Un progetto ambizioso che potrebbe vedere il suo coronamento con le prime bottiglie di questa eccellenza: speriamo tutti di assaporarla presto

Quello del recupero degli antichi vigneti è un tema che ci sta molto a cuore, ne parliamo spesso, questa volta vi parliamo di un vino “storico” che sta rinascendo grazie alla stoica volontà di salvare il più antico vigneto  dell’Oltrepò. A riportare la notizia è La Provincia Paese. Quanto anni ha il vitigno da cui sarà imbottigliato? Ben 120 anni!

 

Buttafuoco doc: quel vino dalla storia affascinante che rinasce grazie all’antico vigneto di 120 anni!

Ph: uva rossa foto generica pixabay

Si chiama Buttafuoco il vino doc dell’Oltrepò Pavese di cui stiamo parlando e sull’origine del suo nome ci sono diverse storie. Sembra infatti che a far sì che si il fatto che si chiami così lo si debba al poeta dialettale Carlo Porta che, assaggiandolo per la prima volta, avrebbe esclamato: “Butafueg!” per sottolineare quanto gli bruciasse la bocca.

Secondo un’altra storia, invece, la stessa sensazione la provarono dei marinai austriaci che durante la seconda guerra mondiale, siamo nel 1859, furono inviati nei pressi di Arena Po. Avrebbero dovuto portare i soldati da una sponda all’altra. Quando però il comando della missione fu dato alle truppe di terra sembra che i primi non avessero gradito molto la decisione e si sarebbero quindi nascosti in una cantina tra le colline sopra Stradella ubriacandosi di questo nettare di Bacco.

Un vino che gli rimase talmente impresso che sembra abbia finito per essere quello di una nave della marina austro-ungarica. Al di là delle storie e le leggende una certezza c’è: è un’eccellenza del territorio e nel giro di qualche anno il Buttafuoco “più antico”, o meglio “storico”, potrebbe essere nei nostri calici.

 

Manca solo l’ultimo tassello per questo antico vigneto: imbottigliare e ora si cerca la strada giusta per realizzare un sogno pronto a diventare realtà!

Ph: vino rosso, foto generica pixabay

L’antico vigneto da cui arrivano queste speciali bottiglie si trova proprio sulle colline di Stradella, in località Fontana e il pensiero va ai marinai austriaci in effetti. Qui però non ci sono marinai, ma proprietari coraggiosi che hanno deciso di far rinascere proprio su quei terreni il vino doc. Il vigneto si chiama “Campagnola” e proprietari ne sono Mario e Aberto Terrabusi soci della cantina Broni.

Con loro in quest’avventura si sono imbarcati (tanto per restare in tema marinaro) l’agronomo Angelino Mazzocchi, il responsabile dell’area manager del consorzio Terrepadane Davide Vercesi e l’ex consigliere comunale Teresio Tavani.

Tutto inizia nel 2018 con un nobile obiettivo: salvare lo storico e antico vigneto dall’estirpazione. Tre ettari di Croatina, Barbera e Uva Rara da salvaguardare. Ettari capaci di dare 50 quintali di uva in totale.

E’ iniziato tutto così con la collaborazione di Terre e Terrepadane. Si è avviata la riqualificazione con, leggiamo nell’articolo, l’utilizzo di pali in legno e fili in corten a basso impatto ambientale e visivo. Accanto un nuovo impianto che in futuro potrà servire per gli innesti in grado di ridare vigore al passato.

Quattro anni di un lavoro attento con le uve delle ultime quattro vendemmie, la quinta è quella che si farà quest’anno, stoccate nella cantina La Versa. I mosti saranno trasferiti allo stabilimento di Casteggio. Manca solo un ultimo tassello: imbottigliare. Per farlo però bisogna decidere quale strada prendere. Una possibile è quella di iscriversi al club del Buttafuoco storico chiedendo l’iscrizione al consorzio di Canneto Pavese della vigna. Se il sì arriverà, finito l’iter, tra circa anni potremmo, speriamo, assaporarlo!

 

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