La ricerca condotta per Agronetwork incorona il nettare di Bacco: rappresenta il 13 per cento del settore agroalimentare e se il primo trimestre 2023 ha rallentato la corsa, le opportunità sono tante
L’ultima ricerca Nomisma per Agronetwork “incorona” il vino: è un vero e proprio traino per l’export del Made in Italy. Il nettare di Bacco, da solo, vale il 13 per cento delle nostre esportazioni agroalimentari e nonostante i primo trimestre del 2023 abbia vissuto delle difficoltà, è in queste che si possono trovare le opportunità con vini sostenibili e vitigni autoctoni sempre più protagonisti.
La ricerca Nomisma incorona il vino: è il re dell’export agroalimentare italiano e conquista sempre più spazio nei mercati
Si chiama “Il vino italiano nel mondo. Trend, posizionamento e prospettive” la ricerca condotta ed è stata presentata a Castello Nipozzano, storica cantina della Marchesi Frescobaldi nel Chianti Rufina. Il dato è chiaro: nel 2022 il vino è stato il prodotto agroalimentare più esportato con un 13 per cento totale. Un dato in crescita e per capire di quanto basta pensare che nel 2012 il suo valore era di 4,7 miliardi di euro: l’anno scorso è stato di 7,8 miliardi e cioè il 68 per cento in più rispetto a dieci anni fa. Non solo: il 2022 ha visto anche l’exploit dell’export dato che si è passati solo nel 2022 dai 7,1 miliardi ai 7,8 citati.
Guardando ai mercati oltre ai tradizionali il vino italiano ha saputo conquistare spazi sempre più ampi soprattutto in Nord America e in Asia con ovviamente l’Unione europea che si conferma il mercato principale per l’export del vino italiano: nel 2022 ha rappresentato il 40 per cento del suo mercato. Ma crescite si sono avute anche in altri Paesi come Stati Uniti e Canada dove dal 27 per cento del 2012 si è passati al 29 del 2022. In Asia la differenza si attesta nel decennio in un passaggio dal 5 al 7 per cento.
Se ci sono i numeri dell’export, ci sono anche quelli della riqualificazione delle esportazioni. Gli sfusi calano (ad oggi parliamo del 19 per cento di export in volume), con spumanti e imbottigliati che invece si prendono rispettivamente il 24 per cento e il 57 per cento dei numeri dell’export.
La ricerca Nomisma conferma il centro-nord come zoccolo duro, ma al centro-sud l’internazionalità è in costante crescita
A fare il punto sulla ricerca è il responsabile Industria, retail e servizi Nomisma Emanuele Di Faustino. I viaggia a due velocità, ma i territori dove i numeri sono più piccoli ci sono comunque importanti crescite. Sono le regioni centro-settentrionali a farla da padrone nell’export del vino italiano. Il sud però, sottolinea, si prende sempre più spazio e diventa sempre più internazionale.
Guardando alle regioni a farla da padrone è il Veneto che detiene il 36 per cento dell’export (dati 2022). Seguono la Toscana e il Piemonte con il 16 per cento, il Trentino con il 9 per cento e l’Emilia Romagna con il 6. Nella top ten ci sono però anche altre regioni e sono del centro-sud. Parliamo di Abruzzo, Lazio Campania, Puglia e Sicilia.
Il 2023 non è un anno facile e una frenata c’è stata per il mercato del vino. L’Italia tuttavia regge rispetto ai competitor: un calo i suo dello 0,4 per cento a valore e dell’1,4 per cento a volume in questi sei mesi, ma guardando al valore molto peggio va agli Usa che perdono il 23,5 per cento, al Cile che perde anche di più (23,9 per cento). La Francia fa peggio di noi a volume con un meno 6,1 per cento, ma decisamente meglio a valore con una crescita del 3,1 per cento.
Guardando ai cinque mercati più importanti per l’export del vino italiano, rileva la ricerca Nomisma, si vede come la crescita c’è per i vini fermi e i frizzanti imbottigliati nel Regno Unito (più 0,6 per cento a valore rispetto al primo semestre 2022) e in Svizzera (più 1,7 per cento). Con gli spumanti il traino è la Francia che nel semestre ha visto aumentare le importazioni dall’Italia di oltre il 30 per cento e ancora una volta a spadroneggiare è il Prosecco che si prende la sua rivincita nella terra dello Champagne.
I consumatori rispondono all’indagine, tracciano il futuro e dunque le opportunità che hanno il colore e il sapore della sostenibilità e l’autenticità
Luci ed ombre dunque, ma nell’ombra spesso si nasconde l’opportunità. Secondo la ricerca, infatti, sono i consumatori a dirci come andrà domani ed è a loro che bisogna guardare, anzi è loro che bisogna ascoltare.
Secondo l’indagine Nomisma nei prossimi due o tre anni a crescere nel consumo domestico saranno (lo hanno detto proprio i consumatori) i vini con certificazione sostenibile (per il 39 per cento degli intervistati) e biologici (per il 37 per cento degli intervistati). Seguono a poca distanza i vitigni autoctoni cui guarda il 34 per cento dei consumatori e quelli dei piccoli produttori che sceglie il 32 per cento di loro.
Si prevede a livello internazionale (e questo lo dicono i produttori), una crescita anche dei vini a bassa gradazione alcolica che, piaccia o meno, ai consumatori esteri piacciono e molto.
“Il vino italiano, nell’insieme di tutti i prodotti della moda, dell’automotive di lusso e del cibo, non può che avere un futuro brillante. – commenta Lamberto Frescobaldi alla guida della Marchesi Frescobaldi e presidente dell’Unione Italiana Vini (Uiv) oltre che componente del cda di Confagricoltura -. Si impone però una riflessione dopo gli aumenti che abbiamo avuto post-pandemia. Infatti, si sta assistendo a un rallentamento dei consumi specialmente nei prezzi più concorrenziali. Questa riflessione deve aiutarci a porre l’accento su una maggiore attenzione alla qualità del prodotto e alla sua comunicazione. Saranno molto importanti gli aiuti che potremo riservare alla promozione del vino italiano all’estero”, sottolinea.
“Oggi che celebriamo i nostri vini nel mondo ritorno sul concetto di sostenibilità per il corpo e per l’ambiente”, sottolinea la presidente Agronetwork Sara Farinetti che spiega come le scelte sostenibili siano quelle che qualificano I nostri consumi. “Anche il vino, per essere più sostenibile, deve essere consumato con moderazione e rispetto – conclude -, sempre ricercando la salubrità e la qualità. Aziende che rispettano l’ambiente e lavorano per l’uomo, che potrà così consumare questi prodotti con maggiore consapevolezza, grazie alla migliore informazione del consumatore ed alla responsabilità assunta dall’imprenditoria agricola”.
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