Nelle wine list di New York i rossi di Piemonte e Toscana non mancano e le cantine preferite sono Antinori e Tenute San Guido. Ma il nostro è un patrimonio ineguagliabile e le possibilità di ampliare la presenza non mancano

Oggi parliamo di Wine List, o se preferite Carta dei Vini. La sostanza non cambia. Resta questa la carta d’identità di ogni buon ristorante. Partendo dalla ricerca condotta da Mibd-Wine Analytics sui vini più presenti nelle wine list di New York, cerchiamo di aprire una riflessione anche su consumi, futuro e sostenibilità.

 

Carta dei vini: negli States i consumi scendono, ma nelle Wine List quella che si cerca è sempre più la qualità e l’Italia c’è

Ci è capitato non molto tempo fa di parlarvi dell’ondata “nazionalista“, se così possiamo definirla, che sembra investire un po’ tutti i Paesi del globo. La scelta dei vini “di casa” sembra crescere e questo impone una profonda analisi del fenomeno per non perdere spazio nei mercati.

Per la prima volta, se si escludono le bollicine cresciute del 4%, negli Stati Uniti si è avuto un calo dei consumi enoici dal 1994. Consumi che hanno chiuso il 2019 con un -0,9%, dettato soprattutto dal tracollo dei vini fermi che nei consumi degli statunitensi sono scesi di ben l’1,5%.

Mibd-Wine Analytics è andata a vedere cosa succede nelle Carte dei Vini della città simbolo degli Stati Uniti, quella della moda, delle tendenze e dei grandi ristoranti: New York. Come va per i vini italiani?  A dispetto dei giusti timori non ci si può certo lamentare. Le cose vanno bene anche se, a dirla tutta, a spadroneggiare sono grandi griffe e certezze della storia enologica della viticoltura italiana. Una testimonianza di qualità (che scalza la quantità nelle scelte), ma anche di importanza di valorizzazione del brand. Essere piccoli facile non è. Avere politiche di promozione che rendano le eccellenze chicche da Wine List nel mondo, è doveroso.

 

Piemonte e Toscana: sono loro gli assoluti protagonisti nelle Carte della Grande Mela. E se guardiamo le aziende quelle che trovano spazio sono principalmente due e una è anche sul podio

Ma quali sono i vini italiani che troveremo quasi certamente in tutte le Carte dei Vini della Grande Mela (ed è un dato da non sottovalutare nell’analisi condotta), dove si mangia rigorosamente in stile Usa? In nome del nazionalismo a spadroneggiare sono i vini della Napa Valley con una presenza del 79%. L’Italia si piazza al quarto posto con il piemontese Barolo (63%), seguito a pochissima distanza da due rossi toscani, il Toscana Igt (62%) e il Brunello di Montalcino (57%) seguito, a sua volta, da un altra eccellenza piemontese: il Barbaresco (55%).

Se andiamo a guardare alle aziende che nei locali dove a farla da padrone è la cucina americana, la terza in assoluto a far trovare i suoi vini in etichetta è Antinori (30%). Prima di lei ci sono due aziende di casa: la Ridge Vineyard (39%) e la Heitz Cellar (32%). Tenuta San Guido, l’azienda bolgherese dove nasce il Sassicaia riconosciuto nel 2018 dalla più prestigiosa rivista di settore, Wine Spectator, come il miglior vino al mondo, si piazza al dodicesimo posto con una presenza in una carta dei vini su quattro (26%). Tra loro quasi esclusivamente Francia.

A ben guardare i dati confermano le tendenze rilevate da Wine Searcher a fine 2019 quando aveva stilato la classifica dei vini più ricercati al mondo. Quali c’erano? Il Sassicaia, il Tignanello e il Massetto, proprio i vini delle due aziende italiane leader nelle Carte dei Vini statunitensi. Ricerca, quella condotta, da cui tra l’altro risultava proprio che tra i vini più cercati al mondo, se si parla di Italia, spazio c’è solo per Toscana e Piemonte. Un’altra conferma della percezione che, all’estero, si ha dei nostri brand.

