Secondo la Wsta potrebbe fare del Paese il maggior distributore del mondo. Eppure Enolò questa strada l'ha segnata già da qualche anno. Siamo d'accordo: è ora di puntarci

E’ la blockchain il futuro o meglio “la quarta rivoluzione. Così è stata definita sul palco della Wsta (The Wine and Spirit Association) la nuova tecnologia da Lord Holmes che ha chiesto al Governo del Regno Unito di agire ora. Secondo l’amministratore delegato Wsta, Miles Beale, il Paese “diventi il centro del commercio mondiale del vino”.

Quasi una sfida per gli altri Paesi perché questa rivoluzione riguarda tutti. Partiamo da qui e da Enolò per raccontarvi cosa è emerso dalla conferenza Wtsa ed è stato raccontato da The Drink Business.

 

Blockchain: è questa ‘la quarta rivoluzione industriale’ e noi ce ne eravamo accorti

Era durante il Vinitaly 2019 quando il Ceo di Enolò Stefano Baldi, nella conferenza “Il contributo dell’inovazione digitale al settore del vino”, ha annunciato tra gli step futuri dell’azienda, quello di “proporre servizi innovativi fintech per investimenti su asset costituiti da lotti di vini premium tracciati mediante blockchain”. Ancora una volta parole ripensate alla luce di quanto accaduto dall’altra parte della Manica nei giorni scorsi. Sì perché secondo Lord Holmes questa tecnologia potrebbe “trasformare” l’industria del vino e dei liquori del Regno Unito.

A nostro parere può cambiarla per chiunque, anche per l’Italia. Lui l’ha definita “la quarta rivoluzione industriale” e noi siamo d’accordo. Le ragioni? Le ha ben spiegate: apre la strada ad una riduzione degli attriti commerciali, consentire l’accesso ai dati in tempo reale lungo la catena di approvigionamento aiutando produttori e distributori, permettendo loro di fornire più informazioni ai consumatori, nonché i loro prodotti più velocemente senza sacrificare la qualità.

E’ bene ricordare che quando parliamo di blockchain parliamo di un registro aperto e distribuito in grado di registrare le transazioni tra due parti in modo efficiente e verificabile, capace di archiviare i dati in un database pubblico utilizzando la crittografia.

 

Lord Holmes chiede al Governo britannico di ‘dimenticare’ la carta e pensare ad una rivoluzione tecnologica inevitabile e già a portata di mano

Lord Holmes ha spiegato con un esempio pratico, da lui stesso attuato, il perché la blockchain potrebbe davvero rivoluzionare il mondo della distribuzione del vino. Ha infatti lavorato ad un progetto tracciando una bottiglia di vino acquistata in Australia fino al suo arrivo nel Regno Unito: 10mila miglia di distanza colmati da un minor lavoro di ufficio alle frontiere.

Assurdo quindi per lui o meglio “bizzarro“, testuali parole, che di fronte a questa possibilità il Governo britannico cerchi di imporre moduli di certificazione cartacei definiti “gravosi”: i VI-1. Per questo si è mosso direttamente presentando alla Camera un emendamento che cerchi di impedirne l’utlizzo a partire dal 1 gennaio 2021.

Insomma secondo la sua visione la tecnologia c’è, anche chi è in grado di garantirla. Quel che manca è il sostegno del Governo che dovrebbe comprendere, nell’ottica di uno sviluppo mondiale in tema di distribuzione del vino, scegliere di investire sulla collaborazione tra settore pubblico e privato.

 

Una piattaforma ‘neutra’ che sia il palco delle aziende. Ci ricorda tanto il nostro marketplace

Nel leggere le sue dichiarazioni lo ammettiamo, una cosa ci ha stupito. La sua proposta prevede la creazione di una piattaforma commerciale “neutrale” che ha definito un “palcoscenico” dove le aziende possono “mettere in scena qualsiasi spettacolo vogliano”.

Noi  quella piattaforma l’abbiamo creata già da qualche anno e nel prossimo sviluppo non solo terrà conto del prodotto certificato attraverso la blockchain, ma consentirà di poter aggiornare, in continuo, ogni momento importante e significativo del suo ciclo di vita, con nuovi blocchi.

E di nuovo citiamo il nostro Ceo Stefano Baldi che parlando di Enolò ha detto: “nel panorama delle piattaforme digitali per il mondo del vino, Enolò, con il suo marketplace cartadeivini.wine, è l’unica infrastruttura improntata in maniera ‘nativa’ sul B2B”, sottolineandone l’importanza per un settore che in Italia, con i suoi circa 50mila brand che operano sul mercato, costituisce un comparto trainante dell’economia.

Ad eccezione che nella Gdo, i business model caratteristici, il marketing e la logistica degli operatori della filiera professionale, quella che termina verso l’HoReCa, un enorme mercato che vale 1,5 miliardi di bottiglie l’anno, sono scarsamente digitalizzati, inefficienti, obsoleti e costosi.

“E’ in questo panorama – aveva quindi avuto modo di spiegare – che Enolò interferisce e fa la differenza offrendo soluzioni specifiche e servizi di logistica, marketing, comunicazione e tanto altro, a chi produce vino”.

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La nostra idea di rivoluzione, anche in tema blockchain, e lo sguardo britannico che ci piace condividere

E in quel tanto altro c’è anche l’intenzione di sviluppare la blockchain. Quello B2B è l’ambito naturale in cui avviare la certificazione e la tracciabilità dei prodotti poiché costituisce il punto di partenza da cui si muovono quantitativi elevati di prodotti, che soltanto nelle fasi successive giungono ad ogni singolo cliente. Di qui la necessità di trovare soluzioni innovative diverse da quelle tradizionali, che la PMI mette in campo già da tempo, ritenendo strategico il B2B del mondo del vino.

Enolò infatti,  “non compra e non vende vino, non applica commissioni sui prezzi di vendita delle cantine ed è per questo che riesce a disintermediare realmente ed efficacemente le relazioni tra gli attori della filiera. Interagendo reciprocamente cantine, dealer e consumatori, ricevono e generano a loro volte valore, contribuendo a determinare un ambiente che diventa una platform economy in cui viene superato il tradizionale assetto delle relazioni, cliente/fornitore”.

Se secondo Beale per il Regno Unito quella della blockchain rappresenta una possibilità per diventre leader mondiale della distribuzione, crediamo che analogamente anche in Italia ci siano le professionalità necessarie a presidiare questo settore tecnologico e che le istituzioni dovrebbero ragionare rapidamente scegliendo e incentivando ancor più vigorosamente di quanto già non facciano, queste nuove possibilità.