Avranno per la prima volta uno stand tutto loro. Quello dei vini a bassa o senza gradazione è un mercato in grande crescita come conferma anche quest'anno l'indagine Iwsr, ma non è in "guerra" con quello tradizionale

Mentre l’Irlanda va avanti con le sue etichette “health warning” (allarmi sanitari) con l’Europa che, compatta, si scaglia contro la misura che punta il dito sull’abuso e non sulla cultura del buon bere penalizzando l’immagine di tutto il settore, che la consapevolezza del bere moderato sia ormai un fatto lo dimostra l’espansione del mercato degli alcolici a bassa gradazione se non addirittura senza. Un’espansione che non riguarda solo i consumi, ma anche la presenza sulle carte dei ristoranti e negli eventi e le fiere, anche le più importanti.

Un segmento anche del settore Wine che prende sempre più piede senza minare la forza di un’enologia storica che è davvero emblema della cultura mondiale, ma che sembra essere la risposta più immediata all’allarmismo imperante e, diciamolo, ingiustificato.

Il “bere moderato” conquista sempre più palati: vale 12 miliardi di dollari il mercato del low-no alcool

I numeri li dà l’International Wine&Spirit Research (Iswr) che con la sua indagine ha rilevato come non solo il giro d’affari ha raggiunto i 12 miliardi di dollari con una crescita del 5 per cento in soli quattro anni (2018-2022) e una prospettiva di crescita al 2026 addirittura del 7 per cento.

La crescita è stata di 2 miliardi solo nell’ultimo anno come dimostrano i numeri forniti sempre dall’Iswr nel 2021 quando già si era parlato di “boom”. Un’indagine, anche quella del 2022, che le rilevazioni le ha fatte sui mercati più importanti del mondo del settore vino e cioè Australia, Brasile, Canada, Francia, Germania, Giappone, Sudafrica, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti.

Quello che chi pensa ad etichette che devono far paura forse ignora è che gli stili di vita sono cambiati anche tra chi ama degustare un buon calice. La pandemia, in questo senso, ha dato una vera sterzata al modo in cui viviamo la nostra quotidianità e all’attenzione che mettiamo nel decidere cosa mettere in tavola e nei bicchieri. Tanto è vero che, come ricorda il magazine HorecaNews esistono vere e proprie categorie per identificare chi si avvicina al mondo del low-no alcool. Ci sono i “Substituters” che per preferendo bevande alcoliche ogni tanto non disdegnano bere qualcosa di più “leggero”. Ci sono anche i “Blenders”, chi ha proprio sostituito l’alcool con una scelta a bassa gradazione o a totale assenza id gradazione.

Quello dei vini low-no alcool è un nuovo elemento nel mondo dell’enologia che potrebbe cambiare diversi scenari

Una fetta di mercato che cresce, ma che deve ancora fare tanto per risolvere il problema della disponibilità del prodotto che fa più fatica a passare per i classici canali distributivi. Si conoscono poco insomma. Se il canale si troverà ci potremmo forse trovare di fronte ad un vero e proprio boom del settore.

Quello del low-no alcool è un settore da guardare con attenzione perché è un nuovo ago della bilancia che si inserisce nella filiera e negli sbocchi commerciali. Ma se su questi fronti i passi da fare sono tanti, di ottimi se ne sono fatti nella ristorazione e nelle fiere dove le bottiglie a bassa o totale assente gradazione sono sempre più protagoniste.

Che il “bere moderato” sia sempre più importante per i consumatori lo dimostra l’espansione del fenomeno: per i vini low-no alcool uno stand al ProWein 2023

A dimostrarlo il fatto che ProWein, una delle manifestazione più importanti al mondo del settore enologico, dedicherà proprio un’area della fiera in programma dal 19 al 21 marzo, ai vini dealcolati. Li si potrà trovare nel padiglione “World of Zero” avendo per la prima volta un luogo “comune” dove i produttori potranno far conoscere i loro vini e spiegare il perché di questa scelta ai tanti buyer ed enoappassionati che vi transiteranno.

D’altra parte proprio la Germania, che ospita il ProWein, è uno dei mercati dove la tendenza ha preso più piede. Dietro di lei ci sono Giappone, Spagna, Stati Uniti e Regno Unito. Una nuova sfida per il mondo del vino dopo quella del bio che qualcuno immaginava una moda e che invece oggi è una solida certezza in termini di scelte, di mercato e di introiti.

 

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