione sottolineando che “il decreto ministeriale permetterà di etichettare con l’etichettatura Serprino, sinonimo del vitigno Glera, anche gli spumanti generici”, e che questo comporterebbe un 30% in meno di guadagni, danneggiando pesantemente i viticoltori. Da una parte dunque un attacco all’identità, ma dall’altra anche un problema economico non di poco conto considerando che la pandemia non ha di certo reso facile il momento.

Non solo. La Cia Padova, per voce del suo presidente Roberto Betto, sottolinea come l’effetto cascata andrebbe a coinvolgere anche lo stesso Glera, facendone crollare il suo valore. “Sarebbe possibile – sottolinea – trovarne dell’altra in altre parti d’Italia ad un prezzo minore”. Insomma la Confederazione si schiara apertamente con sindaci e Consorzio in difesa di quei mille ettari di Serprino che, aggiunge Betto, “negli ultimi tempi sta conoscendo una forte espansione“, proprio grazie alla caparbietà dei produttori. Da parte sua il Mipaaf ha rassicurato: la definizione di Serprino continuerà ad essere utilizzata solo per i vini Dog e Igp con discplinari ad hoc. “Tuttavia – ha concluso il presidente Cia -, proseguiremo la nostra campagna finché non sarà data una comunicazione con i crismi dell’ufficialità, che vada nella direzione della massima tutela del nome”.

 

Il ‘verso’ allo spot anni ’90 che ha fatto diventare “il caso Serprino” un caso nazionale…l’ironia di sindaci e consorzio per un messaggio chiaro: giù le mani!

Il Video del Consorzio di Tutela dei Colli Euganei con i sindaci protagonisti pubblicato sulla pagina YouTube de Il Mattino Di Padova

Torniamo quindi allo spot che ha fatto nascere il caso. Siamo certi che i sindaci si sono divertiti moltissimo a girarlo e diciamolo: tutti hanno dato un’ottima prova d’attore. Se il Serprino è diventato la bandiera di questa battaglia, in realtà la stessa riguarda oltre al Glera anche la Pinella. A sostenere primi cittadini e Consorzio ci sono già, oltre alla Cia, altre associazioni di categoria e la regione Veneto.

“Oggi il Serprino – ha nei giorni scorso ricordato il presidente del Consorzio Marco Calaonpuò essere prodotto esclusivamente sui Colli Euganei” e parafrasando il buon Manzoni questo è l’unico matrimonio “che s’ha da fare”. Per il Consorzio e i cittadini il problema econoimco è importante, ma forse la questione identitaria lo è ancor di più: è sinonimo di unicità.

Non voglio trovarmi un giorno al cospetto del mio bisnonno e raccontargli che da presidente del Consorzio mi sono fatto portare via il Serprino – ha aggiunto Calaon -. La nostra vigna è proprio dietro alla chiesa di Vo’. Negli ultimi tempi di cose brutte ne abbiamo viste abbastanza. Il vecchio spot chiudeva con ‘liberi di amare’; il vino è una forma di amore per la terra. Sperando che sia di buon auspicio, questa volta concludere con un ‘liberi di brindare…con il Serprino Colli Euganei Doc'”.

 

La buona comunicazione è quella che stimola la curiosità. Eccone un paio di un vitigno che ora tutti sentiamo un po’ nostro!

Al di là dell’ironia dello spot con cui il Consorzio è riuscito a fare di quello del Serprino un caso nazionale, a dimostrare la buona comunicazione scelta, è il fatto che, questo spot, è riuscito a stimolare la curiosità di molti. Anche la nostra. Ecco perché abbiamo fatto una piccola ricerca per capire qual è la storia di questa eccellenza veneta.

A quanto pare questo vitigno è parte integrante della storia del luogo e dunque delle sue genti. Le informazioni non sono moltissime, ma secondo alcune testimonianze il vitigno risalirebbe all’epoca romana. A riferirlo è (come sempre) il grande Plinio che racconta come Livia, moglie dell’imperatore Augusto, fosse debitrice della sua longevità proprio a quel vino originario del triestino. Sarebbe dunque stata lei a introdurlo sui Monti Euganei e a dar quindi vita a quegli eccellenti vini leggeri e frizzanti.

Un’altra piccola curiosità. Il territorio su cui maturano le su euve era conosciuto fin dal Medioevo e forse ancora prima, per i fanghi curativi che portavano in questi luoghi tantissime persone sofferenti delle più varie patologie. Un fatto che lascia intendere la complessità dei minerali e dei polifenoli che i vitigni possono acquisire. Il Serprino, denominazione Doc, lo ha fatto di certo.

A questo punto, chiudendo con quel “è mio” dello spot ci sentiamo di dire che questo vino…“è nostro” e ha tutte le sue ragioni per voler mantenere intatta la sua unicità.