Le nuove indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità, è il grido di tutti, "criminalizzano" un'eccellenza che è prima di tutto cultura: non si può paragonare questa all'abuso e la patologia

Il proibizionismo è così lontano che abbiamo imparato a conoscerlo attraverso film cult fatti di affascinanti gangster e locali speakeasy, quelli dove per entrare e godersi un buon whisky avevi bisogno di una parola d’ordine.

Ma se il cinema ci consacra un mito, la realtà era ben altro e sebbene sarebbe difficile immaginarsi un Al Capone e una strage di San Valentino, la posizione presa dall’Oms fa gridare allo scandalo e un ritorno proprio al proibizionismo. Non quello, certo, ma una forma che condanna l’alcol tout court confondendo abuso con consumo, cultura con anticultura.

Non siamo sul set del C’era una volta in America di Sergio Leone, né su quello de Gli Intoccabili di Brian De Palma, ma sul tema è guerra aperta. Una guerra importantissima per tutto il settore alcol e l’enologia non fa eccezione. ,anche quello dell’enologia.

 

Il nuovo probizionismo dell’Oms preoccupa l’Europa e l’Italia è in prima linea

Ph: De Niro nei panni di Al Capone nel film Gli Intoccabili

L’alcol come il fumo. Questo dice, in sostanza l’Organizzazione mondiale della sanità nel documento “European framework for action on alcohol 2022-2025”. Il polverone si è sollevato subito e non ha lasciato indifferenti gli altri Paesi. Se l’Italia infatti è in prima linea, accanto a lei ci sono le associazioni di settore di Francia e Spagna che, incontratesi a Conegliano, hanno tutte espresso preoccupazione su un documento che sintetizzando, svia sul reale problema: quello dell’abuso di alcol. Ma bere vino e abusarne, per restare in terra enoica, non è esattamente la stessa cosa. Sulla moderazione nessuno ha mai sollevato una voce: il tema è condiviso da tutti.

Pensare però di fare apparire il bere (nel modo giusto) sia un male assoluto non piace affatto e si teme una crisi di tutto il comparto europeo. Un comparto che vale miliardi di euro senza considerare i milioni di posti di lavoro che garantisce. In numeri 7 miliardi di valore e 1,2 milioni di occupati.

L’Uiv (Unione nazionale vini) non ha usato mezze misure (espressione che mai fu tanto indicata): “nasce un nuovo proibizionismo in Europa”. Parole pinamente condivise anche dalla Cia Agricoltori. Una presa di posizione quella dell’Oms che, sottolinea l’Unione, “si discosta da quanto previsto dalla Global alcohol strategy approvata lo scorso maggio dalla stessa Organizzazione e dalla votazione al Cancer plan da parte del parlamento europeo che avevano rimarcato l’esigenza di focalizzare l’azione sul consumo dannoso di alcol. Il risultato emerso dal voto è una scure per il mondo del vino e l’inizio di una nuova ondata proibizionista per il settore“.

Nello specifico l’obiettivo che l’Oms intende raggiungere è la riduzione del 10 per cento dei consumi pro-capite entro il 2025. Tra le politiche che l’organizzazione proporrà ora ai Paesi interessati, l’aumento della tassazione, il divieto di pubblicità/promozione/marketing in qualsiasi forma, la diminuzione della disponibilità di bevande alcoliche, l’obbligo di health warning in etichetta e un nuovo approccio alla concertazione delle politiche “che vedrebbe totalmente escluso il settore dal dibattito, aggiunge l’Uiv.

 

Il governo alza la voce: un piano all’insegna del proibizionismo contro cui fare quadrato

Il governo si è fatto sentire sia per voce del ministro Mipaaf Gian Marco Centinaio che del sottosegretario del ministero Francesco BattistoniCentinaio di una vera e propria (seppur incomprensibile) “crociata” che non si discosta da quella promossa contro la carne rossa. Tutto, aggiunge, “dimenticando che solo pochi mesi fa a Strasburgo dai Paesi Ue è stata respinta la tesi che l’alcol sia dannoso a prescindere e che sia stata rimarcata la differenza fra l’abuso e il consumo moderato, l’Oms presenta un piano all’insegna del proibizionismo, che mette all’indice i superalcolici così come vino e birra”.

Quindi la difesa del consumo di alcol e di vino in particolare da parte del ministro: “In Paesi come l’Italia non esiste un problema di binge drinking, il vino viene consumato in quantità limitate, durante i pasti, e rientra appieno nella Dieta Mediterranea che è patrimonio immateriale Unesco”.

Non diverso il tono di Battistoni per cui siamo davanti “ad un attacco sconsiderato al vino italiano e ad un comparto leader a livello mondiale per etichette Igp e Dop”. L’ennesimo per Battistoni visto il Nutriscore prima e “altre procedure lesive dell’agroalimentare italiano” poi. Un atteggiamento che lo lascia “esterrefatto” e che ora si abbatte su uno dei settori leader dell’economia italiana.

“Da tempo – chiosa –, come Italia e come membri dell’Ue, stiamo conducendo battaglie di diritto, fondate sul merito e sul metodo contro il Nutriscorse. Questo ulteriore attacco promosso da sempliciste deduzioni elaborate dall’Oms ci impone di fare quadrato e di difendere il nostro vino, i nostri produttori, le associazioni e le realtà territoriali. Non possiamo permettere che un settore strategico del nostro Paese venga demonizzato e colpito da scelte affrettate e prive di reali riscontri che pongono su un piano ideologico ciò che è sano da ciò che non lo è, senza applicare distinzioni necessarie”.

 

Coldiretti teme per l’occupazione e Città del vino ricorda il “peso” dell’enoturismo: i winelover che scelgono l’Italia “non sono degli alcolizzati cronici”

Se anche Coldiretti esprime timore per l’occupazione nel settore, a premere sull’acceleratore pensando ai numeri che è in grado di fare l’enoturismo è l’associazione nazionale Città del Vino. che sottolinea: “i circa 15 milioni di enoturisti che ogni anno percorrono le nostre strade del vino non sono degli alcolizzati cronici“, ricordando poi i valori dell’export che ha il settore.

Anche per il presidente Angelo Radica è l’ennesimo colpo che si tenta dare alla filiera per scuoterla ed è assolutamente insensata in quanto, aggiunge “le nuove indicazioni dell’Oms non tengono assolutamente conto del valore culturale delle produzioni vitivinicole e del fatto che bere vino, oggi, non è certo sintomo di alcolismo, ma semmai di piacevole convivenza, di scoperta dei territori e del valore cultuale del vino che racconta storie anche millenarie di persone e di luoghi”. L’associazione ricorda quindi che “bere con moderazione” per lei è da sempre un mantra. Criminalizzare il vino – aggiunge Radica – non è la via giusta per combattere l’alcolismo che non è certo causato dalla presenza del vino di qualità ma semmai dalle problematiche sociali ed economiche che possono colpire ampie fasce di popolazione. Il vino è cultura”.

Come abbiamo detto all’inizio e come ribadiscono le Città del Vino  bisogna distinguere tra buon gusto e patologia. Rifacendosi al richiamo sul fatto che il vino è patrimonio della dieta mediterranea sottolinea come “non a caso il turismo internazionale sceglie l’Italia non solo per le sue bellezze artistiche, storiche e culturali ma anche per il cibo, vino compreso, veri motori del nostro prodotto interno lordo”.

 

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