A lanciare l'iniziativa sui social, chiedendo a tutti i colleghi del mondo di partecipare, è lo chef Ievgen Klopotenko che ha fatto del suo ristorante un rifugio per chi scappa dalle bombe

“Make Bortsch not War”. E’ un gesto semplice quello che lo chef Ievgen Klopotenko, 35 anni, chiede a tutti i colleghi: preparare il piatto tipico ucraino come gesto di solidarietà, inserirlo nei menù e postarlo sui social. Lui, intanto, ha trasformato il suo ristorante in un rifugio dove, al momento, ospita una 30ina di persone che cercavano rifugio dalle bombe.

A raccontare la sua storia è l’Ansa. Una delle tante storie che arrivano dal Paese dell’est Europa che, tra l’altro, proprio l’anno scorso si era dimostrato un florido mercato per il vino italiano e che oggi affronta uno dei suoi momenti più bui.

Ph: Lo chef ucraino Ievgen Klopotenko-credit photo Ansa

L’iniziativa dello chef per chiedere sostegno all’Ucraina: “esistiamo, abbiamo la nostra storia e la nostra cucina”

Klopotenco ha 35 anni ed è l’unico chef ucraino nella lista “50 Next”, i talenti del futuro prossimo in cucina. Anche la sua vita è stata stravolta dal conflitto e così, del suo ristorante, ha fatto un posto “sicuro” per i concittadini che fuggono dalla guerra, ma anche un luogo dove cucinare, per sostenere la popolazione e i soldati.

“Per i primi tre giorni – racconta all’Ansa – abbiamo utilizzato ingredienti stoccati nelle celle frigo. Ora sono i fornitori che ci aiutano con quello che possono”. Una piccola catena della solidarietà che un giorno porta in tavola pollo, un altro giorno orate congelate e a volte solo verdure. Non sappiamo cosa cucineremo domani – spiega ancora lo chef –, dipende da quello che ci viene fornito. I negozi sono quasi vuoti e il poco che si trova è destinato alla popolazione. E’ già un problema trovare farina e cereali, perché sono i primi prodotti che tutta la gente ha accumulato in dispensa dall’inizio degli attacchi. Il ministro dell’agricoltura sta cercando di ripristinare le forniture”.

Dietro la storia anche “lo zampino” di Slow Food. Contattato sui social, e grazie al rapporto consolidato con l’italiana Manuela Fissore, storica curatrice dei Presidi internazionali per gli eventi Slow Food, lo chef sottolinea: “abbiamo dovuto adattare il nostro modo di cucinare alle grandi quantità. Eravamo abituati alla cucina fine dining, menù creativi per poche persone ogni sera. Ora cuciniamo per migliaia di persone, i piatti devono essere gustosi e nutrienti, e devono restare caldi e buoni anche dovendoli trasportare. Vorrei che la comunità internazionale capisca chi siamo, che l’Ucraina esiste, che non siamo parte della Russia. Abbiamo la nostra cultura, anche gastronomica – sottolinea lo chef -. Quando tutto questo finirà, vorrei invitare tutti a vedere chi siamo , un Paese che non ha paura, che ha combattuto per difendere la propria libertà”.

“Sto chiedendo a tutti gli chef internazionali di cucinare il Bortsch e di servirlo nel proprio ristorante, di postarlo sui social perché è un piatto Ucraino. A volte basta poco: ‘Make Bortsch not War’ ci aiuterebbe a sentirci meno soli e ci farebbe sentire il sostegno dei nostri colleghi nel mondo”.