E' diventata un caso la Winelist di un ristorante inglese dove non ci sono specifiche su produttore, regione e annata. Una baggianata o un'ottima trovata di marketing?

Troppo “minimal”? Forse, ma se a livello di marketing fosse funzionale? Il dibattito è aperto e su Twitter si è letteralmente scatenato. La notizia la troviamo su The Drink Business e tra serio e faceto la strana carta dei vini del ristorante Flat Iron che passa sui social apre ad un nuovo scenario (o no?).

Scopriamo perché e poi che ognuno si faccia la sua idea.

“Minimal”, forse un po’ troppo: la carta dei vini di un ristorante inglese scatena la bufera social tra chi la trova geniale e chi pessima!

Breve, anzi no…brevissima e anche striminzita. Niente indicazioni su produttore, regione e annata. Solo un piccolo elenco in cui un non ben identificato Negroamaro italiano è descritto semplicemente come “speziato” tanto per fare un esempio. Le bollicine francesi e non lo Champagne che non viene nominato sono “apple” e un Sauvignon Blanc sudafricano di ignota provenienza è “vibrante”.

La cosa più strana? Che la lista delle birre è esattamente l’opposto: dettagliatissima. Ma perché? Questo verrebbe da chiedersi e gli unici che potrebbero rispondere sono i titolari del ristorante dove si fanno solo bistecche. Non possiamo sentirli e così cerchiamo di farcela noi un’idea, ma non prima di vedere l’inferno che ha scatenato questa trovata social.

Il mondo dell’enologia, con l’intervento persino di grandi nomi dell’ambiente, si è letteralmente spaccato su quel pezzo di carta digitale. Grande l’indignazione di chi sottolinea che non si può generalizzare perché un Bordeaux è un Bordeaux o perché le parole messe così significano praticamente nulla.

C’è chi però in questa carta dei vini così “minimal” ci ha visto non vogliamo dire del genio, ma una certa intelligenza per quell’alone di mistero che c’è dietro la strana Carta dei vini. Qualcuno ha anche rilevato come l’assenza del segno della sterlina accanto ai prezzi fosse una strategia efficace di marketing per spingere a spendere di più sebbene a quanto pare le bottiglie meno di 30 sterline non costino il che farebbe pensare ad una carta di qualità. E chi ci è stato tra gli esperti di vino ha speso buone parole ad esempio per il Bordeaux presente in carta.

 

Sul se sia troppo “miminal” si può discutere all’infinito e sì in fondo lo è, ma come trovata di marketing non è un’idea (forse) tanto sbagliata!

Certo noi siamo convinti che una carta dei vini debba avere le indicazioni giuste per questioni di trasparenza e anche per esaltare il valore di chi quel vino lo fa. Ma è pur vero che giocare un po’ in un mondo che, dicono gli stessi addetti ai lavori, deve un po’ alleggerirsi non sarebbe poi tanto sbagliato.

Anche perché di quella leggerezza c’è tanto bisogno nel linguaggio. Ancor più oggi in un momento difficile in cui al vino bisogna avvicinare. E i social si sa è sui giovani che impattano di più. Ergo proviamo ad immaginare che, andando nel ristorante, qualche informazione in più la si troverà su una carta o anche solo semplicemente chiedendo a chi ci serve che vino ci porterà.

Giusto o sbagliato che sia di certo intraprendenza ce n’è. Quanto meno quella di giocare sul mistero stuzzicando la curiosità e mettendo per un attimo da parte quelle lunghe liste (troppo lunghe quelle tradizionali e per questo evviva l’innovazione e la flessibilità di carte e cantine su cui anche noi abbiamo puntato sin dal primo giorno) a volte difficilmente decifrabili per chi di vino esperto non è. L’imbarazzo della scelta non sempre è una buona cosa a meno che non si sia grandi appassionati e non ci si trovi in un locale con un esperto sommelier.

 

E’ la carta dei vini che risponde a chi, di saperne troppo, non ha voglia…vuole solo leggerezza e un buon calice!

Scelta discutibile quella “minimal” forse, ma che risponde a coloro che (e nel vino ci sono anche loro) non vogliono godere del piacere di un calice facendosi troppe domande e pretendendo di sapere chissà cosa. Ci mette leggerezza e questo, in fondo, è un bene. Azzardiamo di più: anche per un esperto fare una sorta di degustazione alla cieca, almeno una volta, potrebbe essere stuzzicante.

Sia chiaro la carta è una carta eccellente da quel che sembra. In lista ci sarebbe anche una delle più importanti case di Champagne che non viene nominata.

Sebbene un intenditore possa ritenere che la selezione sia nella migliore delle ipotesi “inoffensiva”, chiaramente non è rivolta a loro, ma piuttosto ai consumatori che vogliono solo qualcosa da gustare con il loro cibo.

Potremmo discuterne per ore ma una cosa è certa, se era marketing l’operazione è perfettamente riuscita perché come si suol dire…purché se ne parli!