 

Carta dei vini: i dazi preoccupano, ma i millennials aprono nuovi scenari: bevono meno, ma meglio e nelle wine list cercano salute e sostenibilità

La qualità dunque viene premiata. Ma con lei si premiano anche i grandi nomi. Le certezze. Quelle restano imprescindibili, ma in un mondo dei consumi del vino che cambia, un momento in cui Trump sembra voler riportare gli Stati Uniti al Proibizionisimo (cosa su cui la Bbc ha incentrato una ricerca confrontando a quanto salirebbero di prezzo i prodotti di importazione), in cui i giovani cambiano il loro modo di approcciarsi al vino con la sostenibilità che diventa sempre più fattore discriminante, il ventaglio di opportunità si amplifica. E spazio da conquistare ce n’è. Anche per i produttori più piccoli che fanno della qualità un valore unico.

I millennials. Sono probabilmente loro il terreno fertile su cui lavorare per conquistare uno spazio nelle wine list degli Stati Uniti. L’Us Landscapes 2020 Report di Wine Intelligence parla chiaro: bevono meno e meno spesso, ma quando lo fanno, la scelta non è sul prezzo, ma sulla qualità. Lo dice la ricerca stessa: per sopravvivere e crescere nelle preferenze di una generazione, quella tra i 21 e i 34 anni, che ha fatto registrare per la prima volta il calo dei consumi negli Usa, bisogna adattarsi ai nuovi scenari. E in questi scenari ci sono salute e, appunto sostenibilità.

 

Mete su cui puntare: San Francisco…

Se si è dunque produttori “sostenibili” alla ricerca del proprio Klondike negli Usa, una delle mete da scegliere potrebbe essere quella di San Francisco.

Sembra proprio che sia questa La Mecca del food sostenibile dove attenzione, anche nelle Carte dei vini, si presta al Climate Change. E’ qui, infatti, che è nata l’organizzazione no profit ZeroFoodPrint, che ha lo scopo di spingere chef e ristoranti a portare al minimo le loro emissioni. Ecco che allora da queste parti sempre più ristoranti scelgono prodotti freschi e di qualità, energie rinnovabili e riduzione degli sprechi alimentari. Lo fanno persino i fast food. Un esempio? Quello di Central Kitchen che ha scelto la cucina italiana e nella sua wine list mette solo etichette bio.

 

In conclusione…

Insomma, le possibilità nei mercati sono ancora tantissime al di là di dazi e problemi politici che si abbattono come scuri anche nel settore dell’enologia. E fette di mercato importanti possono essere conquistate da chiunque e perché no, anche posti ambiziosi in Carte dei Vini dei ristoranti fino a quelli più prestigiosi.

Avere una strategia che sappia guardare alle tendenze e strizzare l’occhio alla sostenibilità è diventato fondamentale. Pensare in grande partendo dalle opportunità di casa nostra dove la ristorazione rappresenta, da sempre, un must che insegna al mondo. Se è vero che non per tutti le possibilità economiche per investire sono le stesse, è pur vero che però nel settore dell’enologia sono sempre più i professionisti che offrono servizi per sostenere anche le più piccole imprese e portare i loro vini nelle cantine di ristoranti che, da parte loro, devono saper per primi rispondere alle esigenze dei consumatori ampliando l’offerta, differenziandola e dando alla propria cantina una forte impronta di flessibilità.

Enolò è la Start Up che per prima ha puntato proprio sulla Carta dei Vini per portare piccole-grandi rivoluzioni nella filiera, dando risposte ai produttori e i rivenditori. Possibilità di servizi innovativi integrati che vanno dalla gestione della propria attività alla logistica, passando per la comunicazione digitale. Scoprirci non costa nulla, soltanto un click.