L'impatto del Covid, il futuro, le difficoltà ma soprattutto le opportunità. Il vino parla una lingua nuova, che passa per la storia e l'innovazione digitale. C'è bisogno di coraggio!

Il Wine Business Forum svoltosi in occasione della Milano Wine Week è stata l’occasione per ribadire un concetto di cui, ormai, si parla sempre più spesso: la via privilegiata del vino è quella che va dal produttore al consumatore. Se per qualcuno il Covid è l’emergenza che ha innescato questa rivoluzione, a nostro parere (e non solo) è più che altro un grande acceleratore che ha “costretto” ad accettare che sì, le cose possono cambiare, e non necessariamente in senso negativo.

 

Dal produttore al consumatore: al Wine Business Forum si parla di impatto del Covid e di futuro di un settore che ora la sua rivoluzione la deve affrontare

Sono state tante le testate che hanno riportato quanto emerso dall’importante appuntamento organizzato da Business Strategies di Silvana Ballotta. I temi emersi sono temi che ci è capitato di toccare spesso: puntare su innovazione, avere coraggio, saper cogliere le opportunità in tempo di crisi.

L’evento milanese ha trattato l’argomento in relazione al consumatore. Ma siamo convinti che, spostando l’ottica verso il B2B, le cose non cambino poi moltissimo. Al centro del Wine Business 2020 l’impatto che il Covid ha avuto sul mondo del vino. Tutti lo hanno e lo stanno affrontando. Non per tutti l’impatto è stato uguale, ma, nonostante le differenze, le risposte da dare sono pressocché simili da qualunque parte il globo lo si guardi. E il digitale, ancora una volta, è stata la matrice comune su cui il settore si mosso.

La ricerca presentata è ancora parziale, ma delinea comunque lo scenario futuro. La certezza, per tutti, è che il danno subito è innegabile. L’export lo ha già detto: il timore per ciò che accadrà sui mercati internazionali c’è. A far più paura è la perdita dei ricavi, di cui ancora non c’è contezza. Eppure le imprese hanno cercato di rispondere al meglio al momento di difficoltà. Particolarmente singificativo quanto dichiarato da Jean-Marie Cardebat, uno dei due ricercatori dell’Università di Verona e Bordeaux che hanno condotto la ricerca.

“Le imprese – ha detto – da un lato hanno risposto tagliando i costi in vigna e in cantina. Poi hanno iniziato a ridirezionare gli investimenti in comunicazione e marketing, soprattutto sul fronte dell’e-commerce e della vendita diretta, oltre che di accoglienza in cantina, dove è stato possibile. Se c’è una cosa che il Covid ha evidenziato, è che la catena di valore tra produttore e consumatore era troppo lunga, e questo è un aspetto davvero importante, gli investimenti in futuro si concentreranno sullo sforzo commerciale e sul contatto diretto del consumatore”.

 

Dal produttore al consumatore: giusto guardare al B2C, ma anche nel B2B è necessario cambiare. La distribuzione cambia e lo fa lungo tutta la filiera

Parole con cui noi di Enolò, che sull’eliminazione dell’intermediazione nell’ambito B2B, con una evidente ricaduta sul B2C, non possiamo che condividere. E’ uno dei principi cardine su cui si fonda la nostra idea di rivoluzione della filiera vitivinicola. Un ulteriore tassello, crediamo, in un panorama in cui efficientare è diventato quanto mai indispensabile: la riduzione dei costi non può e non deve passare per un calo di qualità, nei prodotti e nella commercializzazione, ma al contrario in un miglioramento complessivo che passa anche per una nuova visione della propria attività.

