E' la terra la nostra grande risorsa. Lo conferma l'indagine dell'associazione: cibo e vino italiano rappresentano il 25% del Pil e potrebbe andare ancora meglio

Food&Wine, ma sinceramente preferiamo la formula “bere e mangiare” e Coldiretti apprezzerà. L’italianità è anche questo e lo è nel mondo. Essere “vittime” di un cliché non è necessariamente un male, anzi. Nel nostro caso è un tratto di grande identità e ci teniamo a ribadirlo.

Come? Confermandoci come grandi mangiatori e grandi bevitori e, soprattutto, confermando che il nostro cibo e il nostro vino è amatissimo in tutto il mondo. La filiera enogastronomica, in Italia, è la prima per ricchezza nel Bel Paese. Lo conferma l’indagine dell’associazione appena presentata.

Vediamo quanto i nostri piatti ci fruttano in termini economici (nel gusto lo sappiamo già).

 

Coldiretti: il 2019 sarà un nuovo anno record per l’export della nostra enogastronomia

La filiera del cibo è la prima ricchezza del Bel Paese. Rappresenta il 25% del Pil e vale ben 538 miliardi di euro con l’export che fa registrare, rispetto al 2018, un +4%. E l’anno non è ancora finito. Non solo. E’ anche grande fonte di occupazione con 3,8 milioni di occupati.

Questi i numeri de “Il valore del cibo in Italia” presentati da Coldiretti in occasione della giornata nazionale Cibo e cultura di Matera 2019. Una leva strategica in continua crescita che rappresenta il motore del Bel Paese dentro e fuori i confini nazionali e che per la sua qualità è anche un toccasana per la nostra salute.

Quello del 2019 per l’export del cibo italiano è un anno record. Quel 4% cui abbiamo accennato, infatti, si traduce in una prospettiva di valore già superiore al record del 2018 quando il settore ha chiuso con 41,8 miliardi di fatturato. 

 

Coldiretti: ci ama l’Europa e ci amano gli Usa, ma l’industria del falso è un danno che ci costa 100 miliardi di euro

Dove si mangia di più italiano? Ovviamente in Europa con la Germania su tutti, ma se guardiamo oltreoceano sono sempre gli amici statunitensi a darci le maggiori soddisfazioni. Tutto con la spada di Damocle della cosiddetta “agropirateria” internazionale, che rappresenta un danno enorme per la nostra produzione, ma che nonostante questo non riesce (fortunatamente) a far cadere i consumatori nella trappola del “tutto uguale” perché tutto uguale non è.

Certo, ridurre questi fenomeni, è importantissimo e per la qualità di ciò che l’Italia esporta e per il valore che potrebbe raggiungere. Come a dire: siamo già primi, ma potremmo essere irragiungibili. Ben di 100 miliardi di euro, infatti, il danno causato al mercato italiano dall’uso improprio di parole, colori, località, denominazioni e ricette tarocche. Una vera e propria industria del falso che danneggia produttori e consumatori.

 

Coldiretti: falsi sì, ma nessuno fa confusione. La Dieta Mediterranea non è imitabile, e i consumatori lo sanno

Fenomeni gravi e da arginare, ma che non riescono ad intaccare, come detto, il valore del cibo italiano. La percezione che chi lo ama ne ha è quella di prodotti che garantiscono il bene maggiore: la salute. E la Dieta Mediterranea, al di là delle mode che negli anni si susseguono tra diete a zona e ipocaloriche, rimane sempre la preferita. Pane, pasta, frutta, verdura, olio e un bicchiere di vino sono gli elementi che quotidianamente “addobbano” (permetteteci l’uso del termine vista la vicinanza con le festività) le tavole degli italiani, degli europei e di mezzo mondo.

Impossibile avere dubbi sul fatto che faccia bene. Lo dice già solo il dato della longevità. E se di altre prove avete bisogno allora tanto vale ricordare che la Dieta mediterranea è entrata a pieno direitto, nel 2010, nel patrimonio immateriale dell’umanità Unesco. Quindi, da oggi, quando vi siederete a tavola ricordate: quello che consumate è una ricchezza che va protetta e tutelata.

 

Coldiretti: nei calici e nei piatti patrimoni mondiali che dobbiamo ricordarci di tutelare e valorizzare

Cibo e vino italiano, dunque fanno il paio con l’ambiente. E le vigne lo confermano. Basti pensare a quelle che sempre l’Unesco ha riconosciuto come patrimonio per comprendere quanto il loro valore sia incalcolabile. La stessa tutela che meritano gli ulivi, le malghe di montagna, i pascoli, i terrazzamenti e così via. Tutti elementi che contrastano il degrado e il dissesto idrogeologico.

In un piatto e in un calice, insomma, c’è un territorio: c’è l’Italia intera. E l’Italia intera vuol dire la nostra vita, la nostra terra, la nostra economia. Ecco che allora turismo ed enoturismo diventano ben più che semplici “pacchetti vacanze”, ma il nostro mondo verso cui dobbiamo avere un occhio di riguardo. E il nostro Paese questo lo ha capito.

 

Italia Paese dei primati…

Nel campo dell’agricoltura, infatti, siamo i più green d’Europa. A fare la differenza le nostre 297 specialità Dop/Igp e i 415 vini Doc/Dogc. A questi si aggiungono i 5.155 prodotti tradizionali regionali censiti da Coldiretti lungo tutto lo Stivale. Ad essere biologiche sono ormai 60mila aziende. Ad aver detto no agli Ogm sono stati in 40mila. Aziende, queste, che si sono prese l’onore e l’onere di custodire semi e piante a rischio di estinzione.

Tante volte, vale la pena ricordarlo, ci è capitato di parlarvi di vigenti che sembravano scomparsi e che ora, in quel 25% del Pil sono ampiamente responsabili. E sempre le viti sono quel simbolo di biodiversità che nessuno potrò mai raggiungere. Sono infatti 504 le varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei cugini francesi. Primato che si conferma anche per quanto riguarda le olive: in Italia sono 533 le varietà, in Spagna soltanto 70.

Primato italiano anche quello della sicurezza alimentare. Proprio nel Bel Paese, infatti, si produce il minor numero di agroalimenti con residui chimici irregolari (0,8%) a fronte di una media Europa dell’1,3% e una media extraeuropea pari al 5,5%.

 

Coldiretti: settore in grande salute, ma si potrebbe fare di più. Servono le infrastrutture. E’ questo l’appello alla politica

Cosa manca per fare ancora meglio? Lo ha spiegato il presidente di Coldiretti Ettore Prandini. “Serve agire sui ritardi strutturali e sbloccare tutte le infrastrutture”. Questo significherebbe migliorare i collegamenti tra Sud e Nord, “ma anche con il resto del mondo, per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo. Una mancanza che ogni anno – precisa – rappresenta per il nostro Paese un danno in termini di minor opportunità di export al quale si aggiunge il maggior costo della ‘bolletta logistica’ legata ai trasporti e la movimentazione delle merci”.

Un vero e proprio appello alla politica cui si chiede di dare risposte in un momento storico in cui i mercati corrono, i mezzi meno.