Tornando a quanto emerso dall’appuntamento lombardo, i riflettori bisogna puntarli sul consumatore. Sono loro, alla fine, quelli cui il prodotto deve arrivare. Antonio Galloni, tra i critici più importanti a livello internazionale, alla Ballotta, ha quindi parlato di una “grandissima opportunità” creata dal Covid. A fare da spartiacque sarà proprio, ha sostenuto, la differenza tra chi ben gestisce la sua azienda e chi no. E in un’epoca in cui viaggiare è difficile e quindi appoggiarsi a terzi per veicolare i propri prodotti, la chiave di volta è la fidelizzazione al proprio brand. Insomma: dobbiamo essere riconoscibili, trovabili e pronti a dare le risposte giuste quando ci si pongono domande.

Lo ha detto lui: “servono canali diversi per far tenere il business, perché non ci si può fermare”. Sì siamo d’accordo, non si può. Per lui la scelta di coraggio è nel puntare sull’identità. Quella va comunicata, quella va veicolata, quella va “consegnata”. E lo devono fare le aziende.

 

Parola ai produttori: comunicare storia e identità non può prescindere dall’innovazione. E il digitale è un universo ricco di possibilità

Su questo alla Business Forum è intervenuta Cristina Ziliani (Berlucchi), che ha parlato dell’importanza di continuare a puntare sulla forza dei brand legati al territorio, ma sapendone “innovare la storicità – le ha fatto eco Chiara Soldati de La Colca -, disegnando strategie sul futuro restando fedeli al passato, con le cantine che hanno un ruolo sociale di occupazione e innovazione nei territori”.

Dell’importanza del digitale ha quindi parlato, come viene sottolineato da WineNews, Riccardo Pasqua (Pasqua Vini). E’ qui che bisogna investire. E con l’arrivo dei fondi europei, farlo non è più rimandabile, così come investire in sostenibilità.

Certo lo scenario muta a seconda del Paese. Basti pensare a dazi Usa, Brexit, lo stop dell’economia cinese e così via. Ma, di fatto, la sfida è universale. Anche perché, bisogna dirlo, non per tutti la pandemia è stata catastrofica. L’esempio portato è stato quello del Rioja, per il quale il 2020, ha sottolineato la ricerca Business Strategies, l’anno è stato addirittura in crescita. Perché? Per la diversificazione dei canali distributivi. Altro esempio riportato quello del Daou in California che, si legge nella nota diffusa proprio da BS “ha sfruttato la posizione di leadership in ambito innovazione e digitalizzazione per mantenere il valore delle vendite e conservare le risorse produttive”. Un esempio viene anche dall’Italia ed è quello di Castiglione del Bosco a Montalcino “che ha elaborato una strategia di finanziamento innovativa basata sullo sfruttamento del processo di invecchiamento del Brunello”.

 

Dal produttore al consumatore: sul futuro le idee sono chiare. Di cosa c’è bisogno? “Di imprenditori visionari”

Tutti concordi sulle strategie da mettere in campo: fare sistema per affrontare i mercati internazionali valorizzando le identità e le ‘storie’ dei territori per mantenere il valore dei nostri vini. Raccontare i nostri prodotti ovunque nel mondo e non solo nei Paesi tradizionalmente meta per il nostro export; garantire la sicurezza dell’occupazione al settore. E ancora consolidamento dei mercati dell’export senza abbandonare il mercato interno e mantenere infine vicinanza al mondo dell’Horeca studiando insieme modalità di relazione diretta con il cliente. E una modalità diretta, vogliamo ribadirlo, noi già da tempo l’abbiamo messa in campo.

Per la Ballotta quello che si è svolto a Milano è stato “un confronto interessantissimo. Mai come oggi abbiamo bisogno di imprenditori visionari, ossia capaci di avere una visione sul futuro e coraggiosi per intraprendere strade di innovazione e sviluppo”.

Impossibile pensarla diversamente! Sarà interessante, ora, vedere anche cosa emergerà domani dalla seconda edizione di Wine Generation Forum, l’evento di networking organizzato da Agivi (Associazione dei giovani imprenditori vinicoli under 40 di Unione Vini Italiani” incentrato su come “Imparare dal cambiamento